Una stagione partita bene, seguita dalle difficoltà che hanno reso tutto più difficile, ma ciò non è bastato a fermare la furia di Max Verstappen che, nonostante una parte centrale di stagione da incubo, arriva a Las Vegas con la possibilità di fare “All-in”, di portarsi a casa il quarto titolo mondiale, forse quello più importante della propria carriera.
Sul titolo 2021 incombe lo spettro di Abu Dhabi, sui due successivi una monoposto nettamente superiore alle altre: tutti aspetti che, invece, lasciano spazio alla grandezza di Max in questo 2024, una stagione in cui, sebbene tutto potrebbe ancora essere clamorosamente rovesciato, il pilota olandese ha dimostrato perché merita di essere lui il campione del mondo.
Nell’arco dell’anno non c’è stata storia, sia quando la propria Red Bull dominava, come nelle prime due gare, in Cina o in Giappone, sia quando più che la monoposto campione del mondo sembrava guidasse una macchina da metà classifica. Qualche errore c’è stato, ma nulla che possa cancellare quanto di straordinario fatto.
Una stagione che potrebbe essere riassunta con la vittoria in Brasile, dopo che mancava sul gradino più alto del podio da ben 10 gare: sotto la pioggia battente di Interlagos, Max non ha rivali. Non conta la diciassettesima casella di partenza, le vicissitudini con la Fia o una macchina imprevedibile. Max abbassa la visiera e trasforma la rabbia manifestata dopo le qualifiche in qualcosa di maestoso, un’impresa laddove nel 2016 aveva mostrato al mondo intero, come se ce ne fosse bisogno, perché quel ragazzino di 18 anni aveva un qualcosa in più, non solo rispetto ai suoi coetanei. Qualcuno potrebbe affermare che nella rimonta la bandiera rossa lo abbia avvantaggiato, ma ciò non basta a sminuire la dimostrazione di forza messa in scena nei 71 giri di “Sao Paulo”.
Una vittoria festeggiata tra gli applausi dei suoi ragazzi, un gruppo che non ha certo vissuto vita facile: a inizio stagione c’era stato il “caso Horner” a tenere tutti sul fiato sospeso, poi gli addii di figure chiave come Adrian Newey e Jonathan Wheatley, ex direttore sportivo della squadra. Un anno in cui il “clan Verstappen” si è stretto più che mai, resistendo al corteggiamento della Mercedes e riponendo fiducia nella scuderia che negli anni ha fatto grande lo stesso Max, oltre che rinnovando la propria fiducia a Helmut Marko, soprattutto quando il superconsulente della scuderia era sull’orlo dell’addio.
Una stagione non da record come le precedenti, in cui però è stato lo stesso capace di scrivere la storia, laddove questa in passato era stata fatta, come ad Imola quando, al termine di una qualifica da capogiro, eguagliava Ayrton Senna per numero di pole position conquistate. Sceso dalla macchina era sorridente come poche volte accade, consapevole di aver fatto qualcosa di grande.
Las Vegas sarà l’ennesima opportunità di mettere nero su bianco la sua grandezza, con un primo match point che testimonia quanto perfetto sia stato, proprio quando le difficoltà ne hanno eclissato il dominio. In un’epoca in cui spesso si sottolinea quanto il mezzo tecnico possa fare la differenza, Max ha saputo smentire tutti: è stato ed è lui a fare la differenza, proprio come in passato hanno fatto i più grandi campioni.
Perfetto come non lo è stato Norris, l’avversario nella lotta al titolo che troppe volte ha sbagliato, tra partenze non azzeccate e indecisioni che lui e il team Mclaren hanno pagato caro, più e più volte, permettendo all’olandese di rimanere saldamente al comando della classifica piloti. Un appuntamento con la storia attende Max, forse il più importante di una carriera che, nonostante i suoi 27 anni, ha già dell’incredibile.