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Siamo andati a cercare il medico che ha soccorso Fabio Quartararo al Mugello: "Non gli ho rimesso a posto la spalla lì". Il dottor Charte: "Ha fatto da solo"

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

21 giugno 2025

Siamo andati a cercare il medico che ha soccorso Fabio Quartararo al Mugello: "Non gli ho rimesso a posto la spalla lì". Il dottor Charte: "Ha fatto da solo"
Fabio Quartararo steso a terra alla Materassi, dopo un gran botto e con evidente dolore alla spalla sinistra. I marshall che lo raggiungono e uno, vestito di bianco, che, come racconta un video diventato virale in rete e sui social, armeggia proprio su quella spalla. Gliela ha "rimessa a posto"? Siamo andati a chiederlo direttamente a quel medico, che, anche se non voleva, qualcosa c'ha raccontato. No, non è andata esattamente come è sembrato e come è stato raccontato...

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

“Ho solo fatto il mio lavoro, non mi va di apparire o di stare raccontare”. Sì, il medico che ieri ha soccorso Fabio Quartararo alla Materassi ha solo fatto il suo lavoro. Solo che a volte la riservatezza e la professionalità, sempre invidiabili, cozzano un po’ col fatto che il proprio lavoro deve farlo anche chi fa il mestiere del raccontare. Tutto quello che si può. Per come si può. E, magari, provando a trovare uno spunto differente rispetto alla narrazione standardizzata. Così, nonostante il freschetto della sala stampa del Mugello Circuit suggerisse di non muoversi e godersi tutto da comode sedie davanti a nitidissimi monitor, l’impulso è stato un altro. Quale? Andare a chiedere una pettorina di quelle che si danno provvisoriamente anche ai giornalisti per poter girare all’interno del circuito, nelle aree e nelle stradine che attraversano e tagliano la collina proprio intorno al palcoscenico principale fatto d’asfalto e colori. Insomma, piccoli percorsi di terra e sassi dove generalmente stanno quelli che lo spettacolo non lo fanno, ma lo garantiscono.

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Il sole che bruciava già di brutto alle nove e qualcosa del mattino, quella terra, la polvere, una camminata in salita che, per chi prende l’auto anche per andare in bagno dentro casa è sembrata una roba da iron man, e la voglia, insomma, di raccontare una storia. Anche se il protagonista di quella storia, caschetto in testa, divisa bianca e occhiali scuri, avrebbe preferito non avere rotture di scatole. Non per spocchia o antipatia, sia inteso, ma per professionalità. Era insieme ai marshall, nella stessa curva in cui ieri è caduto Fabio Quartararo.

“Sì, sono io, ma ho solo fatto il mio lavoro, scusami, ma non c’è molto da raccontare, anche se di cose un po’ differenti dalla realtà ne ho lette diverse”. Quando capisce che chi gli ha appena rivolto la parola è a caccia di una storia si mette un po’ sulle difensive, ma qualcosa racconta lo stesso. Non i dettagli dell’infortunio di Quartararo, non quelli che nel quotidiano chiameremmo “dati sensibili”, ma racconta una verità che è leggermente differente e, soprattutto, un episodio e un modo di lavorare che dice tanto anche su tutto il contorno - fatto di persone, professioniste o volontarie, appassionate - di uno spettacolo che è grandioso in tutto quello che si vede, ma che probabilmente è immenso in tutto ciò che resta dietro le quinte.

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“Non gli ho rimesso a posto la spalla, in verità quel gesto che si è visto è stato per capire quale fosse realmente la situazione del pilota, perché in quel momento era molto sofferente e a una valutazione visiva era chiaro che avesse una postura fortemente difensiva. Sembrava potesse essere molto più grave di come poi per fortuna è stato e era necessario capire se e come intervenire – ha spiegato – Come mi chiamo? Non mi va di dirlo, io non vorrei apparire e, anzi, se si potesse non scrivere nulla di quello che ho appena detto sarebbe molto meglio”. Solo che, appunto, anche noi stiamo solo facendo il nostro lavoro. Il nostro è quello del raccontare, il suo, invece, quello di medico anestesista e rianimatore, a Roma, ma pure al Mugello, dove presta servizio da tempo insieme a tanti colleghi che presidiano due a due le quindici curve del tracciato più bello del mondo. Garantendo sicurezza e tempestività non solo quando sull’asfalto ci sono i mostri sacri del motorsport, come in questo fine settimana, ma ogni volta che c’è una manifestazione anche minore o comunque una necessità di avere personale sanitario a bordo pista.

Ma quindi, proviamo a chiedergli ancora, quel gesto che abbiamo visto tutti, prima fatto piano e poi con una spinta più decisa, non è stato per, come si dice in maniera tutt’atro che scientifica, rimettere la spalla in sede? “No – ripete ancora – quella manovra non avrei neanche potuto farla con il pilota lì (indica il punto esatto in cui era steso Fabio Quartararo, ndr) e comunque non è così che si fa quel tipo di manovra: il gesto che s’è visto è servito, come ho già detto, a accertarsi di una condizione. Cosa diceva il pilota? Chiaramente era sofferente, ma non voglio raccontare per apparire: ho solo fatto il mio lavoro”. In effetti, anche il medico della MotoGP, il dottor Angel Charte, nelle dichiarazioni ufficiali ha detto che Fabio Quartararo ha fatto da solo. "Nella caduta – ha spiegato - Fabio si è lussato la spalla sinistra, non è stata la prima volta per lui. L'ha rimessa a posto da solo, perché l'aveva già fatto in passato. Dopo la fine della sessione di prove l'ho fatto portare all'ospedale di Firenze per una risonanza magnetica, ma fortunatamente è tutto ok”.

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Il dottor Angel Charte

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