Il numero di gara è una faccenda complicata. Quando mezzo secondo di distacco fa la differenza tra il primo ed il quattordicesimo posto, crederci diventa fondamentale. E avere il numero giusto, per un pilota, è una questione importantissima. Allo stesso tempo il proprio numero di gara è anche legato al merchandising, dalle magliette alle bandiere, motivo per cui Joan Mir non ha ancora deciso se correre col numero 1 o tenere il suo 36 per la prossima stagione.
Oggi chi arriva in MotoGP può scegliere un numero a piacere compreso tra il 2 ed il 99, fatta esclusione per quelli già scelti dagli altri piloti e da alcuni ritirati da Dorna. L’organizzatore infatti ha scelto di togliere alcuni numeri dalla griglia di partenza per dedicarli solamente a chi ne ha fatto un simbolo.
Il numero 58 di Marco Simoncelli non può essere più scelto dal fatidico incidente a Sepang 2011 a meno che sia la famiglia a darne il permesso. Ad oggi forse, l’unico che potrebbe convincere Paolo Simoncelli a liberare il numero del figlio è Tastu Suzuki, ma la strada verso la classe regina è ancora lunga per il giapponese.
Altro numero di gara ritirato da Dorna è il 69 di Nicky Hayden, scomparso durante un allenamento nel 2017. Il papà Earl, a sua volta pilota, disse che il 69 era il numero perfetto perché si sarebbe letto anche con la moto capovolta dopo un’incidente. Il Kentucky Kid, negli anni, ne ha fatto un marchio di fabbrica.
Ritirato in segno di rispetto anche il numero 74 di Daijiro Kato, morto a Suzuka nel 2003 in seguito ad un’incidente mai troppo chiaro che, per molti, è da imputare al ride-by-wire della sua Honda. Dorna ha poi ritirato altri due numeri dallo schieramento della classe regina: il 34 di Kevin Schwantz ed il 65 di Loris Capirossi. Numeri simbolo di una carriera, impossibili da vedere addosso ad un altro pilota.
Anche nella classe intermedia ne sono stati rimossi due: il 48 di Shoya Toimizawa dopo la tragica morte a Misano nel 2010 ed il 39 di Luis Salom, scomparso al GP di Catalunya nel 2016.
Poi ci sono altri numeri che, per quanto ufficialmente disponibili, nessuno si sognerebbe di mettere sulla carena. Pensiamo ad esempio al 27 di Casey Stoner, al 93 di Marc Marquez o al 46 di Valentino Rossi, marchi di fabbrica che ormai hanno il peso di un sigillo imperiale.
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