È un caso giudiziario di cui, stranamente (almeno all’apparenza), si è avuta un’eco quasi impercettibile. Perché è una di quelle vicende da tribunale che investono i più alti livelli della politica italiana, o sicuramente tali al momento dei fatti. Il 10 marzo la Procura della Repubblica di Milano ha chiuso dopo un anno di indagini il fascicolo a carico di Beppe Grillo e Vincenzo Onorato, armatore della compagnia di navigazione Moby, con l’ipotesi che il “garante” del Movimento 5 Stelle abbia fatto da intermediario per favorire gli interessi dell’amico presso gli allora ministri Toninelli (Trasporti), Di Maio (lavoro) e Patuanelli (Sviluppo economico), nel periodo 2018-2020 quando il M5S era al governo con la Lega, ricevendone in cambio contratti pubblicitari per il blog per un valore di 240 mila euro. I pm Maurizio Romanelli e Cristina Roveda sono pronti a chiedere il rinvio a giudizio accusando i due di traffico di influenze illecite, escludendo dalla lista sia i ministri su cui Grillo avrebbe fatto pressioni, in quanto non avrebbero ricevuto soldi né vantaggi, sia anche altri soggetti con cui la Moby ha avuto rapporti, ritenuti leciti e quindi meritevoli di richiederne l’archiviazione. E pur tuttavia, politicamente, rapporti non meno sensibili e che spiegano, appunto, il disinteresse, come dice a MOW nell’intervista che segue Luca Fazzo, il cronista del Giornale occupatosi con maggior accuratezza dell’inchiesta.
Il reato contestato è traffico di influenze illecito, introdotto nel 2012 dalla legge Severino e inasprito ed esteso dalla Spazzacorrotti del 2019, voluta proprio dai grillini. In cosa consiste esattamente, partendo dall’esempio di cui stiamo parlando, e quali complicazioni giuridiche ha?
Il traffico di influenze è stato introdotto in una fase, come dire?, un po’… severa della politica giudiziaria e che adesso ricade sugli stessi che poi l’hanno cavalcato. Devo dire che è scritto piuttosto male, perché da quando è entrato in vigore si sono alternate interpretazioni una contro l’altra, ma è proprio in base alla diversità di interpretazioni che la Procura di Milano chiede una serie di archiviazioni.
Ci arriviamo. Ma intanto puoi spiegare meglio in cosa consiste?
Il traffico di influenza illecita colpisce l’intermediazione. Anche millantata, in questo senso: se tu sei un politico o un pubblico amministratore che prende soldi per fare determinate cose, rispondi di corruzione; ma per la zona grigia che non era coperta dal controllo penale, che è quella dei faccendieri e delle intermediazioni, l’articolo interviene più o meno efficacemente.
Stiamo parlando di quelli che in italiano corrente si chiamano favori?
Sì, favori, raccomandazioni eccetera. Il punto essenziale è che il favore non è necessariamente illecito. L’obiettivo dell’operazione può anche essere in sé lecito, ma per il reato basta che sia svolta la funzione di intermediazione. Illecita è la mediazione, non l’atto emanato. Nel caso specifico, non è indispensabile che gli interventi dell’allora governo (il Conte 1, ndr) siano illeciti, anche se la Procura per la verità li considera quanto meno illegittimi. A rimanere fuori dal penale è l’attività di lobbying trasparente. Se un’impresa, o un sindacato, preme sul parlamento perché vengano approvate leggi a proprio favore lo fa lecitamente, se alla luce del sole. Quel che il reato colpisce è il sottobosco, sostanzialmente.
Cioè la richiesta di un favore fatta di nascosto?
Esattamente. Con in più la componente essenziale che ci sia un vantaggio economico per il mediatore. Se, poniamo, io che ho un ruolo politico voglio fare un favore a te, che hai un’azienda in stato di crisi e vuoi che il ministero dello Sviluppo Economico faccia scattare lo stato di crisi per accedere alla cassa integrazione, io non faccio niente di illegale. Se però prendo i soldi, allora sì.
Ma non è determinante che poi i soldi materialmente arrivino?
Basta la promessa. Se poi arrivano anche al politico o amministratore, si deve parlare di corruzione.
È una fattispecie di reato difficile da provare, a quanto sembra.
È molto difficile da provare, certo. Difatti la difesa di Onorato è molto agguerrita su questo tema. Non sarà un processo facile.
Nei tuoi servizi sono ampiamente citate conversazioni scritte al telefono fra Grillo e Onorato, o fra Grillo e gli ex ministri. Si è fatto ricorso alle intercettazioni?
Qui parliamo di attività forensi, cioè di analisi di telefoni e computer che riportano dialoghi precedenti all’inchiesta, cominciata fra la fine del 2021 e l’inizio del 2022. Gli inquirenti sono andati dalla Casaleggio, da Grillo e da Onorato, e da Grillo hanno potuto perché non è parlamentare. Portano via tutto il materiale e trovano tonnellate di mail e chat, soprattutto di Grillo con il mondo politico. Ci sono ancora tantissimi faldoni che non riusciamo ancora a farci dare, ma per quel che ne sappiamo finora, non risultano intercettazioni.
Colpisce che un simile caso, che investe Grillo, colui che tuttora ha l’ultima parola nel Movimento 5 Stelle, pur oggi guidato da Giuseppe Conte, non abbia suscitato alcuno scalpore. Nemmeno fra gli avversari più ostili ai grillini. Perché, secondo te?
Per due motivi. Il primo è che parliamo di un reato che a destra, ma anche al centro, non è mai piaciuto proprio per la sua indeterminatezza, un po’ come l’abuso d’ufficio, questi reati cosiddetti “omnibus” accusati dal fronte tra virgolette garantista di essere il grimaldello usato dalle procure quando non sanno per cosa indagarti. La seconda motivazione è che nelle carte non c’è solo Grillo, e cioè nei cinque indagati, credo, per cui la Procura ha chiesto l’archiviazione ci sono esponenti di altri partiti, certamente c’è dentro Renzi, che all’epoca si era già scoperto che aveva ricevuto finanziamenti da Onorato, ma ce n’è un po’ per tutti, anche, credo, Forza Italia. Il fatto che non abbiano avuto, diciamo, consacrazione penale, non toglie che attorno a Onorato si muovessero tutti quanti. Onorato era uno abituato a muoversi avendo rapporti con la politica.
Evidentemente perché, chi difende i propri interessi economici, di solito è fedele all’adagio “pecunia non olet”.
Assolutamente.
Dalle carte dell’inchiesta emerge un Grillo che si muove dietro le quinte disinvoltamente, e soprattutto dispone dei ministri esponenti del suo movimento con facilità. Che Grillo ne esce, a tuo avviso?
La linea difensiva sia di Grillo che di Onorato è basata sulla tesi per cui la loro è un’amicizia trentennale, che data da ben prima che Grillo scendesse in politica e che i rapporti di collaborazione fra Onorato e il blog di Grillo risalgono a prima del 2018-2019. Io mi son fatto l’idea che fra i due ci sia un’amicizia strettissima, anche dal tono con cui parlano. Grillo lo chiama “fratello”, “comandante”, manca poco che si bacino. Dopodiché, sicuramente in ballo ci sono un sacco di soldi, che per i magistrati hanno rilevanza penale per ciò che riguarda Grillo, mentre non ce l’hanno quelli, che sono ancora di più, dati da Onorato alla Casaleggio Associati, con motivazioni che sono delle supercazzole, visto che non si capisce neanche quale sia il tema della prestazione fornita a Onorato.
E il Grillo che fa ricorso ai suoi uomini?
L’aspetto che rende questa vicenda giudiziaria un fatto politico è proprio il rapporto fra Grillo e i suoi ministri. Paradossalmente, ad avere un comportamento più rigido, cercando di frenare le richieste di Grillo, è Danilo Toninelli, che mediaticamente era considerato il meno consistente. È lui che dice a Grillo “ma no, cerchiamo di capire”. Ma di certo ci si accorge che, vuoi per il carisma del fondatore, del “garante”, che mette e toglie le regole, dell’uomo da cui dipendeva la sorte di questi ministri, era praticamente impossibile dirgli di no. Lo stesso Toninelli, che un po’ di resistenze le fa, alla fine esegue. C’è un rapporto personale che di sicuro non è paritario: da una parte c’è Grillo, dall’altra degli esecutori di ordini.
Umano troppo umano, verrebbe da dire a proposito di Grillo. Un amico che cerca di favorire un amico e utilizza le proprie relazioni.
Sì, poi sai, non voglio cadere nei cliché, ma ricordiamoci che Grillo è genovese. L’attenzione per i soldi ce l’ha un po’ nel Dna. Oltre all’amicizia, la mia impressione è che pesino anche questi soldi che viaggiavano.