Ducati è sempre più lontana dal periodo nero del dopo Stoner, quando la moto era per pochi (o nessuno) e le giapponesi dominavano il motomondiale. Oggi dalle scrivanie più pesanti di Borgo Panigale gestiscono otto moto divise in quattro squadre e, se lo fanno, è anche perché offrono il miglior pacchetto sul mercato ai privati: la Desmosedici si lascia guidare da tutti, porta innovazione in MotoGP e continua ad avere un motore impressionante. Con il passaggio di Enea Bastianini al team interno, Ducati ha anche dimostrato di sapere gestire anche situazioni difficilissime, oltretutto senza rinunciare a Jorge Martín che correrà per Pramac con materiale ufficiale. Tanto che sia Marc Marquez che Fabio Quartararo stanno chiedendo una cosa soltanto ai rispettivi ingegneri: siate come Ducati. Più veloci e decisi, meno conservativi.
Tutto il contrario, a ben vedere, di quello che sta facendo KTM. Eppure gli austriaci sono vincitori seriali nel motorsport: KTM domina la Dakar, vince nel cross e detta legge in Moto3 e Moto2, oltre ad avere un title sponsor (Red Bull) che fa il bello e il cattivo tempo in Formula 1. Non solo, KTM ha anche messo in piedi la Red Bull Rookies Cup, l’unico campionato d’accesso al motomondiale patrocinato dalla Dorna, e corre nel mondiale con tre diversi brand, perché oltre a KTM ci sono anche GasGas e Husqvarna.
E allora perché in MotoGP fatica ad imporsi, alcuni piloti scappano e altri finiscono bruciati in fretta? Johann Zarco se n’è andato via sbattendo la porta, Iker Lecuona (più che veloce nel finale di stagione 2021) è stato spedito in SBK con Honda, Raul Fernandez ha fatto l’impossibile per andare in RNF con Aprilia e Miguel Oliveira ha appena rifiutato tre anni di contratto (roba rarissima in questa MotoGP) con il Team GasGas pur di trovare un’altra moto. A questo si aggiunge che Remy Gardner, campione del mondo nel 2021 in Moto2, è stato tagliato fuori dal progetto senza tanti complimenti, mentre Danilo Petrucci non è mai entrato in sintonia con la RC-16. Eppure KTM ha basi più che solide e un tester, Daniel Pedrosa, che continua a far crescere la moto, come ha dimostrato anche in Austria dove per tutto il weekend Binder e Oliveira si sono alternati nelle parti alte della classifica.
Di problemi KTM ne ha almeno un paio: il primo, che condivide con Ducati, è la necessità di vincere. Che tu sia l’ultimo dei meccanici, il pilota di punta o il team manager, la pressione è altissima. Se a Bologna è un discorso più o meno risolto (manca “solo” il titolo piloti) in Austria il lavoro da fare per piazzare una moto sul podio è ancora tanto, la moto in condizioni normali non vince. KTM deve migliorare, fare un salto in avanti e probabilmente, proprio come aveva fatto Ducati a suo tempo, abbandonare alcune soluzioni esclusive (come il telaio in parte tubolare e le sospensioni WP) per avvicinarsi al resto dei costruttori. Soprattutto però, avere una struttura così completa da permettere di tenere sotto contrato un pilota per vent’anni ha un rovescio della medaglia: c’è troppa scelta. KTM - lo sta facendo con Pedro Acosta - può permettersi di accompagnare un pilota dai suoi 15 anni fino all’apice della propria carriera in MotoGP. Questo costringe la casa a scegliere troppo e troppo spesso tra i suoi piloti, macinando talenti troppo in fretta anche per un ambiente veloce come la MotoGP. Difficile aspettarsi di più dalla coppia Gardner/Fernandez in tredici gare, eppure la lezione di Lecuona non sembra aver pagato. Prima o poi arriveranno con una moto vincente e lì, in quel momento, dovranno farsi trovare pronti.