Marc Marquez è come il basso, perché lo senti di più quando non c’è. È lì, sullo sfondo, dove non lo noti, ma se manca, qualcosa non torna. Non è sempre stato così, sia chiaro. C’era un tempo neanche troppo lontano in cui lo spagnolo era il frontman della MotoGP, quello che aizzava la folla, che faceva stage diving, che dirigeva lo spettacolo. Tutto è cambiato quella domenica a Jerez 2020, che gli ha spezzato le ali - oltre che le ossa - proprio nel momento migliore della sua carriera. Ed ecco com’è arrivato al basso.
In sua assenza, una nuova generazione di piloti si è presa la scena. Sembrava trattarsi di una toppa temporanea: i topi che ballano quando non c’è il gatto - per quanto si possano definire topi dei campioni del mondo, sia chiaro. Una volta terminato il calvario del braccio, però, per lo spagnolo ne sono iniziati altri: prima le cadute e gli infortuni, poi una moto con cui, ormai, convive da separato in casa. E ora, il 93, come l’ultimo arrivato in classe, si è ritrovato a suonare il basso, lo scarto degli altri.Quando di nome fai Marc Marquez, però, qualsiasi cosa tu faccia assume un significato diverso e, nelle ultime stagioni, lo abbiamo capito: i weekend di gara con lo spagnolo sono speciali e la domenica indiana ne è la prova. Il fenomeno di Cercera lavora nell’ombra, lontano dalle telecamere, occupate a seguire lo scontro al vertice tra Martín e Bagnaia. Eppure, il pilota Honda - di cui ormai si sente parlare più per le voci di mercato che per altro - riesce comunque a darci nuovamente dimostrazione della sua tenacia. Per una volta - perché ormai gli capita di rado -, le cose gli girano bene per tutto il weekend. Il venerdì si guadagna l’ingresso diretto alla Q2: “Non è cambiato nulla: la moto è sempre la stessa. Ma quando arrivi in un nuovo circuito, i piloti fanno la differenza…”, ha dichiarato la sera, durante il media scrum. Il giorno dopo si guadagna la seconda fila, in qualifica, e poi il secondo podio stagionale nella sprint race, mantenendo fede a quando detto il giorno prima. Ma la vera prova di forza è in gara, la domenica.
Partito bene, rimane attaccato per i primi cinque giri alla coda della coppia Martín-Bagnaia, nel tentativo di approfittare, da terzo incomodo, di eventuali errori, finendo, però, per commetterne uno lui: scivola alla prima curva del sesto giro e cade - per la diciannovesima volta quest’anno. Una caduta diversa dalle ultime, però, perché rimane attaccato, quasi a voler provare uno di quei suoi miracoli in cui rialza le moto anche quando la fisica non lo permette. Non ci riesce. E lì, dove una persona sana di mente avrebbe mandato tutti a quel paese e se stesso per primo, si rialza e rientra in sedicesima posizione. Perché quando sei un fenomeno e non te ne va bene una, non ragioni più in termini di punti, ma di vittorie e sconfitte.
Oggi Marquez non voleva essere sconfitto e, silenziosamente, inizia la sua personale rimonta. Al traguardo sarà nono e le telecamere lo avranno inquadrato in pochissime occasioni, ma, ancora una volta, ci avrà dato prova di tutta la sua fame, racchiusa in quella reazione all’errore del sesto giro. Conoscendolo, può darsi che sia soddisfatto ma certamente non felice del risultato, specialmente in una gara in cui aveva le potenzialità per giocarsi una top five. 7 punti, dunque, da portare a casa senza troppe storie, in vista del prossimo round, in Giappone - pista dove lo scorso anno, seppur in condizioni psicofisiche differenti, ha conquistato un quarto posto - nella speranza di poter regalare al pubblico un assolo.