Hamilton che vince anche l'impossibile, anche dopo un disastro in qualifica, anche nel caos generale di una gara assurda come quella appena conclusa in Turchia. E vincendo si conquista con le unghie e con i denti il settimo titolo da campione del mondo, raggiungendo quell'ultima parte della scalata che gli mancava, diventando vincente come il più vincente di tutti, Michael Schumacher.
Vettel in Turchia ritorna sul podio. Lo fa dopo una gara straordinaria, una partenza degna del quattro volte iridato che è, e un finale che sarà una lezione per Leclerc, il rampollo della rossa. Forse saluta per sempre così la sua Ferrari, adesso che mancano pochissime gare al suo addio, nel modo migliore di tutti. Rendendo onore alla scuderia che lo ha fatto innamorare di questo sport.
Ma l'immagine che resterà indelebile nel cuore degli appassionati è quella che lega Lewis Hamilton a Sebastian Vettel, in questo giorno di emozioni assurde e contrastanti: Lewis piange, dentro alla sua monoposto, con la tenerezza e l'umanità che non gli vediamo spesso dipinte in viso. Non scende dalla macchina, non va ad abbracciare i suoi uomini, non fa nulla. Se ne sta lì, a piangere, a pensare a quello che ha ottenuto, alla storia che ha appena scritto.
Nessuno osa avvicinarsi, a disturbare un momento così personale, tranne l'unico che ha davvero il diritto di farlo. L'uomo che per un decennio intero con Hamilton ha lottato, dividendosi quei titoli che per anni si sono contesi: Sebastian Vettel.
Arriva con il casco in mano, e non va a festeggiare un terzo posto conquistato all'ultimo giro. Seb si ferma, e si inginocchia. Accanto alla Mercedes, accanto a Lewis, a consolare e lodare quell'avversario assoluto che ha appena fatto la storia.
Un'immagine incredibile che dice tanto, dalla classe di Vettel alla dolcezza nascosta di Hamilton, ma in cui c'è - soprattutto - il senso vero dello sport. Che è tante cose insieme, contraddizioni e incazzature comprese, ma che qualche volta è anche questo.
Saper piangere.
E sapersi inginocchiare.
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