Ducati è diabolica. Dopo anni in cui a dominare il mondo delle corse è stato il pilota, il fuoriclasse, a Bologna sono riusciti ad invertire la tendenza concentrando tutto sul mezzo tecnico, il che, di fatto, ha tolto un po’ di importanza a chi la Desmosedici deve guidarla. Per arrivare a questo punto si è smesso di cercare il fenomeno (l’ultimo messo sotto contratto dai bolognesi è stato Jorge Lorenzo) per concentrarsi, invece, su soluzioni tecniche che potessero funzionare per tutti. Negli ultimi anni Honda, Yamaha e la stessa Ducati hanno lavorato per accontentare al meglio delle proprie possibilità il pilota di punta o, al limite, entrambi gli ufficiali. Ora a Borgo Panigale è la moto il centro del progetto. Il che, inutile dirlo, mette in mano alla squadra un coltello particolarmente affilato quando c’è da parlare coi manager, con il risultato che sono in molti lì dentro a correre per cifre che fino a 15 anni fa sarebbero state rifiutate senza grossi proclami da un pilota da metà classifica della 125. Eppure questo approccio, di cui ci parlava Michele Pirro, ha funzionato alla grandissima: i team satellite vogliono una Desmosedici e i piloti anche, c’è la fila. Una fila che ha fatto anche Marc Marquez, complice il fatto che avere una moto rossa oggi significa avere la possibilità di lottare per un campionato.
Francesco Bagnaia è stato l’unico a vincere in questa nuova era. È un pilota con un talento straordinario, è attentissimo ai dettagli e, soprattutto, possiede una forza di reazione ai momenti critici che nessun altro ha mostrato prima. Nemmeno i più grandi. Così, un poco alla volta, sta guadagnando credito e diritti nei confronti della Casa madre, anche se non siamo certo ai livelli delle superstar del passato. Valentino Rossi, Jorge Lorenzo, Marc Marquez: tutta gente a cui le rispettive aziende avrebbero volentieri pulito il sedere quotidianamente se solo gli fosse stato richiesto. Ma le cose cambiano per tutti, anche per lo stesso Valentino che si trovò, dal suo rientro in Yamaha nel 2013, ad accettare una lunga serie di impegni con gli sponsor che nei vecchi contratti (dal 2004 al 2010) erano stati accuratamente evitati.
Dopo il secondo mondiale consecutivo, Bagnaia vorrà approfittare un po’ dello status che si porta addosso e avvicinarsi per quanto possibile a un rapporto paritario col costruttore. Perché sì, lui ha bisogno di quella moto per vincere, ma i fatti dimostrano che anche Ducati ha bisogno di lui, che sembra quel tipo di persona che in un modo o nell’altro porta a casa il lavoro. E come sta andando la sua caccia alla libertà, o meglio la ricerca di un buon compromesso nel do ut des con Ducati? Considerando il punto da cui è partito sta andando bene, ma onestamente potrebbe andare meglio. Il giorno dopo aver vinto il titolo, per esempio, Pecco si è dovuto presentare ad un meet and greet con gli sponsor: “Lunedì pomeriggio ho avuto un evento e quello mi ha riportato subito sul pezzo”, ci racconta dopo i test del martedì con un sorriso. “Un evento il giorno dopo aver vinto il mondiale è tosto, mi ha rimesso in testa il fatto di essere un pilota”.
Poi spiega che il test è andato come doveva e che vedere un Marc Marquez veloce non è stata una sorpresa (“Me lo aspettavo primo, ha fatto quarto… ci sono andato vicino”), ma l’impressione è che l’unico desiderio di Bagnaia sia quella di lasciarsi tutto questo alle spalle il più in fretta possibile. Lo aveva detto anche Jorge Martín prima della domenica di Valencia: “Se vinco il titolo voglio sparire per due settimane”. Nel 2022 invece, il Pecco campione del mondo si è trovato a coprire una lunga serie di eventi. Così, quando gli chiediamo come ha intenzione di gestire gli impegni invernali lui risponde convinto: “Quest’anno ti dico io come vanno le cose. Andrò il 2 dicembre a Liverpool, a fare la premiazione della FIM, poi il 14 e il 15 ci sarà l’evento di Ducati (Campioni in Piazza, ndr). Il resto dei giorni telefono spento e non rispondere a nessuno. È uscito il nuovo Call of Duty, figurati”. Siamo pronti a scommettere che purtroppo per lui le cose andranno diversamente. Ma Pecco ha ragione. Anche perché, nel caso specifico, il leitmotiv di questo finale di stagione, #TeamPECCO e #TeamMARTIN, ha subissato di impegni sia lui che il rivale, al punto da spingerli a chiedere un momento di pace durante il GP della Malesia: due gare a weekend sono tante, gli impegni moltissimi, lasciateci stare almeno un po’. Dateci tregua.
La reazione generalmente è una: caro Pecco, questi impegni (con gli sponsor, le televisioni e i giornalisti) sono una diretta conseguenza dell’essere il migliore in pista, dell’essere Campione del Mondo. E la scelta di eliminare il superfluo, che poi spesso sono i giornalisti, poi le TV e infine gli sponsor, è una mancanza di rispetto verso chi lavora anche per te. Ci complica il lavoro, è un’occasione persa. Poi però facendo uno sforzo ci rendiamo conto che c’è poco da recriminargli: salutare gli sponsor il giorno dopo aver vinto un mondiale della MotoGP - e aver festeggiato fino alla mattina - non è umano, non è normale. Come, se non ti piace questo genere di cose, non è normale battere tutti i salotti televisivi per raccontare all’Italia in prima serata che le moto vanno forte e che lui sa guidarle, manco fosse uno scrittore con il romanzo in uscita che fa il giro delle sette chiese per pagarsi l'affitto.
Questa è la MotoGP, il suo lavoro è soltanto quello di arrivare prima degli altri e possibilmente di farlo con stile. Il resto sono letteralmente chiacchiere. Fabrizio De André diceva che rilasciare interviste è una perdita di tempo perché tutto quello che c’era da dire l’ha detto nelle canzoni, che poi ognuno può interpretare come meglio crede. È un bel pensiero, profondo anche. E l’ha detto, chiaramente, in un’intervista. Se sei costantemente richiesto però, se devi trasformarti in un generatore di risposte sagaci e corrette come un assistente vocale, finisce che questi pensieri non ti vengono più. L’unico modo per ritagliarsi un po’ di libertà in questo mondo fatto di intrattenimento è diventare grande, addirittura indispensabile. E ritrovarsi con il coltello dalla parte del manico. Lui ha tutte le intenzioni di farlo e a noi i piloti piacciono così: liberi, rock n’ roll. Anche se magari non hanno voglia di raccontarcelo.