Il dubbio si è fatto strada sull'asfalto del Mugello, nella domenica del Gran Premio d'Italia, vedendo transitare le MotoGP all'uscita dell'ultima curva, la Bucine: "Perché Marc Marquez, Fabio Di Giannantonio e in generale le Ducati GP23 emanano un fumo bianco che neanche in Piazza San Pietro per l'Habemus Papam?". A prima vista sembrava trattarsi trattarsi di un problema al motore ma poi, tra le moviole offerte dalla regia internazionale e i ricordi di quello stesso fumo esalato dalla Ducati Gresini di Marc Marquez nell'accelerazione che a Le Mans porta dalla curva del Museo alla staccata del Garage Vert, ci si è accorti che il difetto scaturiva da un attrito. Più precisamente, dal contatto tra la gomma posteriore e la carena dell'abbassatore, posteriore naturalmente. Se in Formula 1 capita di vedere le scintille nel momento in cui il fondo delle vetture collide con l'asfalto (effetto che diventa particolamente scenico sotto i riflettori di Singapore o nell'oscurità di Jeddah), ecco che in MotoGP l'evoluzione estrema dei prototipi ha generato il fumo.
Segnali di fumo che, tuttavia, tra i team clienti di Borgo Panigale non destano chissà quale preoccupazione. Quella stessa domenica avevamo domandato a Marquez e a Di Giannantonio se le loro prestazioni avessero risentito di quella fuga di gas a gas spalancato. Fabio rispose così: "Non pensavo di avere avuto quel problema perché ci stiamo molto attenti, ma lo vedevo tanto dalla moto di Alex di fronte a me. Alla fine non abbiamo l'abassatore super profondo, siamo un po' limitati, quindi cerchiamo di rosicchiare il più possibile e a volte può succedere che magari passando sopra ad una buca la gomma tocchi un po'. Alla fine è un contatto talmente piccolo che alla gomma non crea chissà quale problema". Marc replicò sulle stesse frequenze: "Il fumo bianco? È uno dei punti in cui siamo al limite con la GP23, perché in quell'area abbiamo meno spazio e la moto si abbassa meno. Io non sentivo niente, se n'è accorta la moto perché ci sono dei segni di bruciatura vicino allo pneumatico, si è anche staccato un pezzettino di gomma per il surriscaldamento forse, ma non ha influenzato il rendimento".
Tanto fumo, tanti discorsi che piacciono ai giornalisti, ma poca sostanza a giudicare dalle parole dei piloti, che a malapena si sono accorti del problema e che hanno negato qualsiasi ripercussione sulle loro performances. Eppure un altro dubbio spunta: "Come mai le GP24 in accelerazione filano lisce come l'olio, perché Bagnaia, Bastianini, Martín e Morbidelli non sbuffano mai fumo in uscita di curva?". Vuol dire che il disegno e la distribuzione dei pesi sul retrotreno della Ducati GP24 sono diversi rispetto a quelli della GP23. In un'area, quella degli abbassatori, dove per altro nella MotoGP odierna si trovano decimi extra: lo dimostrano le dichiarazioni dei dirigenti Yamaha e Honda, che hanno più volte ricondotto la loro crisi tecnica anche al ritardo nello sviluppo dei devices, banditi nel regolamento del 2027 proprio per appianare le prestazioni (nelle motivazioni ci sono anche discorsi di budget e sicurezza) e, di conseguenza, per incentivare lo spettacolo.
Quindi, nel momento in cui i piloti Ducati clienti si trovano a giocare per le prime posizioni contro le moto ufficiali, non è sbagliato parlare di impresa. La GP23 e la GP24 sono diverse, Marco Bezzecchi e Alex Marquez stanno faticando in maniera anomala, i piloti factory sembrano affrontare i weekend di gara su un binario di certezze: ad inizio stagione soffrivano di improvvise vibrazioni, difetti di setting risolti definitivamente a Jerez, da quando Bagnaia e Martín hanno cominciato a martellare sin dal venerdì mattina. Marc Marquez intanto annaspava nelle gelide correnti del Q1, prima di riemergere da campione in gara e di sminuire davanti ai giornalisti il divario tecnico: "Le differenze? Qualcuna ce n'è, ad esempio sul motore, sull'abbassatore. Ma non penso sia così grande il divario perché alla fine le prestazioni sono simili". Bisogna fidarsi di Marc Marquez, sì, ma fino ad un certo punto. Perché alla fine è lui l’unico che, ovunque vada, riesce a stare al passo di Bagnaia e Martín. Perché alla fine è lui quello che, più di tutti, si è messo di traverso per avere una moto ufficiale. Ha ottenuto la più veloce. La Rossa.