Vi è mai capitato di ritrovarvi a piagnucolare mentre siete in un luogo angusto, circondato da ragazzotti muscolosi, pluritatuati e con le gambe depilate? A me sì. No, non sono finito erroneamente nella location nella quale Valentina Nappi stava girando una un film a luci rosse, scambiato per uno sparring partner. È successo che mentre ero in un aereo, su un volo che da Lamezia Terme mi stava riportando a Milano, dopo aver preso parte la sera prima a Music for Change, a Cosenza, ho scoperto che tutti i sedili intorno a me, ero nella fila 16 di un volo Ita Airways, che nell’era in cui stiamo vivendo, con lo spauracchio che l’Intelligenza Artificiale arrivi e ci porti via quel mondo che abbiamo sempre ritenuto nostro ha ben visto di eliminare le file 13 e 17, non sia mai che portino sfiga, santo Progresso, mentre ero in un aereo, su un volo che da Lamezia Terme mi stava riportando a Milano, dopo aver preso parte la sera prima a Music for Change, a Cosenza, ho scoperto che tutti i sedili intorno a me erano occupati dai giocatori del Catanzaro Calcio 1929, dietro di me, per dire, ho riconosciuto Luca Verna e Jari Vandeputte, per altro al momento bomber della squadra calabrese, incredibilmente in ottima posizione nel campionato di Serie B. Tutti ragazzotti muscolosi, pluritatuati e con le gambe depilate, appunto, al mio fianco mister Vivarini raro esempio di uomo vestito coi colori sociali, tutti indossano t-shirt nere e pantaloni neri, coi colori rossi e gialli nello stemma, qualcuno invece la t-shirt bianca, coi medesimi colori riportati nel medesimo stemma, sprovvisto di inchiostro sulla pelle. E fin qui, direte voi, hai spiegato chi erano i ragazzotti muscolosi, pluritatuati e con le gambe depilate, anche se sul perché ora i calciatori si tatuino d’ufficio e si depilino le gambe nutro seri dubbi, poi ci torno su, fin qui, comunque, tutto bene, perché mai quindi uno dovrebbe starsene a piagnucolare dentro lo spazio angusto di un aereo?
Semplice, perché stanco per aver fatto tardi la sera prima, rimasto fino a una certa dentro lo spazio strepitoso del Bocs Art residenze per artisti, una lunga serie di casette stilizzate, una vetrina a rendere visibile il piano terra, casette stilizzate poste sul lungo fiume, in una parte col pavè, un po’ lontana dal centro abitato, luogo creato dalla precedente giunta di centro-destra, il sindaco era l’architetto Mario Occhiuto, uomo di centro-destra evidentemente illuminato, so che suona come un ossimoro, che ha deciso di donare a Cosenza una residenza per artisti, gente che sarebbe dovuta arrivare da fuori per portare in città la propria arte, arte di cui avrebbe poi fatto dono alla città stessa, grato per l’ospitalità. Iniziativa andata avanti dal 2015, con nel 2017 l’apertura del Bocs Art Museum, luogo dove venivano esposte per la cittadinanza proprio le opere prodotte in quel contesto, e poi andato decadendo con la fine di quella giunta, oggi la giunta del sindaco di centro-sinistra Franz Caruso ha abbandonato il progetto, così che le casette in questione stanno letteralmente ammuffendo, infiltrazioni d’acqua a renderle inagibili, una buona parte già inutilizzabile, le altre tenute a fatica in piedi dai ragazzi di Music for Change, che qui ospitano i loro artisti residenti, cantanti che durante queste settimane di manifestazioni di Musica contro le mafie, si ritrovano qui per scrivere e incidere le loro canzoni a tema sociale, oltre che per assistere a incontri e workshop, uno dei quali tenuto da me, di qui la mia stanchezza atavica, partito ieri mattina da Milano con un volo da Linate a Lamezia Terme, e già stamattina di nuovo a Lamezia Terme, diretto nuovamente a casa. Quindi sì, sono stanco, decisamente, ma non abbastanza da mettermi a piagnucolare mentre me ne sto seduto al posto D della fila 16 di un aereo, circondato da calciatori professionisti, Verna quotato circa quattrocentomila euro, Vandeputte un milione, per dire. Ma abbastanza per capitolare clamorosamente quando, verso la seconda metà della seconda puntata della serie che Netflix ha dedicato a David Beckham, serie che porta per titolo il suo cognome, perché in fondo parla di lui ma anche della moglie, e che, visto il soggetto di cui tratta, è decisamente avvincente, assisto alla sua resurrezione nella finale di Champions League vinta due a uno contro il Bayern Monaco, due goal nei tre minuti di recupero, due goal fatti da Sheringham e Solskjaer, quest'ultimo su precisissimo passaggio da corner di Beckham, fino a quel momento divenuto suo malgrado vittima del più clamoroso caso di bullismo praticato da una intera nazione a uno solo uomo.
Confesso che, forse perché non vivevo in Inghilterra, nazione che ho comunque spesso frequentato, anche in quegli anni, non ricordavo affatto il motivo di questo bullismo. Di più, non ricordavo proprio che detto bullismo ci fosse stato. Era successo che, l’anno prima, nel 1998, durante i Mondiali di Calcio di Francia, l’Inghilterra dell’enfant prodige Beckham si fosse scontrata contro l’Argentina, nelle fasi a eliminazione diretta, andando a mettere in scena una delle sfide più sentite di tutti i tempi nel gioco del calcio. Ricorderete tutti il famoso goal di Maradona, quello nel quale si è scartato mezza squadra, e ancora più quello fatto dalla Mano de Dios, nella medesima partita, goal tanto più forti perché fatti a soli quattro anni dalla guerra delle Falkland, ferita aperta per il popolo argentino. Bene, durante questa sfida, Beckham aveva appena ventitré anni ma già aveva fatto vedere il suo valore nel Manchester United di Sir Alex Ferguson, molti tifosi inglesi, probabilmente tutti, avevano iniziato a sognare che il mondiale fosse per una volta appetibile. Nella fase iniziale del torneo, Glenn Hoddle, calciatore che aveva durante l’adolescenza ispirato lo stesso Becks, e che confesso di aver molto amato anche io, stessa eleganza e a suo modo atteggiamento da popstar, capelli lunghi e pantaloncini molto corti il suo marchio di fabbrica in campo, lo aveva tenuto in panchina, infastidito dal fatto che lui si fosse fidanzato con Victoria delle Spice Girls e che questo fatto lo stesse, a suo dire, distraendo. Poi era entrato in campo e si era conquistato di nuovo il posto da titolare, molto sostenuto dai compagni. Poi, la sera prima della partita con l’Inghilterra Victoria, che in questa serie non esce esattamente come un pozzo di intelligenza, gli aveva comunicato di essere incinta, in qualche modo mandandolo in confusione. Durante la partita, quindi, quando Simeone, giocatore dell’Argentina non certo famoso per la sua correttezza, gli aveva fatto un falletto, provocando una sua blanda reazione, si era platealmente gettato a terra, ne aveva causato l’espulsione, proiettando l’Inghilterra verso l’eliminazione e David Beckham verso l’inferno. Sarà infatti lo stesso Hoddle a attribuirgli le colpe della sconfitta, e di conseguenza tutta l’Inghilterra inizierà una forma di persecuzione senza precedenti. Non solo fischi e insulti a ogni partita, ma anche minacce di morte, manichini con la sua maglia impiccati fuori dai pub, una pressione che nessun umano dovrebbe poter reggere. Vedere Simeno ridacchiare mentre racconta di come lo abbia tratto in trappola, per altro, lì a conferma che Netflix sa fare anche serie strepitose e che Simeone avrebbe dovuto fare più io conti con Roy Keane, in un mondo giusto. Comunque alla fine arriva la vittoria della Champions League, strepitosa, due goal nei tre minuti di recupero, mentre il Manchester United era sotto di un goal con il Bayern Monaco.
E qui arriva il motivo della mia commozione, certo legato alla stanchezza, e anche un po’ al mio essermi ritrovato, per ventiquattro ore scarse, in un contesto che, agli occhi di chi vive a Milano, è davvero commovente. Una comunità, quella che ruota intorno alla figura di Gennaro De Rosa, presidente di Musica contro le Mafie, che si sbatte all’inverosimile per creare e portare avanti un evento culturale di portata nazionale, tenendo vivo un territorio già vivo di suo, è evidente, ma che poi deve fare i conti con la malagestione di un luogo come Bocs Art - Residenze per artisti, appunto, lasciato letteralmente marcire per sottolineare come chi l’ha costruito, la giunta precedente, non ha fatto le cose a dovere, questo mi par di capire il vero motivo di questo incredibile abbandono, ho cinquantaquattro anni, ho visto tanti progetti naufragare un po’ ovunque per i medesimi motivi. Anni fa, tanti anni fa, quando ancora mi occupavo di scrivere reportage per GenteViaggi, sono capitato a Newcastle, città che per altro viene evocata nel documentario, perché è qui che si tiene una delle partite del Manchester United di Beckham. Qui, lungo il fiume Tyne, il vero nome è Newcastle Upon Tyne, c’era una situazione molto simile, casette, meno stilizzate e più tradizionali, divenute residenze per pittori, scultori, scrittori, musicisti di ogni angolo del mondo, chiamati a venire qui, ospitati in tutto e per tutto, con la sola richiesta, poi, di lasciare in dono una propria opera. Durante quella visita avevo incontrato lì anche Brian Ferry, che a Newcastle aveva studiato in passato arte, per dire. Per altro a Newcastle il ridesign della città è stato affidato a Norma Foster, così come a Cosenza Occhiuto ha affidato al competitor diretto di Foster, Santiago Calatrava, la costruzione di un ponte simbolo di rilancio verso il futuro. Tornando però alle casette per gli artisti, un luogo magico che, da che l’ho visto, non ho mai mancato di citare in ogni occasione, specie nelle tante in cui ho provato a tirare dentro qualche mia follia qualche amministrazione locale, l’idea degli artisti residenti è da sempre un mio pallino, prima o poi riuscirò a realizzare qualcosa a riguardo. Sapere che qualcosa di simile c’è in Italia, e c’è a Cosenza, città per altro bellissima, con un centro storico che presenta uno a fianco all’altro, edifici stupendi come la cattedrale e edifici cadenti, fatiscenti, creando un contrasto affascinante, Telesio, cittadino illustre, citato un po’ ovunque, mi lascia spiazzato, perché non ne avevo sentito parlare, finché era attiva, l’ultima volta che ero stato qui risale al 2009, quando ero stato ospite di Unical, il solo campus universitario presente in Italia, per altro, nella vicinissima Rende, perché comunque esiste una narrazione che vuole il sud sempre indietro, narrazione falsa, ovviamente, ma ancora molto in voga, e perché sapere che oggi tutto ciò è stato abbandonato è doloroso, doloroso da diventare, continuo a entrare e uscire dalla docuserie dedicata a/ai Beckham, Rosso di rabbia, titolo appunto del secondo bellissimo episodio. Come a voler dar ragione a quella narrazione fallace lì, il sud che è sempre indietro, anche quando per certi versi si è trovato assai più avanti. Tornando quindi alla serie e di conseguenza alla mia commozione e alle mie lacrime, dopo sei mesi, dico sei mesi, di insulti plurimi, ecco che arriva la rinascita di Beckham, permessa dal suo talento e dal suo carattere, indubbiamente, da una famiglia che non lo ha mai lasciato solo, ma, parliamo di calcio, soprattutto da una squadra che si è fatta fortezza tutto intorno a lui, difendendolo dagli attacchi esterni e lavorando perché potesse tornare quel che aveva lasciato già vedere. Sentire le parole di Gary Neville, suo amico fraterno e sodale nei Reds, vedere le facce e le smorfie di Roy Keane, il mio modello di vita quando si tratta di giocare a calcio, sentire le parole con cui Ferguson ha sempre isolato il suo talento dal fango che gli pioveva addosso, è commovente. Perché tutti dovremmo avere un Roy Keane pronto a menare le mani in nostra difesa, o un Gary Neville pronto a correre con un pazzo per portarci la palla. Sempre. Il fatto che nella serie non sia mai presente Ryan Gigs, ala gallese che di quella squadra incredibile è stata polmone e piedi, recentemente finito in uno scandalo sessuale che lo ha portato lontano dalla panchina della nazionale dalla sua patria, di cui era Commissario tecnico, mi lascia un po’ sconcertato, perché questa cancel culture che Netflix sembra voler praticare è stucchevole, quel Manchester United era tale anche per Giggs, sia messo agli atti. Ma resta che quando Beckham, nel mio tablet, ha alzato la Champions League mi si sono riempiti gli occhi di lacrime, mettendomi in una condizione di lieve imbarazzo nei confronti dei miei vicini di volo. Miei vicini di volo che, immagino, dovrebbero vedersi tutti la serie in questione, e impararla a memoria, e dovrebbero, io ho sempre tenuto le distanze da Beckham, fino a oggi, erroneamente, proprio per quel suo essere fighetto, Posh, l’idea che molti oggi passino più tempo a pettinarsi che a provare i calci d’angolo come faceva lui è difficile da sradicare in me.
E dire che proprio a Catanzaro, una vita fa, quando il calcio era praticato da esseri bruttini, bassi, con il riporto, le scene di Beckham in cui si vedono le vecchie immagini del Manchester United con la leggenda Bobby Charlton col riporto sono incredibili, trovatemi voi oggi un calciatore col riporto o che non sia più che figo, Goran Pandev a parte (lo dice un genoano, sia chiaro, amo Pandev come in passato ho amato Pato Aguilera o Diego Milito), e dire che a Catanzaro, una vita fa, c’era un calciatore piuttosto basso, la faccia da scugnizzo, le gambe un po’ arcuate, tale Massimo Palanca, nato a pochi passi dalla mia città natale, io di Ancona lui di Loreto, diventato leggendario per i suoi tanti goal fatti direttamente su calcio d’angolo, così come su punizione, una vera maledizione per portieri e difensori avversari, uno che decisamente curava più i piedi che la pettinatura, che non sarebbe mai potuto andare a una sfilata di Gucci ma che ha lasciato un segno nella storia del calcio, i suoi baffoni neri ancora me li ricordo bene, a distanza di decenni. Certo, come nella terza puntata andrà a dire Florentino Perez, patron del Real Madrid, quello dei Galacticos Ronaldo, Figo, Zidane, Roberto Carlos, “Beckham è il primo calciatore post-moderno”, un calciatore e al tempo stesso un brand, matrice su cui avrebbe poi prosperato Cristiano Ronaldo, parlo di business, non di calcio, il suo essere oggettivamente cool, marito della Posh Spice, era parte integrante del suo essere il campione che è stato, confesso che c’è voluta un po’ la visione di questa serie per farmelo apprezzare, pur avendo io ai tempi apprezzato molte delle sue giocate e amato alla follia il Manchester United di Ferguson, io che da sempre tifo West Ham in Premier League, ma credo che io e il calcio attuale non riusciremo mai a amarci alla stessa maniera con cui ho amato quel calcio lì, quello di Palanca. Atterriamo, le lacrime nel frattempo si sono asciugate nei miei occhi, credo nessuno se ne sia accorto, anche perché mister Vivarini, il più vicino a me, è crollato in un sonno profondo già mentre l’aereo staccava le ruota da terra. Ho anche scoperto, mentre aspettavo che l’aereo fosse predisposto per la nostra discesa a terra, un bus a portarci poi al gate degli arrivi, di aver pranzato, al Bar Telesio, nome quantomai originale, non solo con alcuni degli organizzatori, compresa Antonella De Cesare che avrebbe poi introdotto il mio incontro pubblico, ma anche con Tina Montinaro, la vedova del caposcorta del giudice Falcone, morto anch’egli nell’attentato di Capaci, divenuta a suo tempo famosa per quel suo appello a costituirsi fatto dall’ambone della chiesa a tutti i mafiosi presenti al funerale, uno dei momenti più epici della lotta alla Mafia, Pif, anche lui presente a tavola, tutti ospiti di Musica contro le Mafie, subito partito per tornare a casa. Ho cominciato a fare questi ragionamenti, questi che trovate qui sopra, che appena tornato a casa fermerò su pagina, digitale, e in cuor mio ho provato quasi tenerezza per questo giovani calciatori, soffermandomi sul fatto che molto spesso, quasi sempre, oggi come ieri, i calciatori tendono a sembrare più adulti di quanto non siano, parlo di aspetto fisico, tutti con le barbe già da ragazzini e le facce un po’ acciaccate anche quando si rifanno fare le sopracciglia a gabbiano dall’estetista, credo sia perché in fondo cominciano a vivere una versione di vita adulta da prima degli altri, prima fuori di casa, prima a guadagnare cifre anche spropositate, prima a accasarsi, mettere su famiglia, fare figli, prima a smettere di lavorare. Beckham, la serie di Netflix, in questo, è emblematica, pur nell’unicità della storia raccontata, e vedere la schizofrenia estrema del rapporto tra David e Victoria, a un certo punto, parlando della trasferta a Los Angeles dopo la rottura al Real Madrid con Fabio Capello, David dirà che è stato il periodo peggiore della sua vita professionale, Victoria che stare a Los Angeles è stato il momento più bello della loro vita di coppia, diciamo che se David passa per un genio del campo molto timido e malinconico fuori dal medesimo, una ossessione per l’ordine che sfocia temo nella sociopatia, Victoria sembra incredibilmente superficiale, quasi irrilevante, un po’ come era nelle Spice Girl per altro. Serie strepitosa Beckham, anche per chi non abbia mai capito cos’è il fuorigioco, la zona mista e non sappia che un tempo è esistito il golden goal. Comunque, o cominciato a fare questi ragionamenti, questi che trovate qui sopra, che appena tornato a casa fermerò su pagina, digitale, e in cuor mio ho provato quasi tenerezza per questo giovani calciatori. Ragionamenti che, lo so, nascondono un pregiudizio nei loro confronti, non credo affatto velato di invidia sociale, non ho mai pensato, neanche da piccolo che avrei voluto fare il calciatore, in fondo ho cominciato a giocare a calcio da grandicello, alle medie, quando ho mollato lo studio del violoncello (prima mi era negato dal mio maestro, che temeva mi facessi male ai polsi), e seppur io sia stata un’ottima ala sinistra, il calcio per me è sempre stato divertimento e basta, credo piuttosto una forma di senso di superiorità intellettuale che, immagino, dovrebbe farmi provare un po’ di vergogna, conscio come sono che l’intelligenza dei piedi non è che sia poi superiore alle altre forme, come quella della testa o del cuore. Penso questo mentre mi alzo e vado a recuperare la valigia, giusto in tempo per vedere, dietro di me, Luca Varna che ripone un libro di Internazionale Cile 1973, dentro la sua borda. Ne parla con suo vicino, che non ho riconosciuto, anche lui calciatore. Gli sta dicendo che ha riscoperto la lettura, la sera, a casa, sul divano. Meglio che guardare la tv, dice, basta solo trovare il libro giusto e ci entri dentro che neanche ti accorgi. Mi rendo conto che dire questo e dirlo con queste parole, esattamente come ho fatto prima quando ho sottolineato come mi meravigliasse che una realtà come i Bocs Art fossero a Cosenza, non fa che presentarmi per quello che spero di non essere, un radical chic che ha introiettato fino all’odiosità il suo vivere e operare a Milano, la città più avanti del resto d’Italia, la porta verso l’Europa, neanche fossi, che so?, di New York, di Londra, di Parigi. Con questa puzza sotto il naso nei confronti della provincia, da cui per altro arrivo, con la puzza sotto il naso nei confronti del sud, figurati, e anche nei confronti di un calciatore, pensa te, un calciatore che legge, chi l’avrebbe mai detto? Potrei azzardare che ho provato a mettere in scena quelle incoerenze di cui vi ho parlato, andando di mimesi tra racconto e oggetto del racconto, ma credo che peggiorerei solo le cose. Mentre mi appunto di ricordarmi di vedere se poi il Catanzaro ha vinto con il Sudtirol, per questo erano in quell’aereo, di suggerire a chiunque conosca e anche a chi non conosco di guardare Beckham, così come di tenere d’occhio i ragazzi che usciranno fuori dal contest Music for Change, a occhio gente come Calliope, Lula, Zarat, Dionaea, la sfidante Lanobile, sono tutti da tenere d’occhio, e mentre mi appunto di chiamare Pinuccio di Striscia la Notizia per suggergli di fare un bel servizio sullo stato di abbandono delle Bocs Art di Cosenza sono arrivato a casa, in quella Milano che spero non mi abbia poi cambiato così tanto, e sono arrivato anche alla fine di questo mio scritto dall’andamento ondivago. Vi è mai capitato di ritrovarvi a piagnucolare mentre siete in un luogo angusto, circondato da ragazzotti muscolosi, pluritatuati e con le gambe depilate? Ero partito da qui, tremilatrecentoventisei parole fa, a me è capitato, ma me lo meritavo, io di tutti i presenti in quella porzione di aereo ero indubbiamente l’unico stronz*.