Imola, venerdì di gara. I piloti di Formula 1 provano a girare in pista nel corso delle sessioni di prove libere in un weekend con orari e turni ribaltati dalla prima sprint race della stagione mentre, sopra di loro, scende il mare intero dal cielo.
L'Hotel Castello di Castel San Pietro Terme e non è molto lontano da Imola ma andandoci si riesce già a percepire quello che, della Formula 1 che torna a Imola finalmente circondata dal suo pubblico, c'è da sapere. Perché dopo aver perso nel 2006 il proprio posto nel calendario del circus, la seconda tappa italiana della massima serie è tornata a Imola nel 2020, a causa dell'emergenza Covid, ma per due anni ha ospitato una gara silenziosa, senza il tifo, rumoroso e impossibile da non riconoscere, che ha sempre reso speciale la Formula 1 in Italia.
Si riesce già a percepire lo spirito di questo weekend perché, sotto la pioggia battente del venerdì, i tifosi non mollano un colpo. Camminano verso il circuito, guidano in fila lentamente entrando a Imola mentre noi, dall'altra parte, usciamo dalla città.
In pochi minuti siamo a Castel San Pietro Terme e quando arriviamo all'hotel Castello già sento perché Ayrton Senna amava questo luogo. Nel caos dell''adrenalina sportiva che riempie Imola nei giorni di gara, Castel San Pietro Terme sembra un'oasi felice in mezzo al verde. "Forse ci ha trovati volando con il suo elicottero - mi dirà più tardi la proprietaria dell'hotel - anche se non ci ha mai detto perché amava venire qui".
Era una persona schiva, Ayrton Senna. Anche se immaginarlo timido non fa per noi. Un dio non può essere timido, umano, neanche un dio che cade. E lui, il brasiliano più famoso del mondo, il pilota più forte che abbia mai camminato sul suolo della Formula 1, cadde proprio lì, a pochi chilometri da quell'albergo tranquillo nel quale andava a cercare silenzio nei fine settimana di gara in Italia.
Il suo ricordo, nell'hotel Castello, è conservato con delicatezza dentro ad una teca. Una teca che c'è, che esiste, e che nella hall mostra agli ospiti i cimeli inviati negli anni dai tifosi di Senna, dai suoi amici, dai membri del team e dagli appassionati di tutto il mondo. Ricordi che rimangono lì, a due passi dalla stanza che lo ha ospitato per l'ultima notte. Ma anche una teca che protegge il suo ricordo senza farne un business, un pellegrinaggio macabro. Solo quando faccio domande, infatti, mi mostrano le chiavi della stanza e tirano fuori da un armadietto un libro di ricordi.
"Venivano qui talmente tante persone a chiedere della suite 200, a raccontarci la storia che li lega in qualche modo a Senna - spiega Luisa Tosoni, la proprietaria dell'albergo - che abbiamo pensato di permettere ad ognuno di scrivere qualcosa, di lasciare un ricordo o un pensiero su questo libro". Un cimelio che di Ayrton racconta l'umanità, quella che a 29 anni dalla sua morte muove ancora le persone, le avvicina, le emoziona.
"Sono il tuo meccanico, il tuo amico, abbiamo lavorato insieme in McLaren" si legge in una pagina del libro, nel ricordo di un suo collega insieme arrivato a San Pietro per ritrovare ciò che a poche decine di chilometri aveva perso: la spensieratezza di questo sport. "Io non ti ho mai visto correre ma ti voglio bene" il messaggio di una bambina, scritto con le lettere imprecise di chi, nel 1994, certo non era ancora nato. Messaggi dal Brasile, scritti in portoghese, ricordi sconnessi, sogni, malinconie. "Non sono più riuscito a guardare le gare dopo di te" l'ultimo tra i messaggi che leggo, perché mi sembra di spiare dentro gli altri senza lasciare niente di mio.
Niente per lui che, di quel luogo, amava l'essere trattato come Ayrton e non come Senna: "Abbiamo sempre detto a tutti i nostri dipendenti di non chiedegli fotografie e autografi - mi spiega Luisa - era lui che si faceva avanti con noi, che ci chiedeva se avessimo i biglietti per vedere la gara, se andasse tutto bene e credo che questa sua sensibilità, questo lato umano, alla gente sia rimasto dentro perché altrimenti qui non verrebbero ancora oggi così tante persone tutto l'anno".
E, mentre parliamo, siamo interrotte dalla prova di questo amore. Un tifoso arrivato a Imola dall'Ungheria per seguire il weekend della Formula 1 ha lasciato l'Autodromo per passare a rendere omaggio al campione brasiliano. "La stanza in questi giorni non si può vedere" gli spiegano dalla reception scusandosi ma a lui non importa: "La posso vedere almeno da fuori?". Lo accompagnano al secondo piano, gli mostrano la targa sulla porta, quella della famosa suite 200, e poi gli passano il libro dei ricordi per scrivere qualcosa.
Lo guardo con la coda dell'occhio, emozionatissimo, e torno alla signora Luisa: "Ma com'era lui qui? Come si ricorda di Senna dopo così tanti anni?".
"Era una persona molto molto semplice che però, proprio per questa naturalezza e questa normalità che dimostrava, metteva un po' in soggezione. Come se non fosse possibile che una persona che risponde al nome di Ayrton Senna fosse così tranquillo. E metteva un po' in difficoltà perché è più facile approcciarsi con serietà assoluta a una persona che, dalla sua parte, si presenta in modo molto distaccato. Con lui invece era difficile capire quale fosse l'equilibrio".
"Un uomo dolce" mi continua a ripetere la proprietaria, come se di questa dolcezza Senna fosse imbevuto. "Quando ha saputo che ero in ospedale, nel periodo del Gran Premio di Imola del 1990, perché avevo appena avuto mio figlio - mi racconta - mi ha fatto recapitare in ospedale un mazzo di fiori gigante per congratularsi. Ancora mi emoziono se ci penso perché è questo che ritrovo nelle persone che vengono qui oggi a rendergli omaggio: il ricordo dell'uomo che era, non del pilota".
Emerge in ogni cosa, a 29 anni dal tragico incidente che a Imola se l'è portato via, il ricordo della persona schiva e generosa che si nascondeva dietro il casco con i colori del suo Brasile, dietro alla rabbia dell'aggressività in pista, il bisogno e il desiderio di primeggiare. Emerge Ayrton, davanti a Senna, sulla porta della suite 200.
"E' esattamente com'era nel 1994 - mi assicurano mentre entro nella stanza - abbiamo rifatto solo il bagno e aggiunto le sue frasi sulle pareti". La stanza è semplice, grande, ed è facile immaginarlo lì. Su un muro il motto di una vita intera: "Pensi di avere un limite, così provi a toccare questo limite. Accade qualcosa. E Immediatamente riesci a correre un po’ più forte, grazie al potere della tua mente, alla tua determinazione, al tuo istinto e grazie all’esperienza. Puoi volare molto in alto".
Porta chiusa, chiave in mano. 200, suite 200. Fuori piove ancora. Saluto la signora Luisa e poi torno indietro: "Posso scrivere anche io qualcosa sul libro?". Certo, mi dicono. "Grazie Ayrton, per fare ogni volta questa magia".