"Mig mi vedi un po' stanco oggi, arrivo da una session di Call Of Duty con Nelli (Niccolò Antonelli, ndr) e Fulazzi (Federico Fuligni, ndr) in cui mi hanno cotto". La seconda puntata di Mig Babol, il nuovo podcast sulla MotoGP firmato Andrea Migno e Filippo Carloni, non delude. Anzi è talmente spassosa che sessanta minuti volano via così, senza che te ne accorga. Si intitola "Persi nel deserto con Nicolò Bulega". L'ospite - ovviamente - è il campione del mondo della Supersport e attuale pilota Ducati Aruba in SBK. Il racconto clou dell'episodio fa riferimento probabilmente al mese di marzo del 2016, quando Nicolò nella settimana di pausa tra i test di Lusail e la gara inaugurale del Mondiale Moto3, rimase bloccato e disperso in cima ad una delle migliaia di dune del deserto del Qatar. Seduto accanto a lui, a bordo di un buggy, Marco Caccianiga, allora tecnico del Team Sky VR46. "Quando avevamo preso questo buggy - spiega il classe 1999 di Taneto di Gattatico - ci avevano raccomandato di stare vicini e tornare alla base entro un certo orario. Io sono partito e sono andato dritto per un po', ma lì c'è questo problema che il vento cambia la forma delle dune e per tornare non riesci più ad orientarti. Ad un certo punto, mentre la sera cala e inizia a far freddo, il buggy si arena in cima ad una duna; più davo gas e più sta macchina si affossava. Marco quasi piangeva, io non ero proprio rilassato. Anche perché avevamo solo il costume; eravamo partiti senza telefono, senza niente. Siamo scesi a piedi dalla duna e abbiamo chiesto aiuto ad un villaggio di beduini, convincendoli che poi gli avremmo dato in cambio qualche pacchetto di sigarette. Fatto sta che loro provano a rimorchiarci con un quad, ma il cavo si spezza. Ad un certo punto passa un elicottero che dall'alto ci sfanala, come se fossimo in Call Of Duty. I mandanti erano mio padre, Uccio e Pablo Nieto, che ci hanno salvati così".
"Insomma, un tranquillo pomeriggio al mare a Doha", commenta Migno soffocando il sorriso. Andrea, mentre Nicolò racconta, sembra sempre sul punto di scoppiare a ridere. Nella mente di Mig, che in quegli anni era compagno di squadra di Bulega nel Team Sky, riafforano ricordi di bravate e trasferte pazze. Riavvolgono insieme il nastro di retroscena che coinvolgono anche Pecco Bagnaia, Stefano Manzi e Federico Fuligni ("perché il gruppo alla fine era quello"), ed è uno spasso: "La Spa a Motegi 2016 con Pecco e Manzi? La tipa ci voleva fare entrare senza costume - rammenta Nicolò - 'no pants' diceva. Noi ovviamente non l'abbiamo ascoltata. Poi c'era una vasca lunga quindici metri, abbiamo rovesciato dentro un bel po' di sapone. Dopo cinque secondi si era creato un notevole strato di schiuma. Pecco probabilmente se n'era già andato in camera, terrorizzato sotto le coperte. Se Pecco verrà qui al podcast gli dovrai chiedere di quando l'ho preso al volo in macchina. Era il periodo in cui forse lui era nel Team Italia dormiva da me. Comunque siamo partiti con questa macchinina che aveva la portiera destra rotta, che si apriva quando facevo le curve a sinistra. Pecco forse era la telefono e non si aspettava sta cosa della portiera. Allora io faccio la curva, si apre la portiera e vedo Pecco con la spalla alla deriva sulla portiera. D'istinto mi è venuto da prenderlo per il braccio". L'extra pista si mescola poi ai ricordi agonostici di quel 2016, stagione d'esordio nel Motomondiale per Bulega che, dopo aver vinto qualsiasi campionato juniores, non aveva deluso le aspettative al primo anno tra i 'grandi': "Nel 2016 mi sono girate le scatole, perché potevo far terzo a fine campionato e giocarmi il rookie of the year con Diggia e Mir. Avevo un sacco di punti di vantaggio, ma Quartararo mi ha steso in Australia, Martín mi ha steso a Sepang e mi sono rotto l'acromion claveare. A Valencia sono arrivato che non riuscivo nemmeno a stare in carena. Ho fatto dodicesimo e Mir e Diggia mi hanno fregato".
Poi Migno e Carloni hanno cercato di approfondire i motivi delle difficoltà di Bulega in Moto2. Nicolò ha raccontato quello che lui chiama "primo declino" con un'incredibile trasparenza: "Fino al Mondiale i campionati minori li avevo vinti tutti. Poi quando contava ho cominciato ad andare un c***o (ride). Dal 2018 è cominciato il mio trend negativo. Quando uno sportivo non raggiunge i suoi risultati è dura. Io in quel momento facevo una vita di m***a anche a casa. Anche di andare a magiare la pizza con la morosa non avevo voglia, perché tornavo dalle gare che avevo fatto molto male e tutto diventato pesante. È arrivato un momento in cui ho dovuto guardarmi allo specchio e dire 'o tiri fuori i co**ioni oppure è meglio che cominci a fare qualcos'altro nella vita'. Ad un certo punto partivo per le gare della Moto2 che non avevo neanche voglia, perché reagire in quel momento lì era davvero difficile.La Moto2 è difficilissima; le gomme sono difficili da capire, per me ad esempio sono state un grosso problema. Io in moto sono molto instintivo, la velocità in Moto2 l'avevo, ma con quelle gomme non riuscivo ad essere istintivo. Se sei abituato alle gomme della Moto3, poi passi alla Moto2 le gomme ti richiedono una guida completamente diversa, e lì cambiare è difficile".
Dal declino si è velocemnte passati alla rinascita, che ha coinciso col passaggio di Nicolò in Supersport nel 2022. Dopo un'ottima prima stagione di adattamento alla Ducati Panigale V2, un titolo mondiale in cui Nicolò - con 16 vittorie su 22 gare - ha letteralmente dominato: "Già solo andare in Supersport, cambiare paddock e non vedere più certe persone di cui non mi fidavo più mi ha aiutato tanto. È come se fossi ripartito da zero lì, dove ho notate da subito che sono tutti più rilassati. Per esempio quando vai a fare i test in Moto2 o Moto3 non si fa neanche la pausa pranzo, se ti fermi trenta secondi di troppo sei bruciato. Nel paddock della SBK le cose si fanno bene ma c'è molta più flessibilità nelle piccole cose. Tra il 2022 e il 2023 ho cercato di fare cose che non avevo mai fatto, curando la preparazione senza trascurare nulla. Mi sono imposto di giocarmi il titolo mondiale per il 2023, questo mentalmente mi ha aiutato. Mi ricordo quell'inverno di essermi messo in testa di vincere, senza mezze misure. Mi sono accorto anche che le condizioni erano buone, perché vedevo che le persone del team credevano in me, poi come ho detto mi sono dato da fare e il risultato è arrivato".
Un riscatto che è valso a Nicolò la sella della Ducati ufficiale in Superbike, accanto al due volte campione del mondo Alvaro Bautista. Al momento Bulega è terzo nel mondiale SBK, con una vittoria e tre podi già all'attivo: "Il passaggio in SBK non era scontato, perché ho dovuto abituarmi all'elettronica, che in Moto3 Moto2 o Supersport è praticamente assente. Invece i test sono andati alla grande, e quando parti così bene le aspettative si alzano. Io durante l'inverno pensavo che se in questo primo anno avessi chiuso tra i primi otto sarebbe stato un buon lavoro. Il problema è che sono partito e alla prima gara ho vinto, e ad Assen che ho fatto un weekend leggermente sottotono, sono tornato a casa che ero un po' inca***to. In ogni caso è un periodo che sono abbastanza tranquillo. Dopo un po' di anni a mangiare m***a sento che sono tornato a divertirmi in moto, che è la cosa fondamentale, perché nel motociclismo per me l'80% lo fa la testa. Se ti diverti e pensi solo a guidare la moto prima o poi i risultati arrivano. Se ho pensato al ritorno in MotoGP? Guardando certi piloti che oggi vanno forte lì e ripensando a quando ero più piccolo che me la giocavo con loro, mi viene naturale pensare alla possibilità di riprovare. Però poi penso anche che oggi sono in una situazione molto bella, forse non sono mai trovato così bene nella mia carriera. Quindi per cambiare un'altra volta ci dovrebbe essere un qualcosa che non mi aspetto, tipo un'offerta strabiliante in MotoGP".