Sebastian Vettel corre nella notte del sabato di Abu Dhabi ed è felice. Come potrebbe non esserlo? I compagni di griglia hanno messo in un angolo antipatie e rivalità e hanno organizzato una cena speciale in suo onore. Il comitato piloti ha festeggiato il ritiro del loro presidente che, per anni, si è battuto per imporre la volontà di tutti, dimostrandosi sempre un leader davanti alle difficoltà, e tutta Abu Dhabi sembra essere lì per lui, per il suo grande saluto al mondo della Formula 1. Fernando Alonso, il terribile Fernando Alonso, ha detto che al via dell'ultima gara dell'amico tedesco "si prenderà cura di lui", cercherà di aiutarlo a completare i suoi ultimi chilometri da pilota di Formula 1 per poterlo celebrare a fine Gran Premio così come Sebastian, al primo ritiro di Alonso, ha fatto con lui.
E allora corre Vettel, in una marcia di abbracci e saluti organizzata nel sabato post qualifiche, corre ed è felice perché è così che doveva andare. Con papà Norbert emozionato, con una famiglia che lo aspetta a casa, ad iniziare un nuovo capitolo insieme, con un successo che è valso le fatiche di tutta la vita. Corre e non potrebbe chiedere una storia diversa da quella che ha avuto, che si è costruito, che è riuscito a portare avanti nonostante le delusioni.
Sa che sta mettendo un punto là dove, dietro di lui, in molti non hanno potuto metterlo. Perché non è l'unico che mancherà allo scattare dei semafori del 2023 in griglia di partenza ma è l'unico ad averlo scelto, ad aver chiuso il cerchio, ad aver detto che il momento dei saluti è arrivato. Non c'è una marcia, una cena, un premio per chi alle sue spalle soffre della stessa malinconia.
Daniel Ricciardo che da promessa della Formula 1 si è trasformato nell'ombra del pilota che è stato: licenziato in anticipo, sostituito da un nuovo pupillo australiano del motorsport, improvvisamente senza sedile, senza una squadra, costretto a tornare - nel ruolo di terzo pilota - là dove se n'era andato al grido di "non sono un secondo pilota". Non saluta nessuno, Daniel. Non celebra la sua carriera perché è convinto che tornerà in pista: "Nel 2024 sarò di nuovo qui" continua a ripetere ossessivamente, convincendo sé stesso prima degli altri. Non ha una marcia, non ha una cena, non ha un padre che balla, e fa regali, e lo abbraccia celebrando il tempo e la fatica che lo ha portato fin qui.
Mick Schumacher che per la Formula 1 ha lottato tutta la vita, che ha vinto il campionato di Formula 2, che ha firmato con la Ferrari Driver Academy, che ha sopportato il peso di un cognome che, dio solo sa quante volte glielo avranno ripetuto, è il motivo del suo successo, della sua notorietà, probabilmente della sua stessa presenza nella massima serie. Mick che quel sogno lo ha vissuto per soli due anni, uno dei quali ricacciato nel fondo assoluto di una classifica che vedeva la Haas infinitamente lontana dagli avversari. Mick che ha sbagliato tanto nel momento in cui non avrebbe dovuto sbagliare niente e che oggi, a soli 23 anni, vede la sua carriera in Formula 1 già finita. Non saluta, neanche lui. Non accetta la sconfitta, non è pronto a dire basta. "Tornerò nel 2024, devo solo avere pazienza" un mantra ripetuto fino alla convinzione.
Nicholas Latifi sembra l'unico consapevole che lì, tra i 20 più veloci al mondo, non tornerà. La sua è la parabola di un pilota pagante, di un ragazzo il cui talento non è neanche mai stato messo sotto la lente di ingrandimento. Uno di quei piloti, pochi nella storia di questo sport, che ha segnato un mondiale, due vite e centinaia di migliaia di critiche, senza volerlo. Sa, guardandosi indietro, che tutti si ricorderanno di lui per l'aver deciso senza volerlo il mondiale del 2021 con un incidente ad Abu Dhabi. Sa di averne una responsabilità, sa che quello che è successo quel giorno gli è tornato indietro nella forma degli insulti, le minacce di morte, l'ansia di una vita che non avrebbe mai pensato di poter provare. Lascia da sconfitto, da dimenticabile, Nicholas Latifi. E anche lui, come Sebastian, meriterebbe un abbraccio.
Daniel, Mick, Nick. Tutti loro in una domenica che parlerà di successi altrui meriterebbero la carezza di una consolazione. Loro che per arrivare tra quei venti hanno lavorato fin da piccolissimi, hanno fatto rinunce, hanno accettato il peso del pregiudizio, l'antipatia, le critiche mondiali e le minacce. Loro che dentro la Formula 1 pensavano di poter cambiare le regole, che arrivati fin lì volevano tutto, che non avrebbero mai immaginato sarebbe andata così.
Loro che guardano la gioia di Vettel, la commozione di una leggenda che lascia, e sanno di non poter tendere a quella leggerezza. A loro, loro che i più grandi non lo sono stati mai, la carezza di un pensiero.