Pochi minuti di silenzio e poi il delirio. In sala stampa, nel paddock del Bahrain proprio al centro della seconda sessione di prove libere di giovedì, una mail è arrivata contemporaneamente a più di un centinaio di giornalisti, oltre che ad addetti ai lavori delle squadre, team principal e membri di FIA e Liberty Media. L'oggetto della mail lasciava, da subito, poco spazio all'immaginazione: Christian Horner investigation evidence, prove dell'indagine su Christian Horner. Erano le 18:19 locali, le 16:19 in Italia, e all'interno della mail una sola frase "A seguito delle recenti indagini e dichiarazioni di Red Bull sarai interessato a vedere i materiali allegati" accompagnava un link che rimandava ad un Google Drive condiviso con - al suo interno - oltre 70 immagini tra screen, selfie che vedono come protagonista il team principal e immagini personali. Gli screen fanno invece riferimento a conversazioni whatsapp tra una persona, quella che in questo caso manda e riceve i messaggi, e un altro utente. Dalla fotografia profilo si vede chiaramente il volto di Horner, facendo pensare che quello in questione sia il suo profilo whatsapp.
Dal paddock sono così iniziate le domande: ma saranno fotografie vere? Potrebbero benissimo essere state modificate o realizzate ad hoc. Riprodurre una chat su whatsapp è semplicissimo, così come recuperare selfie di personaggi famosi o - eventualmente - ricrearli con l'intelligenza artificiale. Ma perché fare una cosa del genere e soprattutto, chi poteva avere tutti gli indirizzi mail delle persone influenti del paddock e conoscere l'immagine profilo di whatsapp reale di Chris Horner? Che le immagini siano vere o meno, resta una grande certezza: quella contro Horner è un'opera di distruzione d'immagine. La mail è arrivata da qualcuno di interno, al team o al paddock, che conosce perfettamente le dinamiche che muovono l'ambiente e che aveva tra le mani tutte le prove dell'indagine (o, nel caso le fotografie siano fasulle, le informazioni per realizzarle nel modo più veritiero possibile). A ribadirlo, in diretta televisiva, anche il giornalista Roberto Chinchero: "È chiaro che trattandosi di informazioni che sono state oggetto dell’indagine interna, viene da pensare che anche questo franco tiratore sia interno, proprio perché legato alla riservatezza delle immagini. È un colpo basso che conferma quello che sostenevamo da tempo: ci sono tante fazioni all’interno della Red Bull. Ce n’è una che ha provato a dare una spallata a Horner in un momento di difficoltà".
La conclusione delle seconde libere è così stata dominata dall'interesse lontano dalla pista e dai risultati dei piloti, con molti giornalisti arrivati davanti all'hospitality Red Bull prima della conclusione delle FP2 per intercettare Horner e i suoi uomini, che hanno però preferito non commentare la cosa e che si sono mostrati inizialmente spaesati da tutta la situazione. Quello che emerge è che in ogni caso sia stata violata la privacy di un'indagine rimasta volutamente interna per tutelare tutte le parti in questione, soprattutto quella della donna che non ha mai pubblicamente parlato dei fatti, non si è esposta fino a questo momento e che proprio per questo motivo non doveva essere buttata davanti a quello che - da qui, in Bahrain - appare come uno show grottesco fatto di mail inoltrate, conversazioni e fotografie. A questo punto dei fatti, aspettando commenti ufficiali da parte di Red Bull e - probabilmente - anche di Liberty Media e FIA, c'è una sola certezza: si procederà per vie legali - anche nei confronti di chi pubblicherà le fotografie ricevute - e la lotta tra le parti in questione sarà ancora molto lunga.