La quarta operazione al braccio è l’unica cosa che ha separato Marc Marquez dal ritiro. E, anche se tutto andasse per il meglio, il gigantesco elefante nella stanza sarebbe ancora lì, a fare le fontanelle con la proboscide incurante del caos che c’è attorno. Marc doveva provare a sistemarsi. Senza quest’ultimo tentativo, per sua stessa ammissione, sarebbe durato tre o quattro stagioni al massimo, correndo a mezzo servizio e lontano dal 9° titolo che lo porterebbe a parità con Valentino Rossi.
Un sogno per i suoi tifosi e, aggiungiamo, pure per la narrazione della MotoGP che è disperatamente alla ricerca di un antagonista, un re da buttare giù dal trono per proclamare il nuovo che avanza: batti Valentino Rossi? Sei il capo. Vinci senza essere passato su Marc Marquez? Sei un buon pilota. Lo sport chiede un successore e Marc è il primo a volerci essere nel pieno delle forze, con una moto che gira come vorrebbe e un braccio che lavora come quello degli altri. Il punto però è un altro. Tra una settimana il Cabroncito sarà in Austria a parlare coi giapponesi della Honda, tra meno di un mese - stando alle previsioni - guiderà la sua MotoGP nei test di Misano. E poi, per finire la stagione con le idee più chiare, correrà un paio di GP per togliersi parte dei dubbi che lo assaliranno durante la pausa invernale.
Tutto bene quindi? Neanche per sbaglio. Anche se nessuno sembra volerne parlare, il problema di Marc non è il braccio, è la diplopia. La vista sdoppiata che dieci anni fa gli ha fatto perdere un mondiale tornata ad infastidirlo sia nel 2021 che nel 2022. Nel primo caso Marquez aveva appeno vinto a Misano, mentre Quartararo si prendeva il primo titolo mondiale e Bagnaia finiva nelle vie di fuga pieno di polvere e rimorsi: Marc prende una botta con la moto da cross, torna a casa e vede doppio. È mistero prima e dramma sportivo poi. Poi cade ancora a Mandalika quest’anno, mentre secondo tutto il mondo delle corse è in piena lotta per il mondiale. Marc prende un aereo per tornare a casa e vede doppio. La diplopia non si può curare, perché con un nervo puoi fare pochissimo: l’operazione è un rimedio a metà, la riabilitazione è fatta di attese e la prevenzione - se corri in moto a 360 Km/h - è una barzelletta.
Ora, mentre sta recuperando per l’ennesima volta, tutti lo osservano come fosse Russell Crowe nel Gladiatore che si presenta al Colosseo: torno a prendermi quello che era mio. Il bello delle corse, insomma. Ma, con una punta di realismo e amarezza, dobbiamo pensare che non sarà così: Marc Marquez può tornare a correre, ma non può farsi male. Può allenarsi, ma non spingere al limite. È l’uomo con l’occhio di cristallo, troppo fragile per prendersi ancora i rischi che l’hanno reso insuperabile. Magari sarà fortunato e continuerà a correre senza trovarsi con la vista sdoppiata e la morte nel cuore, ma ci dovrà pensare. E sono pensieri, questi, che nel migliore dei casi si misurano in decimi al giro.