Non serve aspettare la prima sprint race dell’anno a Portimão per capire che il 2023 della MotoGP finirà per superare in spettacolo e pericolosità buona parte dei campionati passati. Dorna non ha soltanto aggiunto una gara di sabato, ha fatto molto di più: ha cambiato numero, nome e durata di tutti i turni di prova, che ora si chiamano P1, P2 e P3 e durano rispettivamente 45 minuti, 60 minuti e 30 minuti. Solo i due turni del venerdì (P1 e P2) vengono considerati per l’accesso diretto in Q2, il che significa una cosa tanto fondamentale quanto snobbata finché le moto non sono scese in pista: col nuovo format hai un’ora e tre quarti per pulire la pista, trovare l’assetto, fare un tempo rispettabile nella sessione più veloce - e non è detto che sia sempre la prima o la seconda - sapendo che se resti fuori hai compromesso buona parte del tuo weekend di gara. A Portimão i piloti hanno già girato per i test, ma in circuiti come l’Argentina (dove i piloti saranno tra qualche settimana) un turno servirà solo per togliere la sabbia dalla pista, oltre alla gomma Dunlop che adesso verrà sempre lasciata in eredità dai ragazzi della Moto2.
Ricapitolando: metà delle Practice 2 verranno sfruttate per un attacco al tempo, mettendo tutto sul piatto dopo aver girato per un’ora circa. Con distacchi così ridotti, la priorità assoluta di ogni pilota è fregare una decina di malintenzionati che viaggiano a 370 Km/h per non finire nella seconda metà dello schieramento. Ed è come una qualifica, forse addirittura qualcosa in più. Finito il secondo turno di prove i giochi sono fatti, così di posti per partire nelle prime quattro file ne rimangono 2. E questo succede di venerdì, giornata che fino allo scorso anno risultava relativamente tranquilla.
Il sabato si ripete la giostra delle Q1, dove i piloti faranno ancora una volta l’impossibile per assicurarsi una buona posizione in griglia: aspettiamoci giochi di scie, strategie, finte, sportellate, furia cieca. E così, paradossalmente, la Q1 sarà più pirotecnica della Q2, quando si lotta per partire dal palo. Tre ore e mezza più tardi, la sprint race: ecco perché tutti lavoreranno ossessivamente sulla qualifica. Con questi distacchi e questa difficoltà ad effettuare sorpassi, quando alle 15:00 scatta la gara veloce vuoi partire davanti. Non c’è tempo per recuperare e nemmeno - sembra - per una scelta artistica sugli pneumatici, perché la stragrande maggioranza dei piloti farà la gara del sabato con la gomma morbida e quella di domenica con la media.
Mettendo assieme tutti questi fattori, tutta questa selezione, a confronto una gara anni Settanta è una barzelletta. I muri di paglia, sono una barzelletta. Qui ogni volta che metti il culo sulla moto devi fare paura, dare qualcosa in più, fregarli tutti. No quarter given. L’impressione è che le riunioni dei piloti nella Safety Commission saranno sempre più accese e frequentate e che qualcosa, in un modo o nell’altro, cambierà.
La MotoGP quest’anno è una bestia strana, complessa e competitiva come non lo era mai stata. Venerdì a farne le spese è stato Pol Espargarò, che ha impattato su barriere rigide dopo essere rotolato su di una ghiaia troppo spessa. Lo può etichettare come uno sfortunatissimo caso. Ma a giugno, mese in cui i piloti correranno tre GP praticamente consecutivi (Mugello, Sachsenring e Assen), la stanchezza si farà sentire, la pressione sarà più alta. Questi però sono piloti, così puoi chiedere loro di fare il doppio delle gare, di rischiare tre volte tanto e di aumentare l’impegno con i fans, ma alla fine pur di correre lo accetteranno. Tirarsi indietro significa perdere in partenza, concedere un vantaggio all’avversario. Di questo passo ci sono buone possibilità che trovino il coraggio di farlo.