Il weekend di Magny Cours ha sorriso a Toprak Razgatlioglu, che lascia la terra francese in testa al mondiale dopo tre gare spettacolari. Al turco è stata tolta la vittoria della Superpole Race per aver ecceduto i limiti della pista (ma con grande ritardo, tanto che in Gara 2 è comunque partito dalla pole) ma il mondiale è più aperto che mai, con i primi due piloti racchiusi in 8 punti a cinque eventi dal termine. Ed ecco che le derivate di serie mettono in scena un campionato da antologia del motociclismo, riportandoci alle gare di vent'anni fa.
Perché? Per almeno tre motivi. Il primo è la lotta al titolo. Più incerta che mai e, soprattutto, con il dominio Kawasaki messo in discussione dalla Yamaha. Cosa impossibile fino ad inizio stagione, quando a mettere in crisi Jonathan Rea doveva essere la Ducati. Redding però non è costante e a Rinaldi manca esperienza, il tutto mentre la squadra di Andrea Dosoli ha risolto i problemi della M1 mettendo Razgatlioglu nella condizione perfetta per giocarsela. Toprak, dal canto suo, sfrutta ogni bullone della sua moto allo stremo, sbaglia pochissimo e impone a Rea di alzare l’asticella, cosa che il campione del mondo fa spesso e volentieri, anche sbagliando.
Questo ci porta al secondo punto, la qualità delle gare: i piloti partono in un modo e facilmente finiranno in un altro. Tra sorpassi, contatti, staccate, strategie, una gara della Superbike non la decidono le gomme e tantomeno le qualifiche. Gara 2, oggi, è stata un capolavoro, tanto di Rea quanto di Razgatliglu, entrambi velocissimi rispetto al resto del gruppo. Motivati, grintosi, al limite. Non hanno risparmiato nulla, spremendo il millesimo ad ogni giro. Ci hanno ricordato i tempi d’oro di Fogarty? Si. Quelli di Edwards? Esattamente. E Troy Bayliss, lo scomodiamo per un turco e un irlandese? Per forza. Perché la qualità mostrata a Magny Cours è stata assoluta - niente di meno rispetto a Imola 2002 - e se vogliamo continuare a dire che vent’anni fa era meglio conviene rivedere la stessa gara registrata tutte le domeniche (che comunque vi postiamo, è sempre un bel vedere). Ad ogni modo Razgatlioglu, tagliando il traguardo con uno stoppie in Gara 1, ci ha ricordato che dalle corse c’è sempre qualcosa di fresco in arrivo.
Il terzo ed ultimo punto invece è il clima che si respira: in Superbike chiedono ai piloti (per lo meno lo avevano fatto qualche anno fa) di odiarsi un po’, riproporre la situazione tra Rossi e Marquez in MotoGP. Ma in Superbike non fanno gli attori e, dopo una trentina di sorpassi al limite, i piloti in lotta per il titolo vengono inquadrati mentre chiacchierano nel giro d’onore, col casco in testa e la visiera aperta, salutandosi con una stretta di mano.
Oggi manca una Ducati da mondiale, ma arriverà. Per il resto la Superbike è bella come una volta, con quei piloti che fanno la storia (i sei titoli di Rea sono già un record) e con quelle moto che, ad oggi ,sono nel salotto di chi può permettersele e nei sogni di tutti gli altri.