Negli scorsi giorni Max Verstappen, vincitore del titolo piloti e costruttori nel 2022 in Formula 1, ha rilasciato un'intervista a Viaplay, la piattaforma streaming che ha strappato a Ziggo Sport i diritti di trasmissione della massima serie in Olanda. Il campione del mondo in carica ha firmato un contratto pluriennale di sponsorizzazione con l’azienda che nel corso della stagione ha prodotto approfondimenti esclusivi sulla carriera e la vita dell'idolo olandese, oggi sportivo più amato nel paese grazie al successo riscosso in Formula 1. Proprio nel corso di un ultimo approfondimento, che ha ripercorso la sua stagione 2022, Verstappen ha trattato un tema attuale quando controverso: quello delle seconde guide.
“A inizio stagione hai la mente sgombra, ma dopo un paio di gare ti accorgi che non riuscirai a battere il tuo compagno e accetti il tuo ruolo - ha spiegato Maz nel coeso dell'intervista - Fai qualche pole, ogni tanto sali sul podio, ma non ti resta che prendere atto che il pilota al tuo fianco sia leggermente migliore. Può capitare”. Verstappen ha fatto l’esempio di Bottas, per anni al servizio di Lewis Hamilton in Mercedes: “Ciò che conta è che lui l’abbia accettato. Alcuni piloti non ci riescono e, quando le cose iniziano a peggiorare, non si sopravvive a lungo. Non voglio fare nomi, né parlare di qualcuno in particolare – ha continuato Max, mettendosi sulla difensiva dopo l’invito degli intervistatori a sbilanciarsi – Intendo dire che non si può vivere in un mondo di favole e bisogna essere consapevoli del proprio ruolo”.
Mai banale nell’esprimere la propria opinione senza troppi giri di parole, il pilota olandese ha in questo caso riportato l’attenzione sul tema delle seconde guide. La divisione tra primo e secondo pilota all’interno di un team di Formula 1 è una cosa che esiste da sempre, una regola non scritta che è legata alle caratteristiche di questo sport nel quale si lavora in team ma il riconoscimento più prestigioso è individuale. Così le scuderie, nelle annate più combattute, ma non solo, decidono di puntare tutto su un pilota “sacrificando” l’altro ad un ruolo di supporto.
In tempi recenti è ciò che è successo durante il dominio di Lewis Hamilton in Mercedes, propiziato anche dal ruolo di scudiero silenzioso e ligio agli ordini di scuderia ricoperto da Valtteri Bottas. Una situazione spesso criticata ma che alla fine ha portato ai risultati sperati visto che la scuderia di Berkley ha primeggiato per ben sette anni di fila portando a casa numeri inarrivabili e infrangendo record su record. Ad inizio secolo scorso la stessa sorte del pilota finlandese era toccata a Rubens Barrichello che, come secondo di Schumacher, ha segnato il periodo più vincente della storia della Ferrari. Al nativo di San Paolo però non è mai stata data la possibilità di sfidare apertamente Schumacher, la filosofia di Jean Todt, allora direttore generale della Scuderia Ferrari, era chiara: si punta su un solo pilota.
Ma è ancora così? “Penso che il classico concetto di pilota numero uno e pilota numero due sia più che superato” ha osservato Sebastian Vettel, al suo arrivo in Aston Martin nel 2021. “C’è stato certamente un tempo in cui era buono e funzionava – ha precisato Vettel, proprio riferendosi all’epopea d’oro della Ferrari – ma credo che il ragionamento su questo sia cambiato. Penso che il mondo intero sia un po’ più avanzato in questo senso” ha concluso.
Chissà se Vettel è ancora di questa idea dopo aver visto il caos della stagione 2022 e il ruolo dei secondi piloti. Pensiamo ad esempio al Gran Premio di Barcellona vinto da Verstappen in seguito all’ordine di scuderia ricevuto dal compagno di squadra: "fallo passare" hanno detto dal muretto a Perez senza troppi giri di parole.
Questo riapre una questione quanto mai discussa e lascia senza risposta la fatidica domanda: ma dare ordini di scuderia è corretto? La questione è complessa, divenuta tanto controversa e problematica da essere eliminata dalla FIA nel 2002 per poi essere nuovamente introdotta otto anni dopo. Un problema etico e spesso un notevole ostacolo all’avvicinamento di più fan al mondo della Formula 1. La prevedibilità, la mancanza di adrenalinici corpo a corpo e dei colpi di scena, è infatti in netto contrasto con la natura di questo sport. C’è chi definisce gli ordini di scuderia una mancanza di rispetto per chi paga il biglietto o l’abbonamento televisivo, perché se lo sport significa espressione e possibilità allora chi si trova alla guida della sua monoposto deve essere lasciato libero di esprimere se stesso, costruendosi curva dopo curva e metro dopo metro la chance di una vittoria, il sogno di un podio.
D’altro canto c’è chi invece considera gli ordini di scuderia come un aspetto naturale e irrinunciabile delle corse. Ma allora come fare? Potrebbe essere questo l’ennesimo caso in cui la verità sta proprio nel mezzo. L’ordine di scuderia è giusto o sbagliato a seconda del punto di vista da cui lo si osserva. Probabilmente è necessario valutare le questioni di volta in volta cercando di non eliminare la spettacolarità che rende emozionante questo sport e dando a tutti i piloti la possibilità che si meritano.