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Senti come suona la nostra canzone, in un abbraccio sudaticcio in mezzo al casino

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

27 giugno 2022

Senti come suona la nostra canzone, in un abbraccio sudaticcio in mezzo al casino
Pecco Bagnaia e Marco Bezzecchi ci hanno regalato la gara dell’anno. È arrivata così, al suono della campanella, con il mondiale che sembrava già finito e contro tutte le statistiche. In quell’abbraccio al parco chiuso, con le moto messe vicine come fosse il parcheggio del liceo, c'è tutto quello che importa davvero


di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

La gara di Assen è stata quella delle prime volte. Il primo errore di Fabio Quartararo, il primo podio della squadra di Valentino Rossi. E, ancora, il primo di Maverick con l’Aprilia, con partenza - la prima ben riuscita in sette anni - dall’11° casella. Bagnaia taglia il traguardo impennando, cosa che ormai non si vede quasi più per via dei distacchi minimi, dell’abbassatore, delle ali e dell’elettronica. Pecco dimentica tutto per trecento metri, go free, lontano dai pensieri bui che arrivano prima del sonno. Marco è secondo e quasi non ci crede, prende una bandiera con su scritto 46 senza sapere che lui, proprio lui, è il 46° pilota italiano a finire sul podio. Il momento che fa venire voglia di raccontare la gara più bella dell’anno, però, è al parco chiuso. C’è Pecco che ride, abbraccia la mamma, i meccanici, Domizia. Marco, a fianco, fa lo stesso: la sua gente, il padre con le lacrime addosso. Poi si guardano loro due e scatta un abbraccio grande, sincero. Un abbraccione di quelli con cui ci salutiamo al telefono, che scriviamo su WhatsApp e che poi non diamo quasi mai. Mancano sempre il tempo, la leggerezza. Manca sempre il momento, come per i buoni propositi.

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Le gare uniscono, anche le nostre. Quelle che facciamo con con chi ci è accanto, le fatiche che condividiamo con i pochi con cui sopportiamo il tutto: si nasce e si muore soli, come cantava De André, ma per fortuna nel mezzo c’è il tempo per stare insieme. Per darsi, un giorno, un abbraccione sudaticcio in mezzo al casino. Pecco e Marco, lì dentro al recinto, si sono stretti forte pensando che qualche giorno prima sono partiti da Tavullia per parcheggiare le moto vicine, come fuori dal liceo all’esame di maturità. Anzi, fuori dall’università, quella del motociclismo. In quell'abbraccio c’era da pensare agli allenamenti di ogni giornata, a quello che ti toglie vivere da atleta professionista nei tuoi anni più liberi e belli, a Valentino Rossi che invece ha l’età per commuoversi davanti al televisore guardando una gara come questa. Lui lì in cima al mondo ce li ha portati su di un tappeto volante, sontuoso e instabile, loro hanno visto il panorama e capito quanto sia facile cadere nel vuoto in pieno volo.

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In una MotoGP con piloti sempre più amichevoli tra loro, corretti fin quasi alla nausea, una cosa come questa marca tutta l’importanza dell’abbraccione. Zero tecnica, solo spontaneità. C'erano cose che non sapremo mai in quell'abbraccio, dalle serate passate a sognarlo alla frustrazione di quando tutto era contro. Loro, però, saltavano come ad un concerto rock: per Marco e Pecco stava suonando quel pezzo che hanno sentito a ripetizione in cameretta per anni, ognuno la sua, fino a rompere le cuffiette. La canzone la sapevano a memoria e stavolta l'hanno ascoltata assieme, finalmente dal vivo.

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