Mariastella Gelmini ha lasciato Forza Italia, e molti pensavano che avesse portato con sé anche i neutrini più veloci della luce situati nell’immaginario tunnel tra il Cern e il Gran Sasso che le costarono una sontuosa figuraccia. Ma nel partito di Silvio Berlusconi c’è chi è già pronto a prendere il suo posto in materia di gaffe. Si tratta della senatrice Licia Ronzulli, che il 25 agosto ha pubblicato sui social una grafica con scritto: “Rigassificatori subito! Per estrarre gas nazionale e renderci indipendenti dagli approvvigionamenti dall’estero”. Nel testo del post su Instagram si legge che “una delle priorità per affrontare la crisi energetica è la realizzazione dei rigassificatori, per permettere al nostro Paese di estrarre gas naturale nazionale e renderci indipendenti dagli approvvigionamenti dall’estero”. E ancora: “È questa la soluzione più efficace per lo sviluppo dell’Italia. Senza i no dei 5 stelle e della sinistra, riusciremo a superare la crisi energetica e mettere al sicuro le nostre famiglie e imprese”. Peccato che i rigassificatori, che tengono banco durante la campagna elettorale – come nel caso di Piombino - siano impianti per la traformazione del gas naturale da liquido a gassoso. Per cui niente a che vedere con le estrazioni. Il primo a farglielo notare su Twitter è stato il giornalista del Foglio, Luciano Capone, oltre a molti altri utenti sotto il post. In buona sostanza, la candidata di Forza Italia al Senato per le prossime elezioni del 25 settembre non sembra avere ben chiaro a cosa servano i rigassificatori.
Eppure, le sarebbe bastato consultare la Treccani, anche online: “È macchinario o impianto per la rigassificazione”, cioè il processo con cui si riporta al suo originario stato gassoso una sostanza allo stato liquido. In questo caso, la sostanza in questione è il gas naturale liquido (Gnl, o Lng dall’inglese “liquid natural gas”). Continuando a leggere la descrizione: “La catena della rigassificazione del gas naturale prevede una sua preliminare conversione in forma liquida presso i Paesi produttori per consentirne il trasporto via nave verso i Paesi consumatori, dove in appositi impianti (i rigassificatori) viene riportato in forma gassosa per essere poi immesso nelle reti di trasporto», spiega la Treccani. «Il processo di rigassificazione è svolto immettendo il gas naturale liquefatto in uno scambiatore di calore in cui scorre un liquido più caldo, normalmente acqua di mare, la cui temperatura naturale è sufficiente per scaldare il gas liquefatto e riportarlo allo stato precedente». Parlando di “rigassificatori”, quindi, si parla di impianti diversi da quelli di estrazione del gas. Una volta individuato un giacimento, si procede alla trivellazione e all’estrazione del gas naturale, che viene poi immesso nei gasdotti allo stato gassoso.
Al momento in Italia – tanto per farlo sapere a Licia Ronzulli - sono attivi tre rigassificatori, di cui due off-shore (in mare) e uno sulla terraferma. I due in mare sono nelle acque della provincia di Rovigo (Veneto) e di Livorno (Toscana), mentre l’ultimo è a Panigaglia, in provincia di La Spezia (Liguria). Nei mesi scorsi il governo guidato da Mario Draghi ha messo in campo una strategia per ridurre la dipendenza italiana dal gas russo, aumentando le importazioni di gas naturale liquido dall’estero. Al momento, la strategia prevede l’utilizzo di due nuove navi rigassificatrici: una a Ravenna, in Emilia-Romagna, che secondo i piani diventerebbe operativa nel 2024, e una a Piombino, in Toscana, su cui c’è l’opposizione di una parte della popolazione e dei partiti locali.