Emanuela Orlandi, quarant’anni dalla sua scomparsa e ancora nessuna risposta, su quanto le sia accaduto in quel pomeriggio del 22 giugno 1983. Chi sa è deciso a portarsi con sé il segreto nella tomba. Eppure, negli ultimi mesi, qualcosa si è mosso come mai era accaduto prima. Inutile negarlo, buona parte del merito va alla serie targata Netflix Vatican Girl, che ha permesso al caso della sparizione di Emanuela di scavalcare i confini nazionali, raggiungendo persone in ogni dove, soprattutto giovanissimi, che magari di Emanuela non avevano mai sentito parlare prima di quel momento. Dopo la serie la volontà di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta, che volente o nolente andrà ad influenzare a lungo, almeno questa è la speranza, i rapporti con lo Stato del Vaticano. Uno statarello piccolo piccolo, ma con un potere enorme. Non se ne voglia il pontificato di Bergoglio, ma ci si aspetta che qualche ombra sul papato suo e dei suoi predecessori venga fuori. La prima, non per volere della Commissione, è arrivata qualche giorno fa. Marcello Neroni, sodale di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, ha accusato Wojtyla di andare a letto con delle donne. Dichiarazioni registrate dal giornalista Alessandro Ambrosini, che lo ha intervistato nel 2009. Accuse che hanno alzato un polverone mediatico solo perché Pietro Orlandi le ha riportate in diretta tv. Da quando riportare frasi pronunciate da altri equivale ad accusare in prima persona? Ah, il potere della distorsione della Chiesa non conosce limiti, tanto che Papa Francesco è subito corso ai ripari per difendere l’immagine del Papa Santo: “Certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo, rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate”. Un passo che ha dato adito a diverse interpretazioni. L’audio contenente le parole di Neroni è in circolazione da mesi, perché proprio ora ne ha parlato durante l’Angelus? È comunque per sua volontà se in Vaticano è stata aperta un’inchiesta, la prima, sulla scomparsa di Emanuela. Va ringraziato per questo? Chi scrive, ride al pensiero di un’inchiesta che parte quattro decenni dopo la sparizione della quindicenne cittadina vaticana. Che si voglia difendere qualcosa? Magari in questo caso l’avvio dell’inchiesta, che già sulla carta parte come qualcosa di indifendibile.
E questo è solo l’inizio, nei mesi a venire probabilmente vedremo andare in scena un circo mediatico come tanti se ne sono visti. Una macchina del fango che è già entrata in funzione, con l’attenzione al momento rivolta solo a Pietro Orlandi. Ogni nuova, anche se sconvolgente, pista verrà screditata a priori? Nuova si far per dire, perché le piste sono le stesse da anni, ciò che manca è l’approfondimento da parte degli organi competenti. Ma dov’è finita Emanuela in tutto questo? Fagocitata per l’ennesima volta da un dibattito pubblico deciso con ogni probabilità a tavolino, si sente ancora odore di depistaggi. No? Fa paura pensare che il Vaticano possa aver intrattenuto rapporti di malaffare con una delle organizzazioni criminali più note in Italia. Tutto incredibile certo, da riempire le pagine di storia. Ma è ancora più incredibile che due ragazzine escono di casa, in un giorno come tanti, senza farvi più ritorno. Ma c’è poco da fare, gli interessi sono pilotati e si sa. Le aspettative sul possibile operato della Commissione sono alte. Ci si sente cautamente speranzosi, guardando ai trascorsi. Una Commissione richiesta dall’opposizione al governo, primo firmatario Roberto Morassut uno degli storici esponenti della sinistra romana. Dopo l’approvazione del testo alla Camera, ora la discussione è stata incardinata in Senato, dove dovrebbe essere approvata senza ulteriori modifiche, in modo che possa iniziare i lavori in estate. Gira voce che Giorgia Meloni in persona abbia comunicato a Papa Francesco l’avvio delle indagini parlamentari. Atto dovuto? Nah. Piuttosto il segno di quanto sia grande la portata della questione che stanno affrontando i due rami del Parlamento. La Commissione potrà indagare come una Procura, magari senza seguire le orme di quella che ha archiviato l’inchiesta su Emanuela, facendo quindi luce sui rapporti che il Vaticano avrebbe intrattenuto con la Banda della Magliana. In tutto questo polverone a finire sul banco degli imputati sono stati Pietro Orlandi e il suo legale Laura Sgrò. Senza fare nessuna analisi retrospettiva, perché la gogna mediatica non risparmia nessuno, nemmeno le vittime. Queste uscite serali di Wojtyla di cui tanto si parla non sono una novità. Nessun segreto, tanto che il cardinale Dziwisz, al tempo segretario particolare del Papa, ha rivelato nel suo libro “Una vita con Karol”, raccontando che era proprio lui stesso ad organizzarle. Sembra in qualche modo ricordare chi lancia il sasso e nasconde la mano. Un’inchiesta e una Commissione parlamentare, a questo punto mancherebbe solo un passo da parte della Procura, che alla luce dei trascori degli anni passati potrebbe essere considerato quasi dovuto. Francesco Lo Voi, Procuratore capo di Roma, si è espresso in merito a questa ipotesi: "Dopo quarant'anni non solo non è facile trovare elementi, ma nemmeno fare le pulci alle attività svolte dagli inquienti dell'epoca perchè ogni situazione, ogni indagine va contestualizzata. Non è da escludere che sarà coinvolta nuovamente la Procura di Roma, motivo per cui non posso parlarne". Si arriverà finalmente da qualche parte? La risposta sta a metà tra il realismo e la speranza.