Ci si odia, in pista ci si prenderebbe a sportellate un metro sì e l’altro pure, ma poi, giù dalle moto, il primo avversario è sempre anche il collega più rispettato. Perché, volendo o non volendo, chi ti da più filo da torcere è anche chi ti insegna di più, alzando il livello della competizione e aiutandoti (pur non volendo) a crescere e migliorare. Funziona così nella vita e funziona così, ancora di più, pure nel motorsport e quindi nelle corse in moto. Non è un caso se le storiche rivalità si sono trasformate spesso in grandi amicizie, come ad esempio quella tra Fogarty e Chili che erano arrivati pure alle mani quando correvano, o, se non in amicizie, in continue attestazioni di stima. Se intervisti Lucchinelli, ad esempio, finisce sempre per parlarti di Uncini: non si piacevano, probabilmente non sono neanche mai diventati veri amici, ma sono stati un riferimento continuo e costante l’uno per l’altro. Di esempi se ne potrebbero fare a decine, tutti uguali pur cambiando i nomi dei protagonisti e non solo nelle due ruote. Indimenticabile, in quel maledetto primo maggio del 1994, quel “Alain mi manchi” tributato da Ayrton Senna a Alain Prost, nonostante “l’odio sportivo” che li aveva divisi fin lì.
E’ un fenomeno noto, rimasto comune negli anni nel motorsport e che diventa evidente quando i campioni che se le sono date di santa ragione tra i cordoli iniziano ad appendere il casco al chiodo. O a pensare di farlo. Ecco perché in tanti, in questi giorni che potrebbero precedere l’annuncio dell’addio alle corse di Valentino Rossi, in tanti sono andati a cercare i suoi rivali più agguerriti per sapere cosa avessero da dire. E non sono mancate le sorprese. “Valentino ed io non siamo mai diventati amici – ha detto Max Biaggi in una recente intervista a Motosprint – tutto tra noi è come prima. Eravamo duellanti, antagonisti della stessa nazionalità. Lontano dalle piste, negli anni, quando rivedo quei momenti provo nostalgia. E ho letto che succede la stessa cosa a Rossi quando parla dei nostri duelli. È stato tutto così intenso, nel bene e nel male, che te lo ricordi per tutta la vita”. Rimpiange le battaglie con Vale e rimpiange pure un motociclismo in cui i piloti erano i protagonisti veri: “Adesso le moto sono così evolute, c’è così tanta elettronica, che il fattore umano conta di meno”.
Rivali ancora, quindi, come li ha voluti la storia e come, in qualche modo, li vogliono ancora oggi gli appassionati. Un dualismo, Rossi e Biaggi, ben diverso, invece da quello del tavulliese con Jorge Lorenzo. Tra i due è sempre corsa grande stima per le cose fatte in pista e nessuno dei due ha mai nascosto che, in fondo in fondo, si volevano anche bene. “Nel 2012 avrei potuto chiudere le porte della Yamaha a Valentino e forse lo avrei indotto al ritiro – ha detto Lorenzo – Non lo ho fatto perché è un grandissimo pilota. E’ grandioso quello che ha fatto ed è incredibile quello che fa oggi a 42 anni e l’entusiasmo che riesce a metterci. Credo che deciderà di smettere, ma se dovesse prolungare la sua carriera, con la Ducati del suo team, sarebbe una bella sorpresa”. Un concetto che, seppur con parole diverse e con un senso della rivalità ancora spiccato, ha espresso anche Casey Stoner in una recente intervista. L’australiano ha definito “triste” vedere Rossi così indietro: “Quando correvo contro Valentino lui era un vincente, un killer, faceva di tutto per vincere le gare. Ora, invece, una top 5 o un podio sono come una vittoria per lui, e questo per me è triste. Se sente di avere ancora velocità e di avere ancora qualcosa da dare a questo sport, però, farebbe bene ad andare avanti”.
Una sorta di onore delle armi, che non è quello che si concede agli sconfitti, ma a chi ha combattuto al punto di diventare l’avversario di riferimento. Un ruolo che per un pilota in particolare, però, non è mai stato occupato da Valentino Rossi. Marc Marquez, infatti, lo ha detto chiaramente, ignorando il tavulliese quando gli è stato chiesto di indicare gli avversari che gli hanno dato maggior filo da torcere e che, di conseguenza, gli hanno insegnato di più: ““Sono stati Dani Pedrosa e Jorge Lorenzo . Quando sono arrivato in MotoGP nel 2013 e nel 2014 erano i due che andavano più veloci ed erano rivali duri dove c'erano gare in cui dicevi: 'Come fanno?' Poi anche in 125 ho imparato molto da Nico Terol e in Moto 2 ho fatto grandi duelli con Pol Espargarò , ma i due che mi hanno segnato di più sono stati Pedrosa e Lorenzo”.