Alla fine ci fai l'abitudine. Arriva l'ambulanza in pista, vedi qualcuno a terra, la moto distrutta poco lontana. Vedi la gente correre, i teloni che vengono montati per coprire la scena. Fa paura, fa sempre paura, ma ci fai l'abitudine. A dirlo è Aleix Espargaro dopo un weekend complicatissimo dal punto di vista personale iniziato in salita con l'incidente a Portimao del fratello Pol, trasportato d'urgenza in ospedale con una contusione polmonare, una frattura della mandibola e una frattura di una vertebra dorsale. Poteva andare peggio, Aleix lo sa bene. Per un po' si è temuto a una lesione spinale e un quadro clinico più complesso di quello, già grave, riportato dal fratello in Portogallo.
"Purtroppo è una cosa a cui ci si abitua" ripete Aleix, quasi per convincersi di aver già vissuto, e già superato, la paura di quei teloni che si alzano per nascondere le condizioni del pilota a terra. "Se è tuo fratello è ancora più complicato, ma correre è il nostro lavoro e dobbiamo essere professionali, anche se a volte costa molto".
Perché per correre in Portogallo, soprattutto nel venerdì delle prove libere dopo l'incidente di Pol nelle FP2, Aleix ha dovuto pagare un conto molto più salato di quello di chiunque altro in pista. Lui che al momento dello schianto si trovava in pista e che, come ha confidato a Marca nelle ore successive, quando si è fermato ha preso fiato, ha tremato e ha pianto. Che è lo sport che hai scelto, è la vita che hai scelto, che hai condiviso con tuo fratello e con cui hai sempre fatto i conti. Ma che quando su piatto c'è qualcosa di più importante, le prospettive cambiano in un attimo. Non è la tua, di vita. Non sei tu, ma l'altro. Quello con cui da sempre hai diviso le preoccupazioni e raddoppiato i successi.
E allora piangi, dopo aver finito di correre, perché quello comunque devi essere pronto a fare. Alla fine del weekend di gara Aleix è andato da Pol a Barcellona, dove nel frattempo era stato trasportato, e sui social ha condiviso la fotografia delle loro mani. Una frase, di incoraggiamento e rispetto, a chiudere il cerchio della paura e dare lo slancio alla voglia, già fortissima, di rimettersi in piedi.
Una voglia che per tutta la vita ha inseguito un altro fratello, nel mondo del motorsport: Nicolas Hamilton. Nato con una paralisi cerebrale che fin dall'infanzia lo ha costretto a lottare più duramente degli altri, Nicolas ha trovato in Lewis la forza per volere di più dalla vita. Vedeva quel fratello, di sette anni più grande, spinto verso il mondo scintillante dei motori con uno slancio fuori dal comune che era esempio e ambizione e sapeva di poter puntare verso lo stesso cielo.
L'obiettivo: diventare pilota. E con 31 anni festeggiati oggi Nicolas Hamilton può dire di avercela fatta. Anni di rieducazione motoria, palestra e piscina sono stati fondamentali, così come la sua costanza, per dire addio alla sedia a rotelle. Dai 17 anni Nicolas è riuscito a camminare da solo, senza più alcun aiuto, dando il via a una nuova vita. E l'orgoglio più grande per il fratello Lewis, sette volte campione del mondo di Formula 1, resta quello di aver dato a Nicolas un esempio nel quale potersi rivedere. Il giovane Hamilton ha corso per anni nel campionato Renault Clio Cup UK, per passare poi al British Touring Car Championship dove è riuscito a togliersi più di qualche soddisfazione.
Lewis lo guarda correre, ancora oggi, e sorride. Una gioia condivisa che assomiglia a quella con cui a fine 2022 la squadra Mercedes è riuscita ad adattare il simulatore di Formula 1 alle esigenze di Nicolas per permettergli di provare il gusto della massima serie. "Per me lui è la vera ispirazione - ha detto il campione del fratello minore - è stato con me in ogni fase del mio percorso. E sono poche le persone che hanno creduto in me più di lui".
Le mani nelle mani, ancora una volta. Le difficoltà divise, le gioie moltiplicate. Una questione privata, personalissima. Di chi la conosce, di chi la capisce, e di nessun altro.