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Verstappen come Ayrton Senna, ha ragione Chinchero: il 2025 di Super Max è la prova di cos’è diventato l’olandese, sempre più una leggenda di questa Formula 1

  • di Luca Vaccaro Luca Vaccaro

  • Foto di copertina: Red Bull Content Pool

7 dicembre 2025

Verstappen come Ayrton Senna, ha ragione Chinchero: il 2025 di Super Max è la prova di cos’è diventato l’olandese, sempre più una leggenda di questa Formula 1
Il 2025 di Verstappen è stato un anno folle, clamoroso. Ad Abu Dhabi il Mondiale è sfumato per soli due punti a favore di Norris, ma non c’è più dubbio: nonostante la mancata impresa, Max è sempre più una leggenda di questo sport. E ha ragione Roberto Chinchero quando, commentando l’anno dell’olandese, lo paragona al 1993 di Ayrton Senna

Foto di copertina: Red Bull Content Pool

di Luca Vaccaro Luca Vaccaro

Ha dato tutto, fino alla fine, ma non è bastato. Eppure, al termine del 2025 di Max Verstappen, non ci sono più dubbi: l’olandese è sempre più una leggenda di questo sport, al pari dei più grandi. Lo ha dimostrato ancora una volta a suon di magie, di vittorie che hanno reso possibile l’impossibile, credendo in una rimonta che in pochissimi avrebbero potuto realizzare. Al termine del quindicesimo Gran Premio stagionale, a Zandvoort, Max pagava 104 punti di distacco da Oscar Piastri, in quel momento leader della classifica; nove gare dopo, sotto la bandiera a scacchi di Abu Dhabi, quel Mondiale che sembrava una pratica già scritta è sfumato per soli due punti, a favore di Lando Norris. 

Vincere sarebbe stata l’impresa delle imprese, ma poco importa. Dopo una stagione del genere, che piaccia o meno, Max Verstappen è entrato ancor più di diritto nel club delle leggende, quei mostri sacri che hanno scritto la storia della Formula 1. E ha ragione Roberto Chinchero quando, commentando l’annata dell’olandese, la paragona a quella del 1993 di Ayrton Senna: un anno passato a rincorrere una Williams imprendibile per tutti gli altri, ma non per lui. Cinque vittorie, un’infinità di magie - tra cui quel primo giro indescrivibile a Donington, rinominato Il Giro degli Dei - e un titolo di vice-campione del Mondo dietro cui c’è molto di più.

Ayrton Senna a Donington
Ayrton Senna a Donington, nel 1993. Ansa

Stagioni che lasciano il segno, forse più di quando al termine dell’anno si alza la coppa del campione. Perché se combatti contro il rivale più forte, e non di poco, addirittura rimontando e sfiorando il Mondiale, non può essere altrimenti. Ayrton c’era riuscito sfidando Alain Prost e la sua FW15C, una macchina di un altro mondo, Max lo ha fatto inseguendo prima, e battendo poi, la MCL39 di Lando Norris e Oscar Piastri. Williams e McLaren, le migliori nei rispettivi campionati, ma quando contro hai dei fenomeni come Senna e Verstappen nulla è mai detto. 

E l’olandese, a trentadue anni da quella stagione, ce l’ha ricordato: ha corso come un leone, vincendo persino a inizio anno quando il gap tra la sua Red Bull e i due papaya era enorme, finendo per rincorrere e portare all’ultima gara un campionato che, al rientro dalla pausa estiva, sembrava soltanto una formalità da portare a termine. Merito di un talento smisurato, di un gruppo di lavoro che per Max farebbe qualsiasi cosa e di una fame senza eguali. 

Max Verstappen Red Bull Abu Dhabi
Max Verstappen ad Abu Dhabi, 2025. Red Bull Content Pool

Non è bastato per vincere, ma è servito a scrivere ancora la storia. E non c’è nemmeno spazio per la delusione, come spiegato da Verstappen subito dopo la gara, a caldo, quando le emozioni avrebbero potuto sopraffarlo. Aveva appena perso un Mondiale, eppure con la sua squadra via radio è stato chiaro: “Congratulazioni ragazzi per la rimonta nella seconda parte della stagione, potete essere veramente orgogliosi. Non siate troppo delusi, io certamente non lo sono. Sono molto orgoglioso di tutti per non aver mai mollato e aver continuato a spingere. Grazie anche a Honda per tutti questi anni insieme e questi incredibili successi che abbiamo avuto. Abbiamo chiuso con stile, grazie per questo”. Un messaggio forte, da campione vero. E a volte, per esserlo, non serve l’ennesimo titolo Mondiale.

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