Mentre parliamo di tutto ciò che accade all’estero, di spaventoso e drammatico, e mentre è importante discutere di quello che succede nel mondo, vorrei riportare l’attenzione su un fatto accaduto qui in Italia, che riguarda donne come me, come mia madre, e come tutte le altre che vivono nel nostro Paese. Si è parlato di Cecilia Sala, una giornalista che si è recata in uno dei luoghi più pericolosi al mondo per le donne in questo momento. È stata arrestata, ma nonostante ciò, nessuno le ha chiesto di compiere atti osceni. Le è stato persino offerto da mangiare – riso con carne e lenticchie – e alla fine è tornata a casa sana, salva, e pronta a riprendere il suo lavoro, raccontandoci ciò che ha visto. È giusto celebrare storie come la sua, ma voglio dedicare questo spazio a chi non riceve la stessa attenzione mediatica. Capisco che si parli della Palestina, e riconosco che viviamo in un mondo, e in un Paese, dove esprimere la propria opinione è sempre più difficile. Persino manifestare diventa un rischio, soprattutto quando riguarda questioni delicate come ciò che sta accadendo dall’altra parte del mondo, su cui molti tacciono per paura. Ma oggi, grazie a questo giornale, io voglio parlarne.
Il 13 gennaio, a Brescia, si è svolta una manifestazione pro-Palestina. Alcuni manifestanti sono stati arrestati. Tuttavia, pochissime testate giornalistiche hanno coperto la vicenda. Mi chiedo: perché, nel nostro Paese, le forze dell’ordine trattengono delle donne per sette ore, le costringono a spogliarsi della loro biancheria intima e a fare squat davanti a chi? A uomini delle forze dell’ordine? Mi auguro che questo non sia accaduto. Oppure sono state costrette a farlo davanti a donne delle forze dell’ordine? E comunque, perché? Perché in Italia, durante una manifestazione pro-Palestina, delle donne vengono private dei loro vestiti, della loro dignità, e obbligate ad accovacciarsi? Avete letto i commenti sotto gli articoli de La Repubblica o de Il Fatto Quotidiano, che hanno parlato di questa vicenda? Come donna, come madre, come cittadina italiana, chiedo alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di incontrare e abbracciare ciascuna di queste donne per l’orrenda esperienza subita nel loro Paese. Mi sembra il minimo. La questione dei due pesi e due misure deve finire. È inaccettabile che in Italia le forze dell’ordine, maschili o femminili, infliggano simili umiliazioni alle donne, come se fossero criminali internazionali. Agli uomini non è stato riservato lo stesso trattamento: perché? Vogliamo andare a fondo su questa storia? Potevano essere le vostre figlie. Anche se non vi sentite coinvolti dalla causa palestinese, potevano essere loro, in segreto, a manifestare. Prima di fare i leoni da tastiera, sciacquatevi la bocca e le dita. Un’ultima domanda, forse inutile, ma doverosa: Meta e Instagram sono così attenti a censurare parole come “cannabis” o “Palestina” dai nostri social, giusto? Eppure, i commenti terribili contro queste donne – violate psicologicamente e umiliate – restano lì, intatti. Perché? Dov’è Meta? Dov’è Instagram?