Lo scorso 3 gennaio si è festeggiato il 54esimo compleanno del sette volte campione del mondo Michael Schumacher. Il nono da quando, il 29 dicembre del 2013, la sua vita è cambiata per sempre a causa di un terribile incidente sulle nevi di Meribel. Una ricorrenza che quest'anno, nel 2023 appena iniziato, compierà un decennio. Dieci anni senza notizie delle sue condizioni di salute che però, i fatti parlano più delle parole, continuano ad essere gravi e molto delicate. Dieci anni senza vederlo pubblicamente, senza sapere che cosa oggi può o non può fare: come comunica con la famiglia e con i pochi amici a cui è concesso andare a trovarlo, come vive le sue giornate, come comprende il mondo esterno.
Dieci anni in cui tante volte i fans di tutto il mondo, quelli che lo hanno accompagnato negli anni dei successi più belli in Formula 1, si sono chiesti come sarebbe oggi se quel 29 dicembre non fosse mai esistito. Che cosa farebbe adesso? Sarebbe un team principal? Un super consulente per una squadra della massima serie? Avrebbe continuato a correre? Magari alla 24 Ore di Le Mans o a Indianapolis o avrebbe tentato un'altra grande esperienza adrenalinica? O forse si sarebbe dedicato alla carriera del figlio Mick, aiutandolo nel ruolo di manager? Domande e dubbi che ovviamente non avranno mai una risposta ma che continuano a suonare come rimpianti nella testa di chi, il Kaiser, lo ha sempre amato.
Una possibilità però, tra le tante cose che Schumacher avrebbe potuto fare, già aveva suonato alla sua porta prima del terribile incidente: il grande amico Jean Todt, team principal di Maranello negli anni dei suoi gloriosi titoli mondiali, tra il 2007 e il 2008 cercò di convincere Michael a prendere in considerazione l'idea di sostituirlo in Ferrari nel ruolo di boss del muretto, andando così a prendere il ruolo di Todt che puntava alla carriera in FIA dopo i successi del Cavallino.
Fu proprio Schumacher a scegliere di rifiutare, forse perché già allora consapevole di un possibile ritorno in pista, arrivato poi con Mercedes. "Michael sarebbe stato il miglior candidato per questo ruolo, ma non lo ha voluto" dichiarò allora Jean Todt, che con la solita schiettezza non nascose alla stampa il gran rifiuto del tedesco. Fu poi il Kaiser a spiegare le ragioni del suo rifiuto: "Quando ho visto la passione e la dedizione che Jean mette nel suo ruolo, il fatto che è in ufficio ogni giorno e ogni fine settimana, mi sono domandato: ho bisogno di questo? E mi sono risposto di no. Adesso questo non fa per me".
Avrebbe un giorno cambiato idea e scelto la strada per diventare team principal? Impossibile oggi saperlo, o anche solo provare a immaginarlo. Ma l'ombra di quello che sarebbe stato un cambiamento epocale per il Cavallino resta una macchia di malinconia nel cuore di tutti i ferraristi.