Passione tanta, ma di forza di inventarsi sempre qualcosa di diverso per trovare i soldi necessari per correre in moto con conseguente delusione ce ne è stata sempre di meno. Sabrina Della Manna, promessa diciannovenne del motociclismo italiano, ha deciso di dire basta e l’annuncio del suo addio alle corse dalla sua pagina web ha fatto il giro di tutte le testate giornalistiche di settore. Per correre ci vogliono troppi soldi, lo sappiamo da sempre e non è una novità, ma dietro la scelta di dire basta c’è spesso anche altro e abbiamo provato a farcelo raccontare proprio da Sabrina. Perché la sua è una storia che merita…
Sabry com’è nata la tua passione per le moto?
Da papà Claudio, correva a Vallelunga ma dopo la mia nascita ha avuto la brillante idea di smettere. Che bella idea eh?
Hai un bel rapporto con il tuo papà vero?
È la mia guida di vita. Anche da piccolina quando giocavo a calcio, lui era il mio mister e mi allenava così come faceva con le moto.
Perché hai lasciato il calcio?
Sai anche quello è uno sport prettamente maschile come il motociclismo; non era facile giocare in squadra, soprattutto quando notavano che anche le ragazze hanno del talento. Si innescano quei meccanismi odiosi che alla fine ti fanno venire voglia di smettere e io ho smesso, passando alle motociclette.
Raccontami della tua esperienza con le minimoto
È stato il giorno del mio undicesimo compleanno, dopo infinite e stressanti richieste da parte mia, i miei genitori mi hanno voluto regalare una giornata in pista prendendo in affitto una minimoto, anche se non ero capace di andare neanche in bici. All’inizio cadevo molto e tornavo a casa sempre un po’ dolorante, ma questo non mi ha mai fermata e anzi ero sempre più convinta di potercela fare.
Tua mamma, come la viveva?
Guarda, in realtà è lei che mi spingeva a gareggiare e mi caricava ogni volta anche perché non stavo passendo un bel periodo. È stata una colonna portante per me e per tutta l’organizzazione logistica degli allenamenti e dei weekend di gare: infatti non ne ha mai mancata una, tranne quella di Valencia perché ha paura di salire sugli aerei.
Dalle minimoto sei poi riuscita a gareggiare a livelli più alti: com’è successo?
È capitato tutto per caso: ad un anno esatto da quel primo giro in minimoto mi trovavo a girare su una pista qui nel Lazio per partecipare alla mia prima gara con una Aprilia 125; qui mi notò un team di Roma che inizialmente mi fece provare una Yamaha 300cc e subito dopo decise di aiutarmi economicamente per permettermi di partecipare al mio primo trofeo Yamaha R3 CUP. Ricordo ancora oggi la fortissima emozione che provai durante la prima gara: su una griglia di circa trenta piloti riuscii a partire quinta e vedere tante moto così veloci sbucare all’improvviso dopo ogni metro mi ha fatto un bell’effetto. È uno sport che mette paura e, tra mancanza di esperienza e forte emozione, mi posizionai a metà classifica.
Anche qui unica ragazza tra i maschietti…
No in realtà eravamo in due in quel periodo, ma di sicuro quella che di sportellate ne ha prese e ne ha date tante son stata proprio io, divertendomi da matti. Se vedono che hanno davanti una ragazza impazziscono tutti e diventano ancora più competitivi. Quando si è in pista non è sempre facile leggere il nome che hai dietro la tuta, ciò che si nota subito sono i capelli; infatti, dopo un indicente decisi di tagliarli. Sono anche scomodi: quando cadi si riempiono di ghiaia.
2020 e la Women’s European Cup. Fa un certo effetto ritrovarsi in una competizione tutta al femminile vero?
È strano eh? Il weekend più bello della mia vita è stato all’ultima gara in casa sulla pista di Vallelunga, riuscivo ad essere veloce e feci tutto perfettamente: dalle libere di venerdì sotto la pioggia, alla pole il sabato e alla vittoria la domenica; tra una bagarre e l’altra mi stavo semplicemente divertendo, ho alzato lo sguardo e ho visto la bandiera a scacchi. Mamma, papà, mia sorella, il mio capo team ed i miei sponsor erano tutti lì con me, fuori e dentro la pista. Ci siamo commossi e abbiamo festeggiato tutti insieme come una famiglia: quel gradino più alto del podio è stata una doppia vittoria perché mi ha permesso di aggiudicarmi il titolo di vicecampionessa europea. Tutto questo in un solo giorno, è stato pazzesco credimi! Poi è arrivato il 2021…
Il 2021 non è stato un anno semplice per Sabrina; mentre lo raccontava si percepiva un senso di angoscia, di frustrazione. Tappa al Mugello e insieme al suo team si preparano per portare a casa il titolo. Purtroppo però quel giorno è andato tutto storto: in gara 1 viene squalificata per un problema alla centralina secondaria montata con i fili invertiti e di conseguenza dichiarata non in regola durante le solite verifiche; in gara 2 invece l’incidente con un’altra pilota, nonché sua amica.
“Ti ricordi quando Marquez fece quel danno a Valentino e lo odiavano tutti? Ero nella stessa situazione con la sostanziale differenza che io non ero colpevole di nulla. Me ne hanno dette di tutti i colori anche quando la Federazione stessa mi ha dato ragione dichiarando un classico incidente di gara come spesso accade; in quel momento a me interessava solo sapere lo stato della mia compagna. Avevo tanta paura, fortunatamente per lei andò meglio, per me invece quella vicenda è diventata insormontabile, condizionando quello che sarebbe stato il mio restante percorso".
La scelta di lasciare questo mondo è dovuta anche a questo?
Dopo quell’incidente è stato difficile riprendermi perché ero sotto shock, ho vissuto un trauma vero e proprio; continuavo a gareggiare, ma in modo sbagliato perché conoscevo tutte lì dentro, sapevo come giravano e conoscevo la vera me stessa. Questo è uno sport d’istinto, di saper cogliere l’attimo per effettuare il sorpasso giusto al momento giusto, cosa che, avendo la lente di ingrandimento sul casco, non riuscivo più a fare. Non ero più quella Sabry, quella che indossando il casco si metteva in modalità “on race”. Era diventata ormai una situazione piatta senza quella iniziale linfa vitale dell’adrenalina.
I costi invece?
Questo è l’altro tasto dolente (accenna un sorriso, ndr). Se vuoi correre ad alti livelli per cercare di vincere, devi essere consapevole che per avere un team forte devi portare fior fior di soldi. Sappiamo tutti che questo è uno sport molto costoso ma spesso non ci si ferma a valutare i singoli tasselli del puzzle completo: iscrizione al campionato, tute, gomme, eventuali cadute tutte a carico del pilota, trasferte all’estero, alberghi, aereo, pranzi e cene fuori. Io ho avuto il privilegio di essere aiutata sia da sponsor sia da privati che hanno creduto e investito in me.
Come stai vivendo questa separazione?
Non ti nascondo di sentirmi molto demoralizzata e un po’ spaesata. Però avevo bisogno d’interrompere, stare un po' sola e pensare a me stessa. Così ho cercato lavoro per essere indipendente perché volevo sentirmi forte e riuscire a cavarmela da sola. Voglio che la mia famiglia sia tranquilla, sono e sarò eternamente grata per tutti i sacrifici che hanno fatto e non voglio che si debbano addossare colpe per questa mia decisione perché, per quanto dolorosa, è stata la cosa giusta da fare. Conosci il detto mai dire mai? Come ho scritto nel mio ultimo post spero che questo sia un “arrivederci” e se mai il destino dovesse decidere il contrario, avrò comunque una bagaglio pieno di bellissimi ricordi che porterò per sempre nel mio cuore. Vorrei ringraziare di cuore tutte quelle persone che mi hanno contattato in questo periodo tra le quali tantissime che neanche conosco e che mi hanno dato tanta forza, regalandomi pensieri spesso commoventi, e in ultimo ma non per importanza ringrazio tutti quelli che hanno scritto di me e della mia scelta. Non pensavo di fare tanto clamore, visto che non sono e non mi sono mai sentita una futura Valentino o Marc…