Sono passati praticamente dieci anni da quella domenica di aprile in cui Valentino Rossi recuperò quattro secondi e tre decimi a Marc Marquez in dieci giri. Eppure, come si dice in questi casi, sembra ieri: Rossi in Argentina scatta dall'ottava casella con una Bridgestone extra-hard al posteriore che gli aveva dato ottimi segnali nelle FP4 del sabato, tutti gli altri scelgono la hard al posteriore. Marquez, dalla pole, si mette subito in fuga, mentre la M1 numero 46 innesca strani pompaggi in uscita di curva e annaspa negli scarichi di Dovizioso, Iannone, Crutchlow e della gemella guidata da Jorge Lorenzo. Poi all'ottavo giro Valentino fa un click, sorpassa questi quattro piloti in successione nella staccata di curva sei, e si mette in modalità bavetta da rimonta portandosi dietro la Ducati del Dovi, primissima creatura di Gigi Dall'Igna. La missione è impossibile ma diventa sempre più probabile curva dopo curva, settore dopo settore, con le grafiche mandate in sovrimpressione da Dorna che illuminano costantemente di verde la sigla Ros: Il 46 non smette di rosicchiare decimi e al ventesimo giro batte il giro veloce della gara (1'39"071) che Marc aveva fatto registrare al secondo passaggio. È un 1'39"019 che suona bene, che incanta i tifosi argentini ammassati sulle tribune, che manda in estati i telecronisti di mezzo mondo ("A masterclass of the master of MotoGP racing", dirà in quel momento l'inglese Nick Harris), che in un colpo solo porta Rossi dai due secondi di distacco al secondo e due da Marquez. Lì ci credono tutti: "È incredibile, ce la sta facendo, a 36 anni". Il finale thrilling di quella gara, risaputamente, è passato alla storia più della battaglia cronologica e gommistica che l'ha preceduto.
A dieci anni di distanza, non restano solo i recordi e le emozioni correlate a quei giri così palpitanti e tensivi che sembrarono opera di uno sceneggiatore professionista, ma resiste un qualcosa di ancor più tangibile: quell'1'39"019 è ancora oggi il record della pista in gara della MotoGP a Termas de Rio Hondo. Si tratta di un dato impensabile se si considera l'evoluzione tecnologica delle MotoGP odierne, che ormai approdano su una qualsiasi pista e spesso dilaniano i record risalenti all'anno precedente. Invece in Argentina tiene botta il giro magico di Valentino Rossi a fine corsa, spremuto da quelle Bridgestone extra-hard cerchiate di giallo che parevano non consumarsi mai, che forse erano fatte di cemento armato misto a gasolio. Nel corso del tempo Matteo Flamigni si è lasciato sfuggire una piccola confessione a riguardo, svelando che al sabato sera lui, Rossi e Silvano Galbusera dopo una qualifica da terza fila si dissero: "Se domani c'è la temperatura per correre con la extra-hard, vinciamo noi". Promessa mantenuta.

Eppure oggi, giorno in cui la MotoGP rimette le ruote sull'asfalto di Termas, la domanda è d'obbligo: "Com'è possibile che quel record non sia mai stato abbattuto?". Per onor di cronaca va sottolineato come non solo il record in gara appartenga a quell'epoca della MotoGP, visto che il record assoluto della pista resta quello siglato da Marc Marquez nelle qualifiche del 2014 - 1'37"683 - sfiorato solamente dalla pole di Aleix Espargaró nel 2022, appena cinque millesimi più lenta. Davvero? Sì, e i conti si fanno piuttosto presto: nel 2016 Michelin al debutto dovette imporre una gara flag to flag dopo il desciappamento della gomma posteriore di Jack Miller nel venerdì di libere, nel 2017 l'asfalto si presentò in condizioni pessime (Termas viene spesso utilizzata e "bucata" dalle gare di macchine e camion), nel 2018 i benefici della riasfaltatura vennero compromessi da qualifiche e gara semi-bagnate, nel 2019 il weekend cominciò su una pista sporchissima che le piogge notturne non aiutarono a pulire, nel 2020 e 2021 il Gran Premio d'Argentina non si disputò causa Covid, nel 2022 Aleix Espargarò fece registrare un interessante ma non sufficiente 1'39"375 in gara, nel 2023 Marco Bezzecchi si avvalse delle condizioni full wet per imporre il suo dominio, nel 2024 Termas de Rio Hondo restò fuori dal calendario della MotoGP dopo i tagli alle spese designati dal neo-eletto Javier Milei.
Eccoci qui allora; anno del Signore 2025, Gran Premio dell'Argentina, record sul giro e in gara risalenti ad almeno dieci anni fa. La sensazione è che, a meno di bizze metereologiche, l'1'39"019 che ha cambiato la storia della MotoGP e della rivalità tra Rossi e Marquez potrebbe cedere il passo ad un tempo più veloce. Dipenderà tutto dalle condizioni della pista e - banale dirlo - dall'adattamento delle attuali gomme Michelin su un asfalto che non viene calcato da due stagioni. Sembra uno scherzo del destino che la notizia della settimana riguardi gli pneumatici: dal 2027 la MotoGP, così come SBK, Moto2 e Moto3, sarà gommata esclusivamente Pirelli. Proprio a fine 2015 la top class subì l'ultimo cambiamento dell'azienda fornitrice unica di pneumatici, con Bridgestone che lasciò spazio a Michelin. Dei piloti presenti in pista all'epoca, resta solo Marc Marquez, che storce il naso al pensiero di una nuova transizione gommistica: "Da pilota non mi piace cambiare. Non mi riferisco al passaggio da Michelin a Pirelli, che sono sicuro saranno delle ottime gomme. Il fatto è che questo cambiamento necessita di un periodo di adattamento per i costruttori e per i piloti, che devono adeguare lo stile di guida. Ricordo che quando arrivò Michelin ci furono delle strade cadute, e noi non capivamo il perché. Da pilota quindi non è una cosa che mi piace, ma è una decisione del campionato e dobbiamo ringraziare Michelin per l'ottimo modo in cui hanno sviluppato le gomme, che adesso hanno un'ottima performance". Nel frattempo, prima di pensare alla nuova era della MotoGP targata Pirelli, Marc Marquez si prepara per strappare alla Bridgestone i record di Termas de Rio Hondo e consegnarli a Michelin, che a quel punto ringrazierà lui.