Da ragazzo in vacanza a Cadaques diventai amico di Esteban, un mio coetaneo di Barcellona. Lo invitai diverse volte a Torino ma lui diceva sempre di no perché con qualsiasi mezzo (auto, aereo, treno) avrebbe dovuto attraversare la Francia. Esteban i francesi li odiava e non aveva nessuna intenzione di lasciare loro neppure un franco. E in Italia non venne mai.
Posizione estrema, che in parte si può capire, altrimenti non ci sarebbe mezza Europa a esultare per l’eliminazione dei Blues. Per mandarli a casa ci siamo scoperti tutti tifosi della Svizzera, un sentimento contronatura. D’altra parte, i francesi sono l’unico popolo che usa la parola “ordinateur” invece di computer. Per carità, io sono uno strenuo difensore dell’autarchia linguistica (dico fine settimana, chiusura, parti e vai invece di weekend, lockdown, stop and go), della democrazia e del libero pensiero, di cui la Francia è sempre stata la patria persino quando consentiva ai terroristi di girare liberamente a Parigi pur se ricercati in Italia. La Francia ha la miglior letteratura del vecchio continente, dunque del mondo, Houellbecq, Carrere sono scrittori magnifici che noi possiamo solo sognare. Però il godimento della cacciata dei campioni del mondo da Euro 2020 è sommo, appartiene alle poche cose che non hanno prezzo, almeno se si parla di sport.
Da dove cominciare l’analisi? Prescindendo da Berlino 2006 che mai gli è andata giù e ci hanno costruito su un’epopea e restando sul contingente, ricordiamo la stronzata galattica per cui la loro sarebbe la vera nazionale multietnica e noi azzurri che non convochiamo giocatori di colore saremmo razzisti. A mio parere il loro gruppo risente dell’eccesso di troppe differenze, tanti campioni che lavorano per se stessi e poco per la squadra, interessi particolari invece che di gruppo. Per vincere l’Europeo (molto più difficile dei Mondiali) ci vuole coesione e spirito di squadra che al momento noi italiani stiamo dimostrando pur essendo tecnicamente più scarsi. Potrebbe non bastare ma quanto si è visto finora dimostra che noi tutti bianchi e qualche oriundo siamo coesi, loro contemporanei e globali sono individualisti che si detestano neppure cordialmente. Non solo tra di loro, anche le proprie famiglie, con la mamma di Rabiot che accusa Pogba per aver perso un pallone a centrocampo che ha dato il via alla rimonta svizzera e Mbappé per un torneo scialbo culminato nell’errore dal dischetto.
La signora Veronique è nota per proteggere oltremodo un ragazzo che ogni tanto avrebbe bisogno di qualche calcio nel sedere (e qui mi fermo ma avete capito a cosa mi riferisco), ma il fastidio per certi atteggiamenti è condivisibile. Di Pogba sono insopportabili i balletti, Mbappé corre come un indemoniato sulla fascia ma se può evita di passare il pallone, altri si fanno un mazzo così e di loro non parla la stampa in termini fantascientifici come si fa con i sopravvalutati.
Un altro che da qui in poi è meglio stia zitto è Patrick Vieira, ex giocatore dell’Inter (non cito il passaggio in bianconero di chi ha tradito la maglia nel momento peggiore della nostra storia), minimizzando la partita dell’Italia contro la Svizzera, definita squadra poco attrezzata. Pronostico indovinato da uno che evidentemente sa di calcio.
Mi direte: ma come, tu juventino che detesti i francesi, nonostante Platini (origini italiane), nonostante Trezeguet (argentino), Zidane (magrebino), Deschamps (basco), Evra (senegalese) e persino l’attivista Thuram (da Guadalupe), nonostante Torino abbia sempre guardato più a Parigi che a Roma. In effetti sembra una contraddizione in termini, li stimo ma non li sopporto, li apprezzo ma vederli nella polvere mi eccita oltremodo. E questa volta non potranno dare la colpa agli altri. Si godano la finale davanti al televisore, chiunque vincerà sarà meglio di loro.