Nel nostro Paese il problema del calo demografico è un problema concreto, ma in Italia il costo di mantenimento di un figlio può raggiungere cifre esorbitanti. Il ministro Giorgetti propone di agevolare le famiglie con una riduzione delle tasse. Ma basta questa manovra? Abbiamo fatto due chiacchiere con Diego Di Franco, influencer e papà full time, che ci dà la sua, scettica, visione della faccenda.
È uscita una proposta del Governo, “meno tasse per chi fa figli”. Cosa ne pensi?
Io penso che una persona possa sentirsi realizzata anche senza avere figli e che quindi si debba pensare un po' a tutti, non solo a coloro che ne hanno. Inoltre c'è anche da dire che i soldi che ti danno non coprono nemmeno la metà delle spese di cinque anni di mantenimento di un bambino. Dovrebbero rivederla un po' secondo me.
Perché in Italia è così difficile fare figli?
Perché a differenza di altri Paesi, soprattutto quelli scandinavi, non vieni minimamente agevolato e tutelato. Altrove non esistono posti di lavoro senza asili interni dove lasciare tuo figlio mentre sei in ufficio. Ti sostengono anche a livello di studi, non hai praticamente costi. In Italia la situazione è completamente diversa. La stessa gestione del tempo libero dei ragazzi è un incubo: quando finisce la scuola e inizia il campus estivo sai che non spenderai meno di 120 euro a settimana per bambino. Nonostante siano al potere donne cristiane che hanno figli, mi sembra evidente che non sappiano cosa voglia dire gestirne economicamente uno o più di uno.
Tu sei un papà a tempo pieno. Cosa vuol dire?
In Italia significa spiegarlo di continuo. La domanda più frequente è sempre: "Si, ma oltre a fare il mammo a tempo pieno, cosa fai?". Io sulla carta sarei una partita iva e libero professionista, ma per me i bambini hanno la precedenza, poi le faccende di casa e a tempo perso faccio contenuti per i social, dove racconto la mia esperienza. Quando ho iniziato quest'esperienza di condivisione della mia vita da "papà", non ho ricevuto nessun supporto dai miei ex colleghi, al contrario delle mie colleghe che sembravano interessate ed entusiaste nel vedere un uomo così impegnato sul fronte figli.
Gli stereotipi più sbagliati legati all'immagine del “papà full time”?
Ce ne sono tanti, ma il primo tra tutti è collegata alla parola “mammo”, che è un termine orribile che viene usato molto spesso e che sottolinea che secondo il mondo determinate cose le possa fare solo le mamme. E comunque molte donne ritengono che non un uomo non possa fare certe cose. Liberarci di questa parola sarà un bel traguardo.
Tu sei sposato, tua moglie lavora e tu sei a casa, come siete arrivati a questa situazione abbastanza inusuale?
Non è stata una vera e propria scelta in realtà. Durante il periodo del Covid ho perso il lavoro e subito dopo mi sono messo in moto per fare dei colloqui, ma a causa della pandemia le aziende hanno iniziato ad avere problemi. Alla fine, passato il periodo, mia moglie è tornata a lavoro e non è stato nemmeno necessario dire “Guarda sto io a guardare i bambini”. La più piccola era appena nata ed essendomi occupato io di lei fin dal primo istante mi è sembrato logico continuare a farlo.
Prima di essere un papà a tempo pieno, usavi la parola “mammo”?
No, però mi ha aiutato a capire molte cose. Fin quando non fai il genitore a tempo pieno, non puoi renderti conto di quanto sia faticoso. Io facevo un lavoro d'ufficio, lavoravo anche quattordici ore al giorno, mi occupavo di eventi e non sono mai stato stanco come ora che mi occupo dei bambini e della casa. Chi dice che l'essere una “casalinga” non sia un lavoro non sa cosa vuol dire prendersi davvero cura della propria famiglia e dei propri figli. E uso il femminile “casalinga” perché la maggior parte delle persone a casa a ricoprire questo ruolo, anche contro la propria volontà, sono donne.
E quando i ragazzi saranno grandi che farai?
Me lo chiedo spesso, poi mi ricordo cosa mi dice mia madre: “Bambini piccoli piccole preoccupazioni, bambini grandi grandi preoccupazioni”. Non credo si smetta mai di essere genitore.