E’ cresciuta in una manciata di anni, affacciandosi al mondiale nel 2017, andando a podio sul finale del 2019 e, nel 2020, regalandosi ben tre vittorie: una con Brad Binder e due con Miguel Oliveira. Tanto da essere considerata, oggi, la moto da battere per il 2021 grazie ai progressi fatti e grazie alla capacità di capitalizzare al massimo le concessioni avute fino alla scorsa stagione, che permetteranno a KTM di presentarsi al via del mondiale 2021 con più novità rispetto agli altri.
Un gran lavoro di squadra, con una azienda alle spalle che ci ha creduto fortemente e che ha investito in maniera sostanziosa, ma nella consapevolezza che crescere avrebbe significato anche saper aspettare e dare il giusto tempo al tempo. Ecco perché sulla moto austriaca la differenza l’ha fatta il pilota che non corre più: Dani Pedrosa. Dopo aver appeso il casco al chiodo e aver dovuto accettare il poco elegante “arrivederci e grazie” di Honda, in KTM non si sono fatti sfuggire l’occasione di mettere le mani sull’esperienza del minuto pilota spagnolo. Che di KTM è diventato immediatamente l’anima e il simbolo, come ha ammesso anche in una recente intervista a Superbike Italia il Technical Director di KTM, Sebastian Risse.
“Tanto del merito è di Pedrosa – ha affermato Risse - Dani è una delle figure chiave del progetto . Ma c'è anche da dire che nei primi anni abbiamo sviluppato la moto quasi solo nei weekend di gara. All'inizio non avevamo la capacità o l'esperienza per eseguire test approfonditi. Da quando è arrivato Dani, la moto è pronta per correre a quel livello. Ha rispolverato molti dettagli e ha anche un'idea molto chiara di come dovrebbe evolversi la moto, cosa dovrebbero fare gli ingegneri. Abbiamo avuto discussioni molto lunghe per capire quali punti credeva dovessero essere migliorati”.
Un approccio al lavoro di collaudatore che rompe con la tradizione, visto che Pedrosa ha interpretato il ruolo in maniera del tutto nuova. Cercando, cioè, di sviluppare la moto calibrandola su ognuno dei piloti, più che sulle sue stesse sensazioni. Così si spiegano i successi di piloti molto diversi nello stile di guida e anche nel fisico, come Oliveira e Binder, ma anche i successi (che non sono diventati vittorie) di Pol Espargarò.
“Dani è una persona molto intelligente con molta esperienza – ha infatti proseguito il Technical Director di KTM - Se avesse lavorato per creare una bici adatta a lui e al suo peso, avremmo avuto problemi con altri piloti. Ma non ha mai pensato così, ha sempre lavorato per fare una moto adatta a tutti, anche differenziando lavoro e soluzioni. Più di una volta ha detto ‘questa non è la direzione perfetta per me, ma so che il 90% degli altri piloti può essere più veloce in questo modo’. Un metodo che ha pagato: le sue scelte e il nostro lavoro hanno dato buoni frutti, stiamo andando nella giusta direzione”.
E i risultati sembrano vedersi già anche quest’anno, dato che ieri sul circuito di Jerez de la Frontera Dani Pedrosa ha fatto fermare il cronometro a meno di un secondo da Aleix Espargarò sulla nuova Aprilia RS-GP21 e da Stefan Bradl sulla Honda RC213V. Tempi di assoluto rispetto se si considera che lo spagnolo di KTM è fermo da ormai due anni e che gli altri due, invece, sono pronti a scendere nuovamente in griglia per il primo gran premio del 2021, il 28 marzo in Qatar. E che, quindi, hanno settato la moto sulle loro esigenze e non, come Pedrosa, su quelle dei quattro piloti “titolari” di KTM, con il marchio austriaco che, come annunciato nei giorni scorsi in occasione della presentazione ufficiale, non farà alcuna distinzione tra team factory e Tech3.