La storia di Gabriele Donolato (doppiatore, speaker e voce de Lo Zoo di 105) comincia qualche giorno fa, quando, derubato in pieno centro a Milano, è costretto all'inseguimento solitario per recuperare zaino e contenuto. “Farsi giustizia da soli”. Racconta via social: “Ero da Five Guys con Francesco Maggioni (collega e amico), avevo appoggiato lo zaino per terra, e tempo dieci minuti non c’era più. Grazie al cielo all’interno avevo dei tracciatori, e sono riuscito a capire dove stavano andando. Così decidiamo di muoverci per recuperare il tutto, soprattutto le chiavi di casa e della macchina”. E la polizia? Non interviene. ‘Chiamate quando si muovono’, rispondono alla prima richiesta di aiuto. “Allora richiamo quando il tracciatore inizia a muoversi”, ma ancora picche. ‘Deve chiamare quando si fermano’, cambiano idea. Intanto che succede? Rintraccia i borseggiatori e riesce a recuperare quasi tutto, eccetto l’iPad, che qualche giorno dopo localizza in Ucraina. “Ho saputo che è abitudine rubare merce in Italia e portarla lì…”, è la chiusa del video, ma non della storia. Come fa sapere a MOW, alla fine anche l'iPad è stato ritrovato, e da una ragazza ucraina. Ma c'è di più. Donolato scopre che la merce rubata arriva nel Paese in guerra insieme agli aiuti umanitari. Non solo, per mezzo di un'altra ragazza derubata individua anche un possibile collegamento tra i borseggiatori e una Chiesa ispanica di Milano. Intanto chi ha recuperato l'iPad, e con cui ha conversato, getta altra benzina sul fuoco: “In Ucraina non abbiamo bisogno di armi...”. E allora che fine fanno?
Donolato, su Instagram racconta la sua disavventura: le rubano lo zaino, in pieno centro a Milano, ma la polizia la lascia solo...
“In parole povere sì, è triste. Forse non sono intervenuti perché la legislazione italiana non aiuta neanche loro. Ma è comunque strano, se può risolvere la faccenda un normale cittadino e senza ricorrere alla violenza, e recuperare buona parte della refurtiva, possono farlo persino le forze dell'ordine. Tra l'altro, a intervento in corso, mi sono ritrovato affianco due guardie giurate che non hanno mosso un dito”.
Per l'appunto recupera quasi tutto, meno il suo iPad, che localizza in Ucraina.
“Faccio un salto all'epilogo: una ragazza ucraina, che si chiama Alina Hubko, lo ritrova! Dopo aver visto il video ha pensato di difendere l'onore del suo Paese”.
I borseggiatori erano ucraini?
“No, sudamericani”.
Subentra il tema gestione - immigrazione
“Non ho specificato subito la nazionalità perché lo scopo del video non era quello di puntare il dito contro lo straniero, ma aiutare qualcuno a capire come muoversi in casi simili. Anche perché i ladri sono ovunque, a prescindere dall'etnia”.
Com'è andato il vis a vis con i borseggiatori?
“Quando ho individuato queste persone, erano scosse, non si aspettavano che dal Duomo arrivassi a Turro. Quindi è possibile facciano questo per disperazione”.
Torniamo all'iPad ritrovato in Ucraina, dice che non è un caso isolato: si è chiesto come sia possibile ricettare merce in Italia e rivenderla a una nazione in guerra?
“La spiegazione me l'hanno fornita alcune persone ucraine con cui ho parlato. A quanto pare questa merce viene spedita insieme agli aiuti umanitari”.
Nessun controllo?
“Nessuno, del resto chi ispeziona quei bus? Magari gli ucraini comprano in buona fede. Ad esempio il ragazzo che aveva il mio dispositivo, scoperto che era rubato, l'ha restituito gratuitamente all'altra ragazza”.
C'è un passaggio dal borseggiatore sudamericano al ragazzo ucraino con in mano il suo iPad
“L'ultimo è questo: persona rumena che vende a lui. Passaggio antecedente: mi contatta una ragazza, a cui è stato rubato l'iPhone sempre a Five Guys di Corso Vittorio Emanuele, rivelandomi, tra l'altro, che i furti avvengono solitamente il mercoledì e il giovedì perché non è presente la guardia (del negozio). Non avendo l'iPhone bloccato, i ladri sono riusciti a usare la sim per fare delle telefonate che ha visualizzato tramite il suo account di iCloud, e queste telefonate erano indirizzate a una Chiesa ispanica cristiana, a Milano. Ebbene, secondo lei, chi gestisce queste ‘operazioni’ è lo stesso che si occupa della Chiesa”.
Insinua che il mandante sia il parrocco?
“È l'unico destinatario registrato, ma sono solo supposizioni, magari lo chiamavano per altri motivi”.
Ascoltando la sua storia, mi chiedo: che fine fanno le armi che inviamo in Ucraina?
“La ragazza con cui ho parlato, in quel momento col suono dell'arme bomba in sottofondo, diceva proprio questo: noi non abbiamo bisogno di armi. Solo del vostro supporto”.
Quindi in che mani finiscono?
“La risposta la immaginiamo”.
Alla fine ha denunciato il furto?
“Sì, sono andato in Questura, vicino al carcere di San Vittore, e ho chiesto: come mai queste persone, una volta dentro, vengono rilasciate facilmente?”
Cosa hanno risposto?
“Chi è più in alto ordina il rilascio. A questo punto possiamo parlare di fallimento dello Stato? Se succede altrove, sei certo dello sconto di pena”.
Non teme ripercussioni per la sua testimonianza?
“Le ho messe in conto. Un altro gesto rischioso che segue quello dell'inseguimento. Ma dentro lo zaino avevo anche le chiavi di casa e della macchina, e temevo per l'incolumità dei miei genitori”.