Le scarpette oro ai piedi, quelle che lo identificano e lo definiscono, prima ancora di permetterci di riconoscerlo. Quelle del campione del mondo in carica di Formula 1, il pilota che con il suo primo titolo ha cambiato tutto, dal numero sulla monoposto alla mentalità, passando dai piedi, segreto e fortuna dei più grandi del motorsport.
Sono le scarpette di Max Verstappen quelle che, a Miami, gli reggono le gambe stanche. È seduto, appoggiato con la schiena alla serranda abbassata di un box in pit lane. La testa nascosta all'interno di un gomito, le braccia appoggiate alle ginocchia e il casco lasciato lì, abbandonato a terra al suo fianco.
La fotografia, uno scatto straordinario di Vladimir Rys, è così silenziosa da potersi sentire anche attraverso lo schermo. È il silenzio della fatica. Il desiderio, e il bisogno, di riprendere fiato dopo il successo.
Ha appena vinto il Gran Premio di Miami, Max Verstappen, andandosi a prendere quello che aveva perso in qualifica, superando due Ferrari, le avversarie per il titolo, e resistendo all'attacco finale, sfrenato e sicuro, del suo avversario di sempre: Charles Leclerc.
Ha appena vinto ed è distrutto. Quel livello di stanchezza fisica che, chissà poi perché, non ci aspettiamo mai che i piloti possano dover sopportare. Li vediamo in macchina, impegnati a correre per ore sotto il sole, la pioggia, il vento e l'umidità, e non pensiamo comunque possano faticare così. Sopportare il peso di forze G fuori dal normale, rischiare sempre più del necessario, e nel mentre studiare gli avversari, le strategie, le possibilità.
Non ci pensiamo che possano uscirne così, vittoriosi ma sfiniti, a terra a riprendere fiato come il Max Verstappen di Vladimir Rys. Non pensiamo che, una volta alzata la testa, abbiano il volto scavato e lo sguardo stanco come nell'altra grande fotografia di questo weekend, quella di Callo Albanese.
Due facce della stessa medaglia, due momenti vicinissimi, quasi identici, ma che di quel bisogno di riprendere fiato ci raccontano una successione. La solitudine prima, la consapevolezza poi.
Quando Max, ancora seduto, sudato e rosso in volto, alza il pollice e beve dall'immancabile lattina che porta il nome dei suoi successi. Come a dire "ok, ci sono", la fatica va e il gusto di avercela fatta resta. Le scarpette oro ai piedi sono ancora le mie, il leone da qui non si muove.
Sono scatti di grande silenzio, quelli di Rys e Albanese, fotografie di vero motorsport in un mondo che questo weekend a Miami ha raccontato tutto tranne il silenzio. Ha disegnato lo sfarzo, ha mostrato il lusso, lo show, ma non ha mai dato luce alla sofferenza, alla fatica. A ciò che rende i successi più meritati, le sconfitte più dure da accettare.
Miami ci ha dato il divertimento ma questi due scatti - in mezzo al rumore della Florida e dei vips nel paddock - ci hanno ricordato perché, in questo divertimento, troveremo sempre una magia impossibile da cercare altrove. Perché nel silenzio di chi, da solo, deve sedersi a riprendere fiato c'è la fatica dei successi più grandi.