Viviana Pifferi, la sorella di Alessia Pifferi, la donna che ha lasciato morire di stenti sua figlia Diana, ha deciso di raccontarmi la tragedia che si è abbattuta sulla sua famiglia da quasi due anni. “Se dovessi dire qualcosa a mia sorella le consiglierei di prendere coscienza di quello che ha fatto. Continuare a nascondersi non serve a niente. La bambina non l’ha persa come ha detto in aula. Lei l’ha fatta morire. L’ha fatta morire nella maniera più orrenda e crudele: di fame e di sete”. Quando Viviana Pifferi ha risposto alla mia telefonata la sua voce era spezzata, quasi tremolante, il tono era malinconico ed il volume spesso ridotto. Anche dall’altro capo del telefono la percezione della sua persona è identica a quella che vediamo e percepiamo in televisione. Viviana è una donna che combatte e soffre. Soffre tanto e a raccontarcelo non è solamente il suo linguaggio paraverbale (che interessa gli aspetti vocali della comunicazione). Per questo, prima di cominciare, non ho potuto fare a meno di chiederle come si sentisse. Non si tratta di convenzioni e neppure di retorica, ma di capire che si ha a che fare con una persona che ha subito “un lutto nel lutto”. Molti spesso lo dimenticano o vogliono farlo. “Come mi sento? In questi due anni avevo il pensiero fisso del processo, di come sarebbe andata. Ero impegnata affinché Diana potesse avere giustizia. Dopo la condanna mi sembra quasi di aver abbandonato Diana. Non c’è altro che io possa fare per lei”. La nostra conversazione è avvenuta un paio di giorni dopo la lettura della sentenza che ha condannato Alessia Pifferi all’ergastolo. Non è per parlare di chi difende sua sorella che ci siamo sentite e, ieri come oggi, Viviana non ha voluto aggiungere niente sulla sua legale. D’altra parte, c’è stato un momento in cui mi ha confessato: “Io capisco che tutti abbiamo diritto ad essere difesi e concepisco anche la possibilità che ci si voglia giocare la carta dell’infermità mentale. Ma certe cose sono inaccettabili e non si dovrebbero dire”. Silenzio. Pausa. Con Viviana ci diamo del tu, ci siamo sentite spesso in questi mesi. Tuttavia, cercherò di rivolgermi con il più formale Lei. “La cosa che mi fa più male in assoluto è che Alessia attribuisca la colpa della morte di sua figlia a me e a mia madre. In aula è stato detto che noi ci siamo completamente disinteressate a lei, che la bambina poteva essere gettata in un sacchetto di plastica e nessuno se ne sarebbe accorto”. Col senno di poi questa deve essere una delle volte in cui per Viviana parlare della nipote in questi termini non fa che amplificare il dolore. Perché davvero lei e la madre hanno fatto di tutto per prendersi cura della loro nipotina, ma Alessia le ha sempre allontanante. Ed in effetti il nostro dialogo parte da una data spartiacque, giovedì 16 maggio 2024, esattamente tre giorni dopo la condanna all’ergastolo di Alessia Pifferi. Era la metà di luglio 2022 quando Diana veniva trovata morta e Alessia veniva portata in caserma dei carabinieri.
Viviana, che cosa ricorda di quel giorno?
Io e mia madre abbiamo scoperto che la bambina era morta da una vicina di casa. È stata lei a chiamarci per dircelo. Alessia non ha avuto neppure il coraggio di farlo. Erano le 15:30 quando siamo arrivate a casa di mia sorella. Ho visto portare via mia nipote Diana in un sacchetto di plastica blu. È stato terribile. Alessia non c’era già più. Ma quando siamo entrate in casa ho avuto subito la sensazione che mia sorella potesse aver ripulito tutto prima di avvisare i soccorsi. Ho avuto questa percezione ancor prima che venisse assunta la testimonianza dei soccorritori. Le persone dovrebbero rendersi conto che lei è stata capace di provare a svegliarla e a darle da bere. Sentire in aula che nel suo stomaco sono stati ritrovati pezzi di pannolino è stato devastante. La bambina aveva fame e non c’era nessuno che potesse dargliene.
Lei ha ragione. Molto probabilmente Alessia ha provato anche a cambiare Diana prima di rendersi conto che non c’era niente da fare. Secondo quanto testimoniato dai soccorritori, la bambina, oltre a essere pulita, indossava un vestitino giallo. Giallo come il colore dell’abito indossato da Alessia quel giorno. Probabilmente, non una casualità. Secondo lei ha tentato di generare empatia rispetto ad una figlia che probabilmente non ha mai voluto?
A noi non aveva mai detto che Diana era un ostacolo. Anzi, tutto il contrario. Ci ripeteva sempre che la piccola era un regalo. Lei ha sempre voluto figli, anche quando era sposata. Certo io avevo cercato di aiutarla a prendersi cura della bambina perché lei di fatto non lavorava. Ma nonostante conducesse uno stile di vita che noi non concepivamo, mai ci saremmo potuti aspettare che arrivasse a tanto.
Si è parlato di deficit cognitivi, disturbi della personalità. Qualcuno vi ha accusato di aver fatto finta di nulla rispetto al fatto che non fosse in grado di crescere una bambina. Che cosa risponde?
Rispondo che ha cercato fin da subito di manipolare tutti. L’abbiamo avuta sempre sottocchio perché abitava a casa nostra. Se avesse avuto dei gravi problemi psichiatrici ce ne saremmo accorti. Quello che ha raccontato le è servito per non assumersi le proprie responsabilità. È più furba di quanto voglia far credere. Ha detto di essere cresciuta in una famiglia violenta. Anche io ho condiviso con lei le mura domestiche, ma non ho ucciso mio figlio. È vero avevamo problemi di soldi, ma a differenza sua io mi sono rimboccata le maniche per cambiare la situazione e dare una mano in famiglia. Lei, invece, tutto il contrario.
In che senso?
Nel senso che non solo non ha mai avuto voglia di studiare, ma neppure di lavorare. Ha sempre fatto il minimo indispensabile. Anche la storia del matrimonio. Vuole sapere perché non sono andata? Perché lei, pur essendo sposata in Sicilia, ha preteso che le venisse pagata la festa a Milano. Non l’ho trovato giusto. Lei voleva avere una vita agiata senza fare niente per ottenerla. Continuando a gravare sulla sua famiglia. Che poi questo è anche il motivo per il quale è finita con il marito.
Mi spieghi meglio.
Alessia ha lasciato suo marito dicendo di non essere innamorata. La verità è che abitavano entrambi in casa di mia madre, nessuno dei due lavorava. Lei voleva una vita agiata e lui non poteva dargliela. Sono convinta che sia stato questo il motivo per cui lo abbia lasciato. Nel compagno di Bergamo vedeva il futuro che sognava. Poi, va bè, anche a lui ha raccontato bugie.
A quali bugie si riferisce?
Prima di tutto gli aveva raccontato di essere una neuropsichiatra infantile e poi chissà che altro. Pensi che io in udienza ho scoperto che sul cellulare aveva memorizzato a mio nome il contatto di mia madre. Lo aveva fatto perché a lui aveva raccontato di aver lasciato Diana a me mentre erano via. Così lui vedeva che messaggiavamo, ma io non la sentivo da due mesi.
E la storia dei presunti abusi?
Ennesimo tentativo di discolparsi. Peraltro, ha accusato un uomo che non c’è più e che non può difendersi. Ha detto di essere stata violentata prima a undici anni poi a quindici. Non lo sa neppure lei. L’uomo a cui lei si riferisce era un amico di mio padre che ha frequentato veramente poco casa nostra. Non lo ritengo possibile. Ancora una volta dimostra si è contraddetta. Come quando ha parlato di mio padre. Prima lo ha dipinto come violento. E poi ha detto che era l’unico a volerle davvero bene. Delle due l’una.
Alessia ha affermato che lei non si è mai interessata né a sua sorella né a Diana?
Sono tutte bugie. Io avevo anche contattato gli assistenti sociali per capire se potesse aver diritto a dei sussidi. Le ripetevo continuamente di portarci la bambina quando sapevo che usciva con gli uomini, ma lei non ne voleva sapere di lasciarmela. Anzi, in aula è stata prodotta una chat di Whatsapp in cui diceva ad un’amica che doveva salutarla perché sarebbe passata sua sorella rompiballe. Magari non ha utilizzato proprio un termine così schietto, ma questo era il senso.
Lei e la sua famiglia siete stati accusati di aver esultato al momento della lettura della sentenza?
Ci ha portato l’ergastolo in casa. La bambina che ha ucciso era anche nostra nipote. Forse se lo è dimenticato. Se avessimo esultato saremmo delle persone orrende. E noi non lo siamo.
Potrà mai perdonare sua sorella?
No, mai. Non parlo per mia madre perché lei è distrutta dal dolore. Ma io non lo farò. Le ho sempre teso la mia mano, non l’ha mai voluta. Noi volevamo darle aiuto non l’ha mai voluto e adesso ha il coraggio di dare la colpa a noi se la bambina non c’è più. La verità è che è furba e vuole solamente discolparsi. Così è più comodo.
Secondo lei, Alessia lo vorrebbe il vostro perdono?
Se lo volesse davvero lo avrebbe chiesto. In aula, mia sorella si trovava una fila davanti a noi. Bastava che sussurrasse “scusa mamma ho sbagliato” e noi l’avremmo sentita. Questo ci ha dato conferma che ancora una volta non ha bisogno di noi. Non ci vuole. Ad ogni modo, vedo che comunque ha già trovato chi si occupa di lei.