Forse nemmeno Dostoevskij sarebbe mai stato capace di creare un personaggio così romanzesco. Se non lo vedete guardate meglio, guardate le sfumature, i dettagli, l’anguillesca abilità di quest’uomo: Andrea Diprè. È talmente falso da diventare autentico, talmente viscido da risultare coraggioso, solido. Anche nei video che fa con i maggiori casi umani della penisola c’è ma non c’è, è dentro ed è fuori, è presente ma impassibile, con quel mezzo sorriso che sembra sempre in procinto di scoppiare in una risata e invece resta lì, appeso a un’espressione indecifrabile. La sua è stata una discesa strabiliante, partita da ambienti ecclesiali, passata dalle tv cattoliche, di partito e locali, fino a scendere giù giù alla scoperta della miserabilità, intervistando sul web solo disperati, pornostar o escort, superando ogni morale, etica e vergogna e praticando l’unica cosa di cui gli importa, il culto di se stesso. Ora il suo canale YouTube ha 125mila iscritti, la sua pagina Facebook 204mila like. Per molti è un personaggio riprovevole, schifoso. E lui? Se ne frega. «A me non me ne frega un cazzo, puoi scriverlo».
Si presenta con addosso la sua divisa, che lo distingue dalla feccia con cui ha a che fare nei video: abito, camicia bianca e cravatta rossa. A un certo punto si fa scappare che in vita sua non ha mai fatto un nodo di cravatta. Ma chi te li fa allora? La risposta è superlativa: «Ho un sacco di cravatte tutte uguali già col nodo fatto, io devo solo stringerle». Eccolo qui, Andre Diprè. Capite ora? Quando parla a momenti ricorda Matteo Renzi, altri il mago Otelma, traetene voi le conclusioni. In due ore abbiamo fumato due canne e a ogni tiro gli occhi di Diprè diventavano sempre più piccoli e il suo sorriso sempre più enigmatico.
Sei la punta dell’iceberg: perché il male esiste, ma metterlo in mostra è la vera colpa.
«Come metafora userei più quella dantesca dell’inferno, io sono l’estremità più bassa dell’imbuto. A novembre compio 40 anni, sono molto disilluso e penso di aver capito che l’assenza di significato nella vita è tremenda ed è per questo che cerco queste visioni forti perché la cultura non esiste, io non esisto, niente esiste ed è tutto troppo ingiusto. Mi sono vendicato di un’educazione cattolica e ipocrita facendo vedere a tutti fino a dove può spingersi l’ambizione personale».
Come ti possiamo definire, pessimista, nichilista?
«Dipreista. La visione dipreista dice di godere il più possibile su questa terra e basta».
Tu sguazzi in un’Italia che è socio culturalmente degradata.
«Il mio fenomeno nasce perché viviamo in un sistema totalmente marcio. Se tu fai una ricerca su di me, anche minima, ti esce un ritratto abominevole (si ferma, mi fissa e ride). Abominevole, ahahah. Io anche se fossi innocente non lo dimostrerò mai. E se tu mi dici: “Diprè, quello che fai mi fa vomitare” per me è un complimento, perché lo shock è il mio obiettivo, quello che voglio raggiungere… Io vendo il rifiuto della società e per me se scrivi che sono un deficiente, un bastardo sono più contento. L’unica cosa che non puoi scrivere è la squadra che tifo perché in Italia la fede calcistica non te la perdonano».
Segui il calcio?
«Molto. Ho anche cercato di comprare sei società, tra cui la Fiorentina, l’Atalanta e la Roma. Dovevo essere finanziato da uno sceicco che poi invece era un truffatore. Preziosi del Genoa quasi lo stavo incontrando».
Tu vai oltre il trash, sei un missionario della miseria.
«Ecco, bravissimo».
Io ti ho chiamato e hai finto di essere il tuo segretario.
«Bravissimo. Ma il mio telefono è pubblico, suona in continuazione, spesso sono ragazzini che mi chiamano da scuola, però appena sento una voce un po’ intelligente inizio a dire che sono il segretario… Dovrei prendermi un assistente però alla fine mi dico: “Andrea ma che lo prendi a fare se il tuo è il mondo del contromondo?”».
Partiamo dall’inizio?
«Allora: io sono nato a Thione di Trento ma in realtà vengo da un paese piccolissimo di 300 abitanti e questo influisce molto sulla mia educazione perché se nasci in Trentino non hai molte scelte davanti, devi essere per forza cattolico se no sei escluso. Per me esisteva solo la Chiesa e quindi, ossessivamente, cercavo di salire tutti i gradini ecclesiali da laico per un mio ragionamento politico. Mi sono sorbito per anni cose vergognose, ho fatto il consiglio pastorale parrocchiale quello decanale diocesano e poi quello ecclesiale. Sono diventato addirittura vescovo laico. Fino a quando non mi sono candidato con la Margherita. Però quegli stronzi di preti hanno votato un altro. Io sono stato nominato capo di gabinetto nell’assessorato alla cultura, solo che all’unico consiglio comunale in cui sono andato ho litigato con quel cretino bastardo del sindaco e mi hanno costretto a licenziarmi».
E ti sei buttato in tv.
«Già la facevo, sempre grazie alla Chiesa, conducevo una trasmissione su Telepace. Ma dopo quell’episodio cominciai a fare una trasmissione su una Tv locale dove accanto a me c’era una donna nuda. Successe un casino… Lì ci fu anche il mio ingresso nella Lega Nord, l’ho scelta solo per Tele Padania, non me ne fregava un cazzo del movimento, questo puoi scriverlo, un cazzo niente, anzi mi fanno schifo tutti i partiti. Però finivo sempre su Blob».
Che facevi?
«Conducevo il programma Giovani padani e ne ero il responsabile federale, poi anche li è finita e mi son messo a fare il critico. Dal 2001 al 2012 ho presentato a livello sistematico pittori, posso dire di esser stato nelle case di qualcosa come 1500 pittori, c’erano quelli che facevano delle cose realmente inguardabili ma io non potevo dirgli “guarda i tuoi quadri fanno schifo” perché poteva capitare anche gente che ti metteva sul tavolo 50mila euro. Ma ho visto anche pittori straordinari, tipo Silvestro Pistolesi di Firenze, ho una sua madonna, un capolavoro incredibile, lui è il più grande allievo di Annigoni».
E poi?
«È successo che davo fastidio alle gallerie d’arte perché dicevo che le mostre non contavano niente e che la gente ci andava solo per il rinfresco. Mi sono attirato addosso un odio sfociato nella trasmissione della Rai».
Lì per l’unica volta ti ho visto perdere le staffe.
«Perché mi hanno messo davanti quel mafioso schifoso ignorante di Bonito Oliva. Da quel momento lavorare è diventato molto più difficile, tutti sti pittori che io avevo presentato si sono coalizzati dicendo che li avevo truffati, così a marzo 2012 mi sono stufato di mandare i dvd ai pittori e ho detto: li carico su internet. E tra questi c’era Osvaldo Paniccia».
Indimenticato.
«Improvvisamente ho visto che un giorno tutti parlavano di questo Paniccia, vado a rivedere anche io il video e rido da solo. Il passo successivo è stato il video fatto con Sasha Grey, un soggetto conosciutissimo fra i giovani. Lì per la prima volta ho detto in un video la parola “catafratta”, per puro caso. Lo staff di lei mi metteva pressione e mi è venuto di dirle: you are catafratta».
Ma cosa significa?
«Lo avevo già usato in riferimento al Gattamelata di Donatello, quando il cavallo e il cavaliere sono uniti è la catafratta».
Un’altra parola che usi spesso è “sibaritico”.
«Arriva dalla città di Sibari, un luogo molto lussoso…».
Il terzo step fondamentale è stato l’incontro con Giuseppe Simone. Lui è abominevole.
«Mi ha chiamato per sbaglio, una tipa per levarselo di torno gli aveva dato il mio numero spacciandolo per il proprio. I video insieme a lui hanno superato i due milioni di visualizzazioni».
Dopo di lui Sara Tommasi.
«Sì, gli altri top sono il rapper Bello Figo Gu e Rosario Muniz, quello che sostiene di avere una figa al posto del buco di culo, un mostro autentico, anche a me dà fastidio perché è atroce, è la dimostrazione dello schifo totale».
Approfittarti di Sara Tommasi non ti ha fatto un po’ ribrezzo?
«Per nulla».
Sul tuo sito il nome Andrea Diprè è ripetuto 23 volte, anche nei contesti più assurdi tipo “liberté egalité Andrea Dipré” oppure “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro Dipré”. E infine: Andrea Diprè è anche avvocato. Ma è vero?
«Mi hanno estromesso, quei bastardi. Io critico d’arte lo sono per meriti acquisiti perché ho introdotto concetti come opera d’arte mobile e ho fatto vedere artisti che comunque nessuno conosceva. Ma sono laureato in giurisprudenza, ho fatto un anno di pratica a Napoli e ho superato l’esame. Solo che al mio giuramento, a Trento, non si è presentato nessuno perché facevo quella trasmissione con la donna nuda. Dopo Mi manda Rai Tre mi hanno cancellato dall’albo, non radiato, significa che io potrei reiscrivermi in qualsiasi momento a un’altra corte di appello. Però, siccome per legge posso ancora firmarmi avvocato, finché vivo continuerò a farlo».
Sul sito c’è scritto che hai anche un museo a New York.
«È la mia collezione privata. In un video dico che si trova vicino Times Square in realtà è a casa di mio cugino…».
Chi è il tuo artista preferito?
«Warhol, l’unico che adoro, il primo a capire che tutto può diventare arte. Un parassita geniale».
E tu in effetti offrivi a questi miserabili, come li hai definiti a MI manda Rai tre, l’opportunità di avere il proprio quarto d’ora di celebrità.
«Scrivilo questo: dei MISERABILI… tutti i pittori che ho fatto vedere nel passato erano dei miserabili che non avrei neanche avvicinato a un km di distanza… Erano solo i soldi che mi interessavano. Avevo la nausea a vedere questi esseri disgustosi. Quando andavo lì per vendicarmi del tempo che mi rubavano iniziavo a dire “ma te sei un genio, ma sei stupendo, ma come 300 euro, vali molto di più».
Da dove arriva questa propensione alla falsità?
«Ho interiorizzato la finzione ecclesiale. Quando andavo dagli artisti mi avrebbero dato non venti mila euro ma la casa. Io gli facevo capire che meritavano tutto, facevo leva sul loro ego gigantesco. Addirittura mi ricordo a Modena uno che faceva il panettiere mi firmò assegni postdatati per 300mila euro che non pagherà mai. Il figlio urlò: “Ma papà i tuoi quadri fanno schifo!”. Lo mandò via incazzandosi».
Molti pittori ti accusano di aver coperto i loro quadri con le scritte Andrea Diprè in sovraimpressione.
«Falso, solo una cosa è vera: che il cameraman non faceva mai lo zoom sui quadri perché volevo essere ripreso io. E faceva bene! Perché quei pittori erano dei cani».
Ora ti fai pagare per ogni video dai vari Giuseppe Simone e Rosario Muniz?
«No assolutamente. Il mio business è quello delle serate, chiedo 1.500 euro ogni sera. A me non me ne frega nulla dei soldi perché non ne ho bisogno, potrei vivere benissimo senza un centesimo perché conosco tantissima gente».
Ma i tuoi genitori cosa dicono?
«Ho una famiglia normale, un fratello e una sorella. Sai cosa mi è piaciuto molto? Che per quanto loro non c’entrino niente con me e nonostante vivano in Trentino dove sono quasi tutti bigotti non gliene importa granché, con loro ho un rapporto bellissimo quindi voglio tenerli molto al di fuori della cosa. E poi alla fine io ho molta stima verso quello che faccio, anzi se potessi mi clonerei in miliardi di esemplari: tutti vestiti uguali a me, un’utopia meravigliosa».
Un astrologo ti ha descritto come un uomo con un interesse morboso per il sesso e per le cose perverse.
«Sì, c’entra col fatto di aver vissuto in un ambiente di facciata che ho accettato e che ha un certo punto ho rifiutato. Io con le donne non ho dialogo, si va subito a quello, capito? Al sesso. La maggior parte sono escort che mi cercano per visibilità».
Pagamento in natura.
«Il Diprè per Lei era nato per questo, un modo per scopare grandi fighe. La donna vuole apparire, capito? Scrivi qualsiasi cosa mi raccomando perché vorrei che fosse visto sto articolo, evita solo di dire quale squadra tifo».
Sempre lo stesso astrologo ti ha predetto che dopo le ascese avrai folgoranti cadute.
«Ma dove cado? Non ho mica un ruolo politico… Al massimo rischio delle condanne pesantissime, perché si sono uniti contro di me sti pittori, sti bastardi, sti miserabili, hanno fatto una class action».
Ma quante possiblità ci sono che tu finisca…
«Molte».
Come si vive con questo assillo?
«Per certi versi mi stimola ancora di più a superare i limiti, farei anche un video con un cadavere per dirti. Dove posso trovare un cadavere?».
Dormi la notte?
«Se non dormissi sarebbe la fine. Non potrei vivere altrimenti… Ma io ho una forza allucinante, pensa a quanta forza ho avuto. È vero che io seguivo la Chiesa solo per un discorso di ambizione ma non era facile ribellarsi come ho fatto io. Ecco, Renzi mi ricorda un po’ quando ho cercato di affermarmi politicamente».
Lo voteresti?
«No, io non voto nessuno. Però mi aspettavo che mi nominasse ministro della cultura».
Da ministro la prima cosa che faresti?
«Metterei la mia foto in tutte le le classi, poi bandirei tutti i libri di testo, ne farei concepire uno io velocemente con i miei artisti dentro. Mamma mia, avrei idee fortissime, non farmici neanche pensare».
Dario Franceschini, l’attuale ministro della cultura, ha detto che il suo è un ministero economico. Ha ragione o no?
«Ma che cazzo sta dicendo? Con l’arte non fai niente, le grandi potenze nascono sulla corruzione, con la guerra. La cultura non esiste, deve essere esclusivamente un fatto privato. Io sono per l’ignoranza totale, agli intellettuali rido in faccia, che cazzo me ne frega, ma vaffanculo. Adesso odio vedere film, leggere libri, anche se riconosco la poesia in alcune cose, questo sì».
Tu non faresti mai un figlio in vita tua?
«No, mi fan pena. Se potessi ne farei un milione, mi servirebbe un esercito… Io una volta guardavo solo la cultura umanistica, la bellezza della natura, adesso sto cercando scienziati e basta. Uno scienziato può cambiare il mondo, vedrai cosa verrà fuori».
C’è qualcuno a cui vorresti dire grazie?
«Gene Gnocchi, che mi ha fatto fare cinque puntate di Artù e prima ancora la Grande Notte. Qui ho conosciuto Riccardo Schicchi, io ho imparato molto da lui: mi diceva “devi sempre sorridere”. E poi Costanzo, che mi invitava al Costanzo Show».
Tu vorresti essere immortale.
«No, il giorno che muoio avranno tutti finito di rompermi le scatole».
È questo che desideri?
«Sì perché è stata dura liberarmi di qualsiasi vincolo e diventare il Diprè che sono adesso. Nelle serate riempio le discoteche di ragazzini che urlano “catafratta”, “sibaritico”, amano la trasgressione e cantano “me frego dello Stato”, ma non sanno le scelte che ho fatto, il coraggio che c’è voluto a fregarsene davvero dello Stato o della Chiesa e quello che potrei pagare io. È stata dura. Ma ci sono arrivato: a dire che non me ne frega un cazzo. E credimi, ora non me ne frega davvero un cazzo».
Come volevasi dimostrare, quando usciamo in strada due zarri diciottenni lo fermano, lo abbracciano, si scattano i selfie con lui. Poi chiamano i loro amici e gridano: «Oh, ci siamo fatti la foto con Andrea Diprè!». Diprè li saluta con pacche sulle spalle poi si gira verso di me e con le guance completamente rosse mi fa: «Eh eh, hai visto?».