Io sono Maurizio Orelli, Ferrari Club Latina”. A parlare è un signore sui sessant’anni, un accento marcato del centro Italia. Sono al Marco Simoncelli di Misano, nella zona esterna del paddock in cui ci sono piscina e ristorante, dove è stato allestito un buffet e una generosa selezione di alcolici per l'open bar. Maurizio porta una maglietta con su disegnato Massimo Rivola e un eloquente cappellino nero su cui è stampata la scritta Rivola’s Boys. Gli chiedo come è arrivato all'Aprilia All Stars, lui comincia a sghignazzare mentre in sottofondo parte Another One Bites The Dust e la linea di basso scandisce le sue parole: “Noi facciamo parte del Fan Club. Quando lavorava in Ferrari, Massimo era il nostro presidente. Veniamo da fan club di tutta Italia”. Pom-pom-pom, poropom-popo-pom. “Quando Massimo è andato in Aprilia noi l’abbiamo seguito, perché è una persona straordinaria. E poi la vedi l’Aprilia? da quando c’è lui è salita. Come facevamo a lasciare una persona che vale così?”.
Freddy Mercury comincia a cantare e Maurizio Orelli è soddisfatto di aver raccontato questo pezzo della sua storia a un giornalista. A Misano succedono le cose, avrà pensato. Io, per lo meno, l'ho fatto. I Rivola’s Boys saranno una trentina di persone, tutte con la maglietta Super Massimo su di un’illustrazione di Giorgio Serra, in arte Matitaccia, altro punto d'incontro tra Aprilia e Ferrari. Di fatto, Massimo Rivola è l’unico direttore sportivo del motomondiale ad avere un suo fan club che lo segne alle corse in moto nonostante la passione per le auto. L'unico a cui è successo qualcosa di simile è Valentino Rossi. Capire il motivo di questo attaccamento non è troppo difficile: sono le nove di sera, tutti hanno allentato i nodi delle loro metaforiche cravatte - perché nonostante tutto nessuno si sognerebbe di portarne una davvero - e Rivola è lì, con i ragazzi del fan club ad ascoltare le loro storie, dedica loro tutto il tempo possibile. Quando i boys se ne vanno lui si mette a ballare, chiama Antonio Boselli che viene accolto dai coro Boss is on fire. Questa è la notte dell’Aprilia All Stars a Misano. Il giorno, in un modo o nell’altro, è stato una festa per chiunque: per i piloti, per gli appassionati, per chi ha organizzato l'evento e pure per i giornalisti invitati.
È tutto in pit lane
I mezzi portati da Noale a Misano sono ipnotici e affascinanti, staresti a guardarli per ore cercando di scoprire quanto sono studiati e ragionati. Per esempio: espansione e terminale di scarico di una moto a due tempi ricordano, senza grossi sforzi di fantasia, una lampada magica. Solo che per far uscire il genio devi girare la manopola del gas, dando dei colpetti secchi e decisi come fanno gli chef in televisione per saltare lo spaghetto alle vongole. Quando il genio esce tra sbuffi azzurri e profumo di miscela il desiderio è già stato esaudito: voglio una moto con più cavalli che peso, leggera come un risciò, svelta come una mitragliatrice d’assalto. È una due tempi da gara, anzi da mondiale, magari 250 o al limite 125, che di chili in questo caso ne pesa circa settanta. Tanto carbonio, sottilissime, carene dalle forme tonde che ti viene voglia di accarezzarle oppure schiaffeggiarle quando sono abbondanti come una RSW 250 dei primi Duemila. E poi ci sono le moto moderne, le quattro tempi che superano di slancio i 200 cavalli e un V4 che bombarda l'aria di scoppi cupi come una MotoGP. Onestamente suonano così bene che non fanno rimpiangere più di tanto i piccoli mostri a miscela.
L’Aprilia All Stars è una festa per i piloti perché possono guidare queste moto qui ed è una delle poche volte in cui li vedi realmente felici di essere a un evento: si scambiano i mezzi, le idee, le impressioni. Miguel Oliveira è quasi commosso. Mattia Pasini ha la faccia di uno che è tornato a casa dalla guerra e ritrova tutte le sue cose, fidanzata compresa. Quando porta in pista la sua, nello specifico la 250 del Team Toth che guidò nel 2009 col numero 75, ti accorgi del fatto che riesce ad andare più forte delle RSV4 guidate da altri piloti. Bello da vedere, bello da sentire. Attorno a questo andirivieni di piloti chiaramente è il delirio: moto che partono, altre che si scaldano, hotlaps seduti dietro a Max Biaggi, Lorenzo Savadori, Aleix Espargarò. Il premio stile lo vince Alex Gramigni, tuta viola con su scritto “Old ‘is’ Cool” e un Arai diviso da due grafiche entrambe spettacolari. Il Corsaro, invece, è ancora il più bello da vedere sulla moto, un pugile elegante.
Nel primo pomeriggio parte la gara che qualcuno ha battezzato Sprint Endurance: sprint perché di 11 giri, Endurance perché con partenza in stile Le Mans - quindi con corsa da un lato all’altro del circuito per prendere la moto - e due cambi pilota. I ragazzi vanno fortissimo: con una Aprilia RS 660 Extrema girano in 1’45 e Massimo Rivola è in paranoia perché sa che i piloti non corrono con l’idea delle buone abitudini o di negoziare. La parte più bella è quella del cambio pilota perché nel frattempo sono nel box con loro e mi gusto il rientro: non si levano neanche il casco, cominciano a guardare i tempi e a confrontarsi sulla guida, le sportellate, la gara che continua. Stanno in piedi a discutere ed è uno spettacolo bello almeno quanto la gara in sé, che viene vinta dalla coppia Oliveira-Capirossi. A funzionare bene di questa competizione è il fatto che si sono mescolati tutti: i piloti della MotoGP, quelli giovani come Simone Cavalieri e poi gente come Gramigni, Capirossi, Biaggi. C'era pure un giornalista, Stefano Cordara. Ognuno gira col suo stile, vanno tutti fortissimo. Ecco perché per loro è stata una festa.
I know, it's only Rock n' Roll
Magari è il metodo Rivola, magari le due tempi a disposizione, le belle RSV4, le RS 660 o l’ambiente, sta di fatto che i piloti si sentono parte di qualcosa in questo All Stars e così si dedicano più volentieri alla gente. Sono nel mondo che conoscono meglio di ogni altra cosa, ma senza le solite pressioni e così si comportano un po' come una rockstar che si lancia dal palco per fare stage diving: massimo contatto col pubblico per regalare un pezzo di te, calore umano. Tra questi fuoriclasse e la gente che è venuta a vederli non c’è più separazione. Così la MotoGP la puoi sentire suonare, puoi vederla da vicino, renderti conto, almeno un po', di come lavorano i meccanici. Se per un pilota guidare è un gioco che è diventato lavoro, in questo caso succede l’opposto: il lavoro diventa un gioco. In nessun altro caso puoi vedere gratuitamente tutta questa roba, farlo da così vicino e con attorno persone che hanno la tua stessa passione dentro. È, appunto, come un concerto.
Nel paddock di Misano ci sono persone di tutti i tipi: famiglie, appassionati, coppie, interi motoclub. Un tizio gira tra gli stand con un pappagallo sulle spalle, una ragazza si è vestita da catwoman. Sul palco al centro del paddock c’è Radio Deejay. Volano cappellini e magliette come succede sempre in questi casi, stavolta però vola (si fa per dire) anche una Aprilia RS 457, vinta da un incredulo ragazzo che ha partecipato a un concorso per cui bastava scannerizzare un QR Code. C'è la gamma completa in esposizione, ci sono pezzi pregiati come le moto di Valentino Rossi o di Loris Reggiani, un simulatore, i test ride. A raccontare una parte della giornata, tra gli altri, ritroviamo Antonio Boselli: presenta bene e intrattiene il pubblico, a testimonianza del fatto che non si è scordato di aver fatto il pit reporter per una vita. Se fai il giornalista in questo oceano di situazioni ed eventi grandi e piccoli ti ritrovi a correre come un pazzo, fai tutto di fretta con la speranza di non perderti niente. I piloti parlano due minuti - che è poco - ma sono molto disponibili: sanno di essere gli eroi di questa giornata ma pure che dovranno concedersi più del solito, di metterci un cucchiaio di gentilezza in più.
Sono con Max Temporali a guardare le moto come i vecchi che guardano i cantieri quando ci passa vicino un ragazzo con una Aprilia Tuono 1100 Factory del 2017: quella moto è un capolavoro, niente di meno. Arrow decat, 50.000 km e le tacche fatte col pennarello sugli steli della forcella per avere sia un assetto da strada che uno da pista. Lo tempesto di domande, lui racconta che sono un gruppo di 5 amici e che alla fine anche gli altri quattro si sono presi una Tuono. Per rafforzare il concetto l’accende. Le frequenze del V4 Aprilia sono le stesse della MotoGP che hanno appena finito di scaldarsi un paio di box più in là.
Per chiudere, la parata aperta a tutti. Tra le altre vediamo: una RSV 1000 R Haga, una SP, un gran numero di RS 250, qualche RS 125, le Aprilia RSV4 e Tuono, la Mana. E poi la Motò e gli SR, la Pegaso e la Tuareg, Shiver, Dorsoduro e chissà quanta altra roba. Le moto passano e con i colleghi le commentiamo rendendoci conto che ognuna, a modo suo, ha segnato un pezzetto della nostra storia, scandendo l’andare del tempo e dei nostri desideri, perché la moto che hai sognato in un determinato periodo racconta sempre un po' di quel pezzetto della tua vita. Vederle tutte insieme fa il suo effetto. L’obiettivo del prossimo anno, del prossimo Aprilia All Stars, è buttarsi lì, tra la gente che pascola per il circuito con un qualunque mezzo uscito fuori dagli stabilimenti di Noale. Che, ancora una volta, sta entrando di prepotenza nei sogni di chi vive il motociclismo.