Niente da fare, ci siamo giocati un altro anno. La speranza di una stagione buona, di un’annata iniziata finalmente, dopo tanto, per una volta, con il piede giusto, è durata il tempo di una mezza sessione di test. Dopo il “risveglio muscolare” di mercoledì mattina, sembrava che almeno una gioia sto 2020 potesse darcela: Valentino Rossi di nuovo competitivo. Invece niente. I tre decimi e qualcosa che facevano tanto “ho tutto sotto controllo”, sono diventati un secondo e mezzo, a fine giornata. Ok, ok, ci siamo ripetuti: ha girato con le gomme usate, si pensa alla gara qui, mica a vincere la coppa del nonno. Speriamo, ci siamo detti.
E invece niente: stessa spiaggia, stessa Jerez, stessi problemi. Le prime qualifiche di questa nuova disastrata stagione ci restituiscono sempre il solito film: Valentino fa una fatica del diavolo. Non ha grip al posteriore. Non ce l’ha in ingresso (sembrava, almeno, ieri), non riesce a fermare la moto, ma non ha grip neppure in uscita. E la nuova gomma portata da Michelin per il retrotreno - la stessa che per i piloti Honda ha invece troppo grip, tanto da mettere in crisi l’anteriore - non ha risolto un beneamato. Eh ma sai è la Yamaha. No. In testa alla classifica dei tempi c’è uno che sulla Yamaha di quest’anno dice pure di fare fatica. Seconda? Un’altra Yamaha.
Pure Taramasso ha mollato definitivamente Rossi, affermando fuori dai denti che è un problema di stile di guida. Valentino si sporge poco e scalda troppo la gomma. E se state pensando che le nostre siano considerazioni parziali, di un osservatore parziale, che insomma ma chi l’ha detto che Valentino deve vincere, che questo è tifo, e che vergogna signora mia non ci sono più i giornali di una volta, la risposta è: sì, sono i discorsi di uno che, il signor Valentino Rossi da Tavullia, lo tifa da quando sognava di comprarsi un Aprilia SR 50 coi colori di Harada. Ce dovete sta’. Io Valentino vorrei che vincesse tutte le domeniche, e parlo a titolo personale, e vi sfido a sostenere che le considerazioni mie e di questo giornale sulla MotoGP possano essere meno intellettualmente oneste per questo motivo. Anzi, più onesti di così si muore. E allora perché questa precisazione? Perché è con il cuore dell’innamorato tradito che prendo drammaticamente atto che quella che ci attende è l’ennesima stagione di italianissima estrema sofferenza e che malauguratamente, nonostante le tesi dei complottisti, anche quest’anno sarà un nulla di fatto sul fronte tituli. Che fatica. Domanda: possiamo, una volta nella vita, una stagione ogni tanto, in uno sport tra i vari, vincere agiatamente e serenamente? Possiamo chiudere tutto nel primo tempo con un quattro a zero e tutti a casa alè? Possiamo non soffrire, per piacere? Niente. Certo, la speranza di essere contraddetto domani in gara, o sul prossimo tracciato, la speranza di un Rossi in grande spolvero quando le chiacchiere stanno a zero (“perché lui in gara ha sempre quel qualcosa in più”), quel sogno lì non si spegnerà mai. Ma l’impressione di avere a che fare con la solita nazionale che annaspa nella metà del suo campo, con la solita Ferrari che quando è il momento di farcela non ce la fa mai, purtroppo, è molto probabile sia confermata. E allora viene da chiedersi: altroché 2021, Valentino, che senso ha continuare così?