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Se questo è un piercing

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

3 ottobre 2022

Se questo è un piercing
Un mondiale, quello del 2021, deciso a tavolino. Un budget imposto ai team senza certezze su limiti, penalità e controlli in caso di infrazione. Una direzione gara lenta, fallosa, perennemente sotto pressione. E un'unica certezza dentro il caos di una FIA che non piace a nessuno: i 25mila euro di multa per il piercing al naso di Lewis Hamilton

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

E siamo ancora qua, eh già. In un lunedì post weekend di gara in Formula 1 a parlare di errori, problemi e polemiche sulla gestione del Gran Premio da parte della FIA. Dopo il disastro dello scorso anno, che dalla farsa di Spa si è trascinato fino alla fine della stagione con il discusso finale di mondiale ad Abu Dhabi 2021, le cose non sono cambiate come ci si sarebbe aspettati (o almeno, come tutti avrebbero voluto). 

Licenziare il direttore di gara Michael Masi, capro espiatorio di un sistema che non funziona dalle basi e che quindi non può essere certo risolto semplicemente eliminando la testa più esposta a media e critiche, non ha funzionato e il 2022 ne è la prova scritta nero su bianco, dentro i problemi di un campionato che al posto di fare un salto in avanti sembra piuttosto aver fatto un enorme passo indietro. 

Dalla gru in pista a Monza alla gara conclusa in regime di safety car, passando per l'estrema lentezza con cui ogni weekend arrivano le comunicazioni relative a incidenti, penalità e decisioni da parte della commissione di gara, chiudendo il cerchio sullo scandalo che proprio in questi giorni si sta abbattendo sul circus: quello del budget cap. Le relazioni tra FIA e Formula 1 non sono mai state così tese - perché, ricordiamolo: FIA e F1 (quindi Liberty Media) sono due società ben distinte con interessi differenti - e il risultato è un progetto di enorme successo internazionale che rischia di piegarsi su se stesso per piccolezze organizzative, logistiche e gestionali che non sembrano riuscire a risolvere. 

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Guardiamo il caso, ben più semplice del complicatissimo budget cap, della penalità a Sergio Perez nel GP di Singapore: attendere tre ore nel dopo gara per assegnargli una penalità, peraltro diversa da quelle che sono state assegnate in passato per infrazioni simili, crea malcontento e tante, troppe, ulteriori critiche. Non ha senso annunciare che, a trenta minuti dalla fine di una gara, un'infrazione così semplice da vedere sia messa sotto analisi dopo la conclusione del GP. Perché il rischio è quello di lanciarsi addosso, ancora una volta, una serie di dubbi sulla serietà della direzione gara al grido di "è tutta una mafia" sia fosse finita a favore della Red Bull che della Ferrari. 

Ci vuole un regolamento chiaro, un lavoro veloce e pulito. I dubbi, i chiarimenti post GP, l'intervento dei piloti e le incertezze ci stanno ma devono essere l'eccezione, il caso che si verifica una o due volte in un intero anno. Non devono essere la certezza. 

Questo perché poi quando si arriva alle situazioni gravi, ma gravi per davvero, come la presunta infrazione del budget cap da parte della Red Bull per la stagione 2021, la sfiducia nei confronti della FIA e dell'operato precedente è talmente alta che qualsiasi multa, qualsiasi decisione o condanna non sarà mai sufficiente. Si crea un caso, un precedente, un punto nero sulla serietà di chi detta le regole e poi non riesce a farle rispettare o - almeno - a dare le giuste sanzioni in caso di infrazione. E quali sarebbero "le giuste" sanzioni? Senza chiarezza iniziale si riuscirà mai ad accontentare tutti? Ovviamente, anche in questo caso, no. E anche qui via con i complottismi: sanzioni "troppo alte" faranno dire "hanno voluto far fuori Red Bull perché troppo superiore", mentre sanzioni "troppo leggere" faranno gridare gli altri team, e i rispettivi tifosi, allo scandalo e all'ingiustizia. 

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Così in un weekend da dimenticare per la Federazione si inserisce, piccola piccola, la multa da 25mila euro data a Lewis Hamilton per aver indossato un piercing al naso in gara, situazione che trasforma il sette volte campione del mondo in un fuorilegge secondo la regola della FIA introdotta quest'anno che vieta per motivi di sicurezza l'uso di gioielli in pista. Il britannico ha scampato le sanzioni fino a questo momento, complice il fatto che dopo anni e anni in cui indossa questo piercing toglierlo è difficile e doloroso, ma Singapore è arrivata la prima multa. 

Al grido di "quindi queste sono le vostre priorità", neanche la (in questo caso velocissima) comunicazione sui 25mila euro da pagare è piaciuta agli appassionati, che giustamente si fanno delle domande su quale sia il senso di questa nuova regola. Anche perché, ammettiamolo, se il problema fosse davvero la sicurezza sarebbe gravissimo accettare di far correre un pilota in una situazione di pericolo, in tal caso quindi non basterebbe dare una multa come sanzione. Immaginate se un giorno Lewis Hamilton decidesse di voler correre senza casco, la FIA glielo permetterebbe previo pagamento di una salatissima multa? Ovviamente no. E se per lo stesso ragionamento è stata inserita una nuova regola volta a garantire maggior sicurezza tra i piloti perché questa può essere aggirata pagando? 

Un dettaglio, una cosa da niente, certo. Ma l'ennesima prova che dimostra quanto sia successo nel corso di questi ultimi anni è esattamente quello che in una Federazione che detta regole non dovrebbe mai succedere: si è persa la fiducia nei confronti dell'istituzione. Ci si aspetta dalla FIA sempre un ritardo, sempre un errore, sempre qualcosa di sbagliato, falloso, storto. E le cose ora devono, per forza, cambiare rotta. O le conseguenze saranno gravissime per l'intera Formula 1. 

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