Quello di Jannik Sinner è uno sguardo che si perde nel momento. Si guarda in giro mentre coriandoli blu gli fluttuano attorno, cadendo lentamente. Il pubblico invoca il suo nome, un gesto d’affetto dagli italiani per un italiano, sommerso da un amore degno di pochi. Che ancora non ha terminato la stagione ma è sul campo dell’Inalpi Arena che Jannik mette un punto al suo 2024 sul circuito ATP, sotto lo sguardo adorante di una nazione che ama il tennis e che, grazie a lui, sembra amarlo un po’ di più.
Malaga attende il numero 1 al mondo ma è Torino che lo abbraccia più forte di tutti, è infatti la prima vittoria tricolore per Jannik Sinner che quest’anno non ha partecipato agli Internazionali di Roma e che ci teneva a regalare - e regalarsi - un risultato che sapesse di casa. Si celebra, come quell’ormai lontano 28 gennaio quando a Melbourne vinceva il suo primo Grande Slam. Come l’8 settembre a New York, palcoscenico del secondo Major in carriera. “C’è sempre margine di miglioramento”, dice, “A 23 anni non puoi essere già al 100%”, queste le parole di chi sa che ha fatto tanto ma che può dare ancora di più, che i colleghi iniziano a paragonarlo ai più grandi di sempre ma a lui questo non interessa. Ormai rappresentante di una nuova era tennistica, su Sinner c’è molto e poco da dire, dopo una stagione fatta di tanti primati e di altrettanta distintiva semplicità. Numerosi sono stati i traguardi: 2 Slam, 3 Masters 1000, 2 ATP 500, 65 vittorie e 6 sconfitte, numero 1 del ranking, vincitore del Six Kings Slam e delle ATP Finals. Poche invece sono le parole che riescono a definire un classe 2001 che dal tetto del mondo mantiene una compostezza che non smette mai di stupire.
Jannik volge il suo sguardo a Malaga, dove appena l’anno scorso si è aggiudicato la Davis assieme ai suoi compagni, un titolo a squadre che non vestiva azzurro dal 1976. Che battere per la prima volta sua maestà Novak Djokovic, quel 25 novembre 2023, era forse un preludio di quello che sarebbe stato l’anno a venire. E non si può che sperare, sognare che presto i cieli andalusi si tingano nuovamente di quello stesso colore a noi tanto caro. Come non farlo dopo la settimana appena trascorsa, senza mai cedere un set, dopo una domenica che lo ha visto scontrarsi – ancora una volta – con Taylor Fritz, che nulla ha potuto se non aggiudicarsi quattro giochi in ciascuno dei due set disputati, tale e quale a quanto accaduto nell’incontro del raggruppamento Ilie Nastase. Adriano Panatta in telecronaca dice “giocano, giocano e poi chi vince?”, una domanda retorica come a dire che c’è un filo rosso che unisce tutti gli avversari di Jannik Sinner da inizio anno a questa parte, come a dire che l’ultima parola è quasi sempre la sua.
Da numero 4 in classifica sul centrale degli Australian Open a Torino da numero 1, passando per l’Arthur Ashe, Jannik continua a rappresentare valori non scontati – umiltà, autenticità, perseveranza – e a far parlare la sua maestria. Lui che ora è ufficialmente ‘Maestro dei Maestri’ di un tennis che, un tempo, Maestro chiamava Roger Federer. Un tennis che tra una settimana saluterà Rafael Nadal e che riconosce quindi in Novak Djokovic l’ultimo dei Fab 4 ancora in circolazione. Sette anni, questa l’età di Jannik Sinner quando Nadal e Federer disputarono forse la partita più bella di tutti i tempi, la finale di Wimbledon del 2008. Aveva invece quattro anni quando Rafa lasciava il segno sulla terra rossa del Roland Garros per la prima di 14 volte e ancora dieci quando, nel 2011, iniziava il regno di Nole, intruso in una realtà sportiva che fino ad allora era divisa tra Spagna e Svizzera. Ecco che quella stessa realtà sportiva oggi sa tanto di Italia e si tinge di arancione per un ragazzino che lasciò San Candido e i suoi sci per giocare a tennis. Che quest’anno si è detto tanto di quel ragazzino che, nell’eccellenza del suo 2024, ha vissuto e tutt’ora vive in balia di sentenze che non hanno raggiunto una meta. Ma poco importa perché – in fin dei conti – Jannik si è guadagnato il rispetto di tutti, giocando. Così trascende i tribunali che ancora lo tengono sotto scacco, giocando. Fabio Fazio gli chiede “Ma tu ti vedi? Ti commuovi a vederti?” e lui risponde “Ma no, io gioco e basta, non penso”. E allora che continui a giocare che ad emozionarci ci pensiamo noi, che in Italia - finché c’è Jannik Sinner - giocare a tennis sembra non essere mai stato così bello.