Più che Davide contro Golia, quella tra Real Madrid e Atalanta nella Supercoppa europea è una sfida tra Rockefeller e Robin Hood. Non è tanto la disparità tecnica - naturale, vista la formula della competizione: il vincitore della Champions League contro quello della ben più modesta Europa League - quanto quella economica a essere veramente significativa tra le due squadre. Solo per fare un esempio, la Dea ha speso, fino a questo momento, 48 milioni di euro per rinforzarsi sul mercato (e ne ha guadagnati 53 dalle cessioni): con la stessa cifra, il Real ha acquistato Endrick dal Palmeiras, un ragazzo di 18 anni molto promettente ma che, almeno in questa stagione, non è destinato neppure a essere titolare nella squadra di Ancelotti.
Se facciamo un salto indietro di quasi tre anni e torniamo ai tempi (effimeri) della Superlega, possiamo ricordarci che già all’epoca Real Madrid e Atalanta ne furono in qualche modo protagonisti, anche se in due modi diversi. I Blancos erano, grazie al loro presidente Florentino Pérez, tra i principali promotori del progetto: Pérez diceva che la Superlega era necessaria per salvare i club, i cui bilanci non erano più sostenibili con i “magri” introiti del calcio europeo. Tre anni dopo, il Real è tutt’altro che vicino al fallimento, però: nell’estate del 2022 ha speso 80 milioni di euro per il 22enne centrocampista Aurélien Tchouaméni; un anno dopo, 103 milioni per Jude Bellingham. Questa estate, Pérez ha messo sotto contratto Kylian Mbappé, garantendogli uno stipendio da circa 20 milioni di euro per cinque anni di contratto, più un bonus alla firma di ulteriori 100 milioni.
L’Atalanta, all’epoca, non faceva chiaramente parte del progetto Superlega, ma vi era stata tirata in ballo come esempio “in negativo”. Già nella primavera del 2020, infatti, l’allora presidente della Juventus Andrea Agnelli - braccio destro di Florentino Pérez nella riforma - aveva detto di non ritenere giusto che una squadra senza storia internazionale come quella bergamasca dovesse giocare in Champions League, mentre una big come la Roma no. Un anno prima del catastrofico lancio della Superlega, Agnelli aveva quindi già messo in chiaro uno dei suoi principi fondamentali: garantire alle big del calcio europeo un posto fisso nella competizione, escludendo il più possibile le “immeritevoli”, come appunto la Dea. Quattro anni dopo, però, l’Atalanta è qui a giocarsi la Supercoppa contro il Real Madrid (e, peraltro, negli ultimi vent’anni ha vinto più titoli internazionali della Juve).
Il club bergamasco ha quindi dimostrato che è possibile ottenere successi a livello europeo anche senza riempirsi di debiti: come sottolineato da Calcio & Finanza, nell’era Percassi, (iniziata nel 2010), l’Atalanta ha registrato utili per oltre 163 milioni di euro, migliorando al contempo i propri risultati sportivi in modo netto. Nonostante sia reduce dall’ottavo bilancio in positivo della stagione, il divario dei ricavi con il Real resta abissale: nel 2023 la Dea contava un fatturato da 195 milioni, mentre nei mesi scorsi i Blancos hanno comunicato introiti superiori al miliardo di euro. La differenza tra i due modelli, tuttavia, non è meramente economica, ma anche politica: a Florentino Pérez, gli acquisti di giocatori molto famosi come Bellingham e Mbappé servono non soltanto per vincere trofei, ma per mantenere la carica di presidente (nel Real Madrid, il ruolo è assegnato tramite una votazione tra i soci). Il calciomercato è quindi uno strumento di propaganda, cosa che a Bergamo, dove c’è un proprietario unico (nello specifico, una cordata di imprenditori statunitensi), non succede.
Ovviamente è meglio non lasciare andare troppo a briglia sciolta la retorica: non sarà una sfida tra il “calcio-business” spendaccione degli spagnoli e quello “popolare” e dal basso degli italiani, anzi. Antonio Percassi, presidente dell’Atalanta e suo ex-proprietario, è uno degli imprenditori più importanti della Bergamasca, con molti legami politici. La sua storia può essere letta senza dubbio sotto gli occhi del romanticismo (da ragazzo è stato un difensore dell’Atalanta ed è cresciuto nel settore giovanile nerazzurro, che a quanto pare ha fatto le fortune del club non solo producendo giocatori, ma anche il suo più importante dirigente), però resta connotata da investimenti mirati a livello economico e strutturale. Quali che possano essere i legami di Percassi con l’economia e la politica italiane, comunque, non arriveranno mai a eguagliare quelli di Pérez, che per assicurarsi Mbappé è riuscito anche a ottenere dal governo locale di Madrid una legge speciale sugli sconti fiscali (simile a quella che si fece fare già nel 2005 per l’acquisto di David Beckham).