Giugno 2017. Maurizio Arrivabene e un giovanissimo Charles Leclerc si trovano sullo stesso charter, direzione Baku. Arrivabene, oggi neo amministratore delegato della Juventus, è team principal della Ferrari di Kimi Raikkonen e Sebastian Vettel. Charles Leclerc, 20 anni ancora da compiere, è il pupillo della Ferrari Driver Academy: in Formula 2 sta dominando, e il titolo è perfettamente alla sua portata. Il futuro, tutto ancora da scrivere, sembra un’insegna luminosa che lampeggia sulla sua testa e che recita, a caratteri cubitali, la parola: Formula 1.
Ci arriverà presto, nel 2018 in Alfa Romeo e poi già nel 2019 in Ferrari. Lì, Leclerc e Arrivabene, non si incontreranno mai. Il team principal lascerà il posto a Mattia Binotto, in una storia recente che già conosciamo.
Ma su quel volo verso Baku erano insieme, nella totale confusione di un incredulo Maurizio Arrivabene. Charles Leclerc non doveva essere su quel charter, doveva essere a casa a piangere la morte del padre, scomparso il giorno precedente.
“Sono rimasto stupito nel vederlo lì - ha spiegato Arrivabene - e gli ho chiesto che cosa ci facesse sul volo dopo quello che gli era successo. Mi ha risposto ‘io devo vincere questa gara, poi torno e seppellirò mio padre’. Lì ho capito che Leclerc sa prendersi le sue responsabilità, lì ho capito che il ragazzo c’è. Se un ragazzo riesce a concentrarsi in una situazione può fare qualsiasi cosa”.
Arrivato a Baku Leclerc non si accontenterà di partecipare a quel Gran Premio. Lo dominerà senza rivali, portando a casa 48 punti su 50 disponibili con una pole e due gare indimenticabili. Sul casco, e sulla livrea della monoposto, un messaggio semplice: je t'aime papa. Solo una volta sul podio alla fine del weekend, a quattro giorni dalla morte del padre 54enne, il monegasco riuscirà a riprendere fiato. E a piangere le sue lacrime.
Un ricordo indelebile nella mente di tutti i tifosi, che quel giorno per la prima volta hanno avuto a che fare con la determinazione senza eguali del monegasco, ma anche un ricordo impresso nella mente di Maurizio Arrivabene, oggi lontano dal mondo dei motori, che sempre ricorderà quel volo verso Baku.