Di Lucio Dalla si è detto tutto. In questi giorni di grandi tributi poi, a dieci anni dalla sua scomparsa, il tutto sembra quasi diventare troppo. Ricordi di amici, colleghi, fans e appassionati. Recensioni, applausi a scena aperta per un uomo che degli applausi si è sempre interessato poco.
Il miglior modo per rendere omaggio a Dalla forse è proprio lasciar parlare lui. La sua musica, le sue passioni, la sua capacità innata e inimitabile di raccontare in modo semplice l'incredibile e in modo incredibile il semplice. Usando parole sue, usando parole di altri, cantando, parlando, gridando e sussurrando.
E tra le cose che Lucio Dalla sapeva descrivere meglio, senza usare inutili aggettivi o leggendarie narrazioni senza contenuto, c'era la sua Emilia Romagna dei motori.
"Noi siamo in una terra in cui la benzina è come l'oro - racconta Lucio Dalla in uno storico video risalente a un concerto del cantautore in Emilia - Nuvolari, Maserati, Ducati, Ferrari Ma Nuvolari è sempre stato qualcosa che non si è più ripetuto, no forse si è ripetuto - in un altro modo - con Senna".
Racconta Senna, Lucio Dalla, usando le parole di Ayrton, una canzone scritta da Paolo Montevecchi e resa famosa dalla voce di un uomo che del brasiliano ha sempre avuto un rispetto, e una passione, impossibile da descrivere con altre parole: "Io l'ho conosciuto Ayrton, era veramente un uomo diverso, fuori da tutte le categorie, pensate che era un mistico: in corsa, in pista, era un animale, non aveva paura di niente. Il diavolo sembrava uno svizzero a confronto di Ayrton. Ma la cosa stupenda è che fuori dalla corsa era un uomo completamente diverso: un uomo delle stelle, un uomo del cielo, un uomo di una bontà assurda. Pensate che non si sapeva ma lui manteneva dai 20 ai 30 bambini di strada, in Brasile, in una fondazione che non ha mai pubblicizzato e non era ricco, era uno dei pochi corridori arrivati con le vittorie e non con il denaro del padre. Io ero a Imola quando lui morì, poi andai all'ospedale e conoscevo l'anestesista che lo curava. Poi dopo qualche giorno arrivò un uomo che non aveva mai scritto una canzone, un attore di teatro molto bravo, e mi fece ascoltare questa canzone, così per sapere che cosa ne pensavo, ed era cantata da lui in italiano e anche in brasiliano. Quando andai in Brasile per altri concerti, visto che conoscevo bene la madre e la sorella, feci sentire loro la canzone e si misero a piangere perché era esattamente il linguaggio che Ayrton usava per raccontarsi".