Si chiama Behind the Dream: Marc ed è un piccolo documentario su Marc Marquez, filmato e montato da Mauro Talamonti di HRC. In otto minuti appena c’è tutto il suo lato più umano, quello che i piloti non mostrano mai. Quello che, in generale, mostrano soltanto le persone con poco da nascondere. Ecco perché Marc passerà alla storia come uno degli sportivi più grandi, controversi e appassionati di sempre, ultimo fenomeno di quel motociclismo in cui la gara è una soltanto e si corre la domenica. Che vinca un altro titolo, due o nessuno ormai non fa più differenza: è stato feroce, spietato, bravissimo. Ha inventato uno stile e ha dato spettacolo, ha ucciso i suoi idoli come urlano di fare nel punk. Gli mancava la simpatia del pubblico per stare lì, in alto, con Valentino Rossi, e se la sta costruendo da quel GP di Jerez nel 2020.
“Venerdì pomeriggio tornerò a casa per continuare con la riabilitazione”, dice Marc a inizio video, girato in Austria per i primi due giorni del GP. E poi aggiunge: “Me ne vado anche perché non voglio stare in circuito senza guidare la moto. Quando sei a casa hai comunque voglia di correre, ma puoi controllarla. Quando sei qui e senti il suono delle moto, vedi la tua squadra e la tua moto… Ti crea del nervosismo, qualcosa dentro. Perché alla fine è la tua moto. Anche se c’è il numero di Stefan Bradl è la tua moto".
Poi sale proprio su quella moto, in uno scatto che ha fatto il giro del mondo. Santi Hernandez lo vede, gli chiede che ne pensa. Marc dice che è perfetta, l’accarezza come fossero padre e figlia. Poi ride, quasi disperato, spiegando a uno dei suoi tecnici che non può parlare perché ha due microfoni addosso. “Il mio team è il mio bunker - spiega nell’intervista - Quando dico qualcosa di serio nella mia squadra sanno già che è un segreto. Con loro possono parlare di tutto e loro sanno di poter parlare con me o contro di me”.
C’è un passaggio, con Marc Marquez che si confronta con Pol Espargarò, in cui esce fuori tutto il turbamento che ha addosso: Pol gli dice che non puoi portare velocità in curva, Marc risponde di togliere freno motore giusto per capire. L’altro alza le spalle, “non si può fare, non ha senso, c’è troppa coppia”. Marc lo guarda dritto, non ci crede, sa che lui al posto di Espargarò saprebbe come fare. Come farla scorrere in fretta anche lì, in un modo o nell’altro. Che lui è nato per fare il pilota e l’altro no, o almeno non così, con quell’intuito che l’ha reso diverso anche in mezzo ai migliori. Stessa scena con Bradl, quando gli chiede se ha tempo di buttare giù una marcia nella variante. L’altro è fermo, seduto come un ragazzino tornato a casa con la media del 4, non risponde.
Marc continua a parlare: “C’è una grossa differenza tra la paura che puoi avere in un weekend di gara importante e quella che puoi avere per il tuo futuro. Voglio dire, in gara sai che finirà. Non ho mai avuto davvero paura, perché so di dare il mio 100% e che lunedì sarà un altro giorno. La paura del futuro è diversa. Due anni fa non mi importava. Pensavo che il mio corpo fosse fatto per guidare la moto. E pensavo che mi sarei preso sempre gli stessi rischi in pista. Sempre. È la mia mentalità e non posso guidare altrimenti. Ora però sono cambiato. Non ho più la stessa mentalità ed è diverso per tutti, trent’anni non sono venti”.
È inevitabile pensare a Valentino Rossi, in questo passaggio. Pensare che, tutto sommato, Marc lo ha capito Valentino, potrebbe anche chiedergli scusa per avergli portato via quel mondiale nel 2015. Ora che è lui il vecchio leone da accompagnare alla porta ed è lui che un altro titolo lo vuole soltanto per dire al mondo di essere riemerso dal buio. Lo voleva anche Rossi, in testa per tutta la stagione mentre gli dicevano che era troppo vecchio per correre. Il Marc Marquez di oggi, forse, non l’avrebbe fatto. E il Valentino di oggi, a guardare l’altro che soffre dal divano, forse finirebbe per abbracciarlo.
Il video chiude con una domanda: “Sogni ancora di vincere?”. Lui risponde dicendo che sogna di tornare in moto pensando a come fare la curva, non a quanto gli farà male il braccio in quella curva. Appena sotto, in cima ai commenti, si legge così: “Non sono mai stato un fan di Marc, per niente. Lo sono adesso. La sua determinazione è fenomenale. Non provo niente se non rispetto per lui”. Ed è il bello delle corse.