A Montecarlo è arrivato l’ennesimo infortunio di Carlos Alcaraz, il tennista spagnolo, dopo essersi allenato nei giorni precedenti al suo teorico esordio, con il braccio destro fasciato, ha dovuto arrendersi al dolore annunciando il ritiro dal torneo, su Instagram, per un problema al pronatore rotondo appunto del braccio destro. Dopo due giorni di riposo, martedì e mercoledì, Alcaraz tornerà in campo oggi, alla Ferrero Tennis Academy di Villena, per allenarsi e decidere se partecipare al torneo di Barcellona, in programma dal 15 aprile.
Non è la prima volta che Alcaraz si ferma per un problema fisico, in realtà, per avere 20 anni, sono già tante le volte in cui ha dovuto rinunciare a un torneo o una serie di tornei; senza stare a fare l’elenco degli infortuni, già lo scorso anno, dopo il forfait agli Australian Open e quello successivo proprio a Montecarlo (il primo dovuto a una lesione alla coscia destra, il secondo a un’artrite post-traumatica alla mano sinistra e un fastidio muscolare alla colonna vertebrale) la situazione sembrava già essere preoccupante.
Dopo quei problemi però, Alcaraz era tornato a vincere immediatamente, a Barcellona, a Madrid e soprattutto a Wimbledon, scacciando quindi qualsiasi nube che si stava formando sulla sua condizione fisica. Anche nel finale della scorsa stagione, lo spagnolo aveva sì perso spesso per le sue abitudini, ma fisicamente stava bene, i problemi erano più di natura psicologica (la partita di Cincinnati contro Djokovic e soprattutto quella contro Medvedev agli U.S. Open gli hanno spazzato qualche certezza) e tattica.
Adesso una riflessione più generale è necessaria, Alcaraz in questa stagione ha vinto a Indian Wells, e ha perso in due modi molto simili ai quarti sia agli Australian Open, che a Miami, rispettivamente contro Zverev e Dimitrov, in partite perse più tatticamente che per altri motivi; il problema pare proprio questo, lo spagnolo, al di là degli infortuni, non riesce a modellare il suo gioco nelle giornate in cui la sua condizione fisica non è al top. Il suo tennis, brillante, aggressivo, esagerato per certi versi, viene sprigionato solo nei momenti di massima tenuta atletica, e diventa insostenibile quando questa viene meno.
Quando è al 100%, Alcaraz gioca un tennis che non è mai esistito prima, colpisce la palla così violentemente che sembra poterla spaccare da un momento all’altro, poi quando meno te lo aspetti, arrivano le palle corte, le discese a rete, le variazioni in back (sia di diritto che di rovescio), senza dimenticare le capacità difensive, perché sul campo si muove a velocità supersonica; il 100% però, nel tennis è utopia, è una situazione che si verifica 4/5 volte l’anno, per fare un esempio prestigioso, Djokovic, nel 2016 (anno in cui vinse 2 slam e vari Master 1000), dichiarò, dopo la semifinale vinta alle Finals contro Nishikori, che quella era stata una delle 3/4 partite dell’anno in cui si era sentito al top della forma.
Banale dirlo, ma Alcaraz dovrebbe ispirarsi a Nadal, il fisico del giovane spagnolo assomiglia molto a quello del Rafa ventenne: muscoli d’acciaio, vene del braccio che sembrano esplodere quando la racchetta impatta la pallina, gambe dalla circonferenza spaventosa, eppure, per quanto sembri paradossale, estremamente fragile. Nadal ha costruito la sua carriera attorno ai suoi infortuni, è uscito dal circuito continuamente, tornando sempre più forte di prima e modificando con il tempo il suo modo di giocare, per adattarlo al suo corpo sempre più acciaccato. Con il tempo Rafa ha imparato che non si può andare sempre a mille all’ora, ci sono momenti in cui bisogna rallentare, giocare le partite più con l’intelligenza che con l’aggressività, e che lì risiedeva il segreto della longevità.
Alcaraz ha sviluppato il suo fisico molto velocemente, questo lo ha portato a vincere il primo Slam a 19 anni, ma anche ad avere dei problemi fisici piuttosto numerosi, per essere poco più che un teenager. Al di là degli infortuni, che ci saranno, perchè è inevitabile con quel tipo di fisico, lo spagnolo dovrebbe imparare in fretta a gestire le proprie energie all’interno delle partite, e a sviluppare, come ha fatto Nadal, un forte senso tattico (perché le capacità tecniche le ha) che possa aiutarlo a vincere le partite anche senza avere la necessità di spingersi al limite ogni volta, per essere un giocatore più completo e, soprattutto, per diminuire il numero degli infortuni e allungarsi la carriera (e anche per vincere di più).
Lo scorso anno, il suo allenatore, Juan Carlos Ferrero, diceva “certi giocatori giocano per distruggere più che per costruire. Carlos è un giocatore molto esplosivo e veloce, non riesco a farlo giocare piano, ma spero che in futuro sarà capace anche di costruire”. Il lavoro da fare è tutto qui.