È il 28 novembre la data scelta per riportare sul ring Mike Tyson, Iron Mike, 54enne e in uno stato di forma eccezionale. Campione mondiale WBC, WBA e IBF, 44 vittorie su KO delle 50 totali, un destro che “può uccidere”, come ribadito anche dal suo attuale allenatore, Tyson torna sul quadrato a 15 anni di distanza dall’ultimo combattimento ufficiale, quando ormai in pieno declino fu sconfitto da Kevin McBride.
Ci torna, va detto, solo per un ciclo di esibizioni a scopo di beneficenza; la prima di queste lo vedrà confrontarsi con un’altra gloria della boxe: il 51enne e anche lui fisicamente raggiante Roy Jones jr., campione mondiale IBF, WBC e IBO nella categoria mediomassimi.
Nessuna rilevanza ufficiale quindi, d’accordo, nessuna categoria precisa, nessuna cintura e una revisione di tempi e distanze: saranno 8 round da 2 minuti ciascuno.
Ma attenzione a liquidarla come una semplice esibizione: stiamo parlando di boxe e di Tyson, di un rientro pianificato ormai da 1 anno e di una storia di frecciate a distanza tra i due pugili già cominciata da tempo (solo il mese scorso Jones ha dato a Tyson del “bipolare”). A tutto ciò si aggiunga un Iron Mike fisicamente debordante e con una voglia di riscatto mai sopita, che si riassume nella sostanza in una domanda che l’ex campione potrebbe aver posto a se stesso, più volte, negli anni recenti: “cosa avrei fatto a 30 anni con la mente di oggi?”
Quello che ha fatto a 30 anni, Tyson, lo ricordiamo tutti abbastanza bene: risse, abusi sessuali, carcere, cannibalismo sul ring e droga a intervalli più o meno regolari, in una parabola discendente che l’ha visto perdere praticamente ogni cosa. Poi la maturità, con tutta calma, è arrivata. Quella sì, ha portato forse la vera redenzione, che nulla ha a che fare con chiese e santini del Tyson in fase religiosa. Ora Iron Mike coltiva legalmente Marijuana nel suo ranch appena fuori Los Angeles; amministra e coordina la quotidianità di quella che è diventata una vera e propria azienda e dedica sempre più ore al giorno ad allenarsi; mangia solo alce e bisonte (non ha specificato se morti o vivi) e ha un fisico che appare più asciutto rispetto a quello che mostrava nel 1998. A me sembra un po’ troppo per qualche esibizione. Lo ha fatto capire nel processo d’avvicinamento al match il suo allenatore attuale, Rafael Cordeiro, dipingendo i tratti di un destro che “può uccidere qualcuno”:
“Ha la stessa velocità, la stessa potenza di un ventunenne. Chiunque lo affronti dovrebbe fare il bravo e cercare di pensare solo a evitarlo, perché se la prende sottogamba finirà male. Il livello di potenza è diverso. Quando parlo di potenza, penso al suo gancio destro: credo possa uccidere qualcuno”.
C’è più o meno tutto quindi: battibecchi adolescenziali a distanza tra i due pugili, velate minacce tra gli staff e soprattutto una incredibile, straripante voglia di riscatto, che storicamente costruisce la parte principale della boxe. Perché mai dovremmo chiamarla esibizione?
Se siete arrivati fino a qui seguiteci anche su Facebook e su Instagram