Matteo Falcinelli stava per tornare in Italia, ma gli è stato revocato il visto. Così abbiamo contattato sua mamma, Vlasta Studenicova, che ci ha fornito un quadro veramente completo della situazione, almeno dal suo punto di vista: l'incidente, il rapporto problematico col padre, la fragilità. Poi la videochiamata e l'evolversi della sera infernale: il locale che aveva già recensioni terrificanti sui drink "annacquati", la barista incaz*ata, la droga nel bicchiere. Poi l'arresto della polizia, le botte, le accuse ritirate, le testate al muro e il programma di recupero "fasullo". Prendetevi il tempo che serve per leggerla, ne vale la pena.
Vlasta Studenicova, ci spiega le cose peggiori che sono state fatte a Matteo, secondo lei?
La cosa peggiore è stata la tortura fisica e psicologica. Matteo era ignaro del motivo per cui è stato arrestato, e veniva da una situazione difficile. Aveva avuto un grave incidente stradale il 9 novembre 2023 a Malieni, in cui era passeggero. Ha subito lesioni e lo schermo del cellulare è esploso. È rimasto tagliato fuori dal mondo, senza poter chiamare nessuno. È stato traumatico. Poi l'ho fatto rientrare negli Stati Uniti, dove ha avuto problemi con la compagnia assicurativa.
Può dirmi di più sull'incidente?
Lo hanno tamponato da dietro, la macchina era completamente distrutta e ha rotto anche il telefono. Matteo ha avuto problemi fisici e psicologici. L'ho fatto rientrare in Italia per fare degli accertamenti. Durante il periodo di Thanksgiving è andato a Parigi con degli amici, ma ha avuto altri problemi. Era traumatizzato dall'incidente, ma questo non ha nulla a che fare con il fatto per cui è stato arrestato.
Magari a livello psicologico ha inciso.
Matteo era molto riservato, non usciva spesso. Si stava riprendendo dall'incidente. Quel giorno iniziava lo Spring Break negli Stati Uniti, una grande festa. La sera Matteo era in palestra e abbiamo fatto una videochiamata. Poi non l'ho più sentito. Gli amici lavoravano e il campus è molto isolato. Matteo non ha molti soldi, e abbiamo tante vicende giudiziarie contro il padre che non ci aiuta da sette anni. Anche dopo tutto quello che è successo, il padre non si è fatto sentire.
Nemmeno dopo che il caso ha assunto una rilevanza nazionale?
Marco, il fratello di Matteo, ha contattato il padre chiedendogli di mettersi in contatto con me, ma lui ha risposto che non ci pensava minimamente a contattarmi, se non tramite avvocato. È una situazione terribile. Quando poi è apparsa la notizia del suo arresto si è quasi arrabbiato: non mi avete detto niente. Peccato che Marco ha cercato di contattarlo dal 6 marzo. È andato persino a casa sua dove vive con la compagna e il camper, ma non li ha trovati. Marco gli ha scritto più volte, dicendo di essere davanti a casa sua e che Matteo, a causa dell'incidente, aveva bisogno di pagare le visite. Ma non ha ricevuto risposte. Anche Marco è molto stressato da questa situazione, essendo diabetico ha avuto problemi.
Poi la sanità in America si paga cara.
La situazione si prolunga e poi, da quel momento, il padre ha provato una volta a chiamare Matteo mentre era in clinica. Ho risposto io, dicendo che Matteo non c'era, e lui ha detto "ok, allora me lo saluti". Poi sono riuscita a contattarlo su Skype e gli ho spiegato: "Guarda che qui ci sono costose visite mediche da affrontare, bollette ospedaliere di oltre 100.000 euro, spese legali, e c'è la pensione. Sono dovuta restare qui perché devo stare giorno e notte con lui. Hai capito o no?" E lui non ha detto nulla.
Tra i politici, chi vi ha contattato?
Dopo che è uscito tutto sui giornali ci ha contattati Andrea Di Giuseppe. Era qui a Miami, lo abbiamo incontrato grazie a degli amici. Lui e sua moglie sono stati molto disponibili. Poi doveva partire per Roma il 25 aprile, ma si è detto disponibile per qualsiasi cosa. Successivamente ci ha chiamato anche il ministro Tajani. Poi il portavoce del ministro Tajani e infine Cristian Di Sanzio ci ha chiamato il giorno prima che il caso di Matteo fosse discusso al Senato. Mi ha chiamato mezz'ora dopo la discussione e mi ha mandato il link. Sono in costante contatto con il Console. Tra i non politici c'è Erika Pontini ci ha aiutato, così come l'avvocato Maresca che si è preso cura del caso.
Parliamo di quella maledetta sera.
Prima di uscire Matteo era in palestra, e abbiamo fatto anche una videochiamata. Io gli ho fatto una battuta dicendo: "Visto che è l'inizio dello Spring Break, fate qualcosa con i ragazzi." E lui ha risposto: "No mamma, perché mi sono iscritto a un corso per ottenere l'abilitazione. Sto facendo un master in Hospitality and Real Estate Development and Management e ho bisogno di una licenza specifica per lo stato della Florida come realtor. Ci vuole un esame, quindi ne approfitterò per studiare. Inoltre, devo recuperare alcune lezioni perse a causa dell'incidente e voglio avvantaggiarmi".
Poi ha cambiato idea.
Quella sera ho detto a Matteo: "Con tutti i sacrifici che stai facendo per eccellere negli studi, non abbiamo mai potuto offrirti uno Spring Break come fanno gli americani, tipo a Cancun." Matteo ha sorriso e mi ha detto: "Non ti preoccupare, sai che non sono quel tipo di festaiolo. Non mi piace fare baldoria fino al mattino, ubriacarmi. Non mi pesa minimamente." Verso le 10:05, Matteo prova a chiamare degli amici, ma quella sera lavoravano, quindi alla fine è uscito da solo per prendere un drink. Era a Miami da poco, essendo arrivato a fine agosto. Quindi ha cercato il bar aperto più vicino, perché il campus è in una zona isolata e non voleva spendere troppi soldi in Uber, che è l'unico mezzo di trasporto possibile.
Quindi è arrivato nello strip club.
Quando entra, non si accorge subito che era anche uno strip bar, anche perché il palco sta sul retro e non lo si vede. Lui va al bancone per prendere un drink e solo dopo, guardandosi intorno, si accorge che è anche uno strip club. Lui comunque non presta attenzione a queste cose, poi viene avvicinato da alcune ragazze, cosa normale. Però, appena una si avvicina, viene cacciata dalla barista che le dice di lasciarlo in pace. Poi si avvicina un'altra ragazza, italiana tra l'altro, e dice: "Assolutamente non mi siedo vicino a questa barista perché è una gran stron*a, tratta male tutti", e se ne va.
Poi?
A un certo punto si avvicina un'altra ragazza, più fastidiosa, insisteva che le pagasse qualche servizio. Lui le dice: "Guarda che hai sbagliato persona perché io sono venuto per un'altra questione, non mi interessa nulla di quello che dici." Ma lei continua e dice: "Guarda che non è che devi fare solamente un balletto o qualsiasi altra cosa, abbiamo stanze private. Puoi venire con me nella stanza privata e possiamo fare altre cose." Matteo risponde: "Guarda, non hai capito, io i soldi non ce li ho e poi non mi interessa proprio." La situazione diventa tesa, lei continua a insistere e gli dice: "Guarda che in mezz'ora o un'ora, anche per 500 dollari, puoi avere anche del buon ses*o." Matteo, sempre più irritato, dice: "Allora non hai capito, io proprio non ne ho bisogno di questa cosa, non l'ho mai fatta e non mi interessa," e la caccia via.
Non una bella atmosfera, e Matteo cos'ha fatto dopo?
Matteo si è spostato su delle poltroncine ed è rimasto lì da solo. Ad un certo punto nota una ragazza vestita normalmente, che sembrava un'ospite. Dopo un po', questa ragazza passa vicino alla poltroncina dove sta lui, si incrociano gli sguardi e si salutano. Lui le dice: "Non so come ti chiami, aspetta un attimo" e le chiede di sedersi. Poi lui dice: "Vado a prendere un drink." In precedenza aveva preso un rum e Coca-Cola che era orribile, imbevibile. Così decidono di prendere una vodka e Red Bull. Matteo va al bar per ordinare i due drink e poi va al bagno, lasciando la ragazza ad aspettare. Una volta in bagno si accorge di non avere più i due cellulari nelle tasche e va nel panico, ricordando anche l'incidente nel quale ne aveva già perso uno. Torna alle poltroncine in preda al panico e dice alla ragazza: "Non trovo i miei cellulari. Puoi farmi uno squillo per vedere se suonano?" Lei lo fa, ma i cellulari non squillano. Allora Matteo ripercorre lo stesso percorso per vedere se gli sono caduti per terra, va in bagno ma non trova nulla. Parla con l'addetto alla pulizia del bagno e gli dice: "Devono essere caduti qui perché non li trovo da nessuna parte," ma i cellulari non si trovano.
Inizia a esserci qualcosa di strano, no?
I drink ordinati vengono dimenticati al bar. Matteo vede una ragazza che entra e si avvicina, dicendogli: "Ascolta, i tuoi cellulari sono stati ritrovati all'entrata, sono lì". Matteo risponde: "Ma come sono finiti lì i miei cellulari se da quando sono entrato non sono più tornato all'entrata?" Si insospettisce e si innervosisce, pensando che qualcuno potrebbe averli presi per collegarsi e copiare i dati bancari o cos'altro. Nonostante sia nervoso, Matteo va all'entrata e recupera i cellulari, cercando di calmarsi. Poi si ricorda dei drink ordinati e torna al bar per prenderli. La ragazza con cui sta bevendo continua a chiedergli se sta bene: "Is everything ok? Are you ok? How do you feel?". Matteo risponde sempre di sì, anche se lei insiste dicendo che i suoi occhi sembrano strani. L'impressione è quella che la ragazza stesse sondando lo stato psicofisico di Matteo. Stava aspettando qualche effetto. Alla fine del drink, Matteo, stanco e agitato per l'accaduto con i telefoni, decide di andare a casa. Si salutano e da quel momento lui ha un black-out totale. Non ricorda nulla fino a quando qualcuno gli sbatte la testa sull'asfalto, facendogli perdere sangue. Si riprende brevemente, ma non ha idea di cosa sia successo al bar.
È plausibile l'ipotesi che gli abbiano messo qualcosa nel bicchiere?
È questo che stiamo cercando di capire. Noi non sapevamo nulla di preciso, anche perché le bodycam ci sono arrivate solo dopo, poco prima di parlare con le autorità. Non ci sono immagini del bar, quindi possiamo solo ipotizzare cosa sia successo. Sebbene ci fossero telecamere, non abbiamo richiesto i filmati subito e abbiamo messo tutto nelle mani dell'avvocato difensore. I giorni in prigione sono stati tragici per Matteo, che è stato ricoverato per gravi ferite in ospedale e poi trasferito in ospedale psichiatrico dopo tentativi di suicidio. Io sono arrivata a Miami per stargli vicino, cercando di risparmiare e di restare qui il più a lungo possibile per aiutarlo una volta uscito dall'ospedale.
È stato uno shock per lui?
Dopo che è uscito dalla prigione immediatamente è svenuto, collassato, ha vomitato ed è stato portato in ospedale. Poi da lì, dopo due giorni viene trasferito in un ospedale psichiatrico. Quando esce da lì, io sono già in viaggio per Miami e lui chiede al campus un appuntamento urgente con uno psicologo perché era letteralmente devastato, non si sentiva le mani. Va dallo psicologo che è al terzo piano di un edificio ma la sfortuna ha voluto che ci fosse un guasto tecnico all'ascensore, e Matteo rimane bloccato dentro, in preda a un enorme attacco di panico, riesce a malapena a premere il pulsante del campanello ma non riesce a parlare con nessuno perché non respira.
Torniamo al bar: come avete ricostruito tutta la vicenda?
Noi inizialmente leggiamo dal rapporto della polizia che Matteo avrebbe creato una disturbance al bar. Non sappiamo quale disturbance, ma c'è scritto che lui è stato buttato fuori. I baristi non sono mai stati interrogati. Il bar stesso lo ha accusato di violazione di proprietà (trespassing) e lo hanno consegnato direttamente ai poliziotti che erano già lì fuori.
Cosa c'è scritto nel police report?
Nel police report c'è scritto che Matteo è stato buttato fuori perché creava disturbo nel bar. Non abbiamo nessuna prova di ciò che è successo dentro. Poi, settimane dopo, otteniamo le bodycam e possiamo fare un confronto. Nel report, i poliziotti dicono che Matteo chiedeva insistentemente 500 dollari indietro che avrebbe speso nel bar. Gli hanno risposto che non poteva riavere i soldi e che doveva andare a casa, ma Matteo insisteva.
Cos'è successo dopo?
Matteo non ha mai tentato di rientrare nel bar, chiedeva soltanto i suoi telefoni. Eppure è stato accusato di trespassing. Poi, secondo la sicurezza, ha iniziato ad aggredire i poliziotti, spingendoli e chiedendo i 500 dollari. Ma Matteo quei 500 dollari non li aveva. Abbiamo fatto un'indagine in banca e non ci sono tracce di un addebito di 500 dollari. Abbiamo ottenuto tutti i documenti ufficiali timbrati dalla banca e non c'è nessuna prova di quei soldi. Matteo non aveva assolutamente 500 dollari. Al massimo aveva 100 dollari in contanti, che doveva ancora ritirare. Rimane quindi un mistero l'origine di questi 500 dollari. Matteo non ricorda nulla, a partire dal momento in cui si è alzato per andare a pagare al bar. Il pagamento al bar esiste, ma è di 100 dollari, non di 500. Non sappiamo se gli siano stati addebitati più soldi di quelli che ha effettivamente consumato. La nostra ipotesi, non comprovata, è che gli abbiano addebitato più del dovuto. Quando Matteo è entrato al bar, gli è stato chiesto di aprire un conto, come si usa lì, quindi ha lasciato la sua carta di credito e la carta d'identità alla barista. Quando Matteo è stato buttato fuori, però, aveva già sangue sulla camicia, quindi è stato evidentemente maltrattato. Non sappiamo esattamente come, ma è chiaro che non è stato semplicemente accompagnato fuori. L'unica cosa che sappiamo è che durante questo episodio ha perso i due telefoni che aveva in mano, che sono rimasti nel bar.
E le telecamere del bar?
Non le potremo mai vedere perché il bar, probabilmente consapevole di avere attività poco legali all'interno, ha immediatamente ritirato l'accusa di trespassing. Con questa mossa i nostri avvocati non possono più accedere alle videocamere di sorveglianza né far entrare investigatori, perché l'accusa di trespassing non esiste più. Tuttavia, abbiamo scoperto alcune cose.
Ti sei decisa a investigare in proprio?
Esatto, ho cominciato a guardare le recensioni del bar su Google e sono terribili. Mi sono salvata circa 60 recensioni in cui la gente parla di droghe nei bicchieri, cocaina che gira, gestione da parte della mafia, persone malmenate, con telefoni e portafogli rubati, e tentativi di addebiti superiori a quanto effettivamente speso. Insomma, una situazione disastrosa.
E tutte queste recensioni sono ancora su Google?
Sì, sono circa 60. Le stesse stripper che lavorano lì dicono che è un inferno e consigliano di non entrare. Ad esempio, c'è una recensione del 2022 in cui si parla di offerte di prostituzione: 500 dollari per mezz'ora, 700 dollari per un'ora.
Davvero? Quindi quello del club è un modus operandi?
Esatto, abbiamo cercato di rintracciare l'autore di quella recensione, ma senza successo perché ovviamente tutto è coperto. Non si riesce a contattare nessuno tramite Google.
Capisco, poi si usano anche pseudonimi, soprattutto per recensire locali come questo.
Esattamente. Sarebbe stato interessante parlare con quella persona, soprattutto perché ha denunciato attività illegali, ma il bar continua a operare tranquillamente, nonostante tutte queste segnalazioni. Presumiamo che il bar abbia una certa copertura.
Solitamente quando succede qualcosa del genere, in ospedale fanno gli esami tossicologici. Non li hanno fatti?
No, perché la polizia non ha permesso di fare nulla. Sul police report hanno subito messo una crocetta su "dr*ga no". Invece pare che questa della dr*ha sia proprio una consuetudine, in certi locali di Miami. Lo abbiamo scoperto per puro caso parlando con un tassista di origine californiana mentre eravamo in un Uber.
Cioè?
Noi eravamo dietro, quando lui ha iniziato a dire: "Io sono qui solo perché hanno operato mia mamma, la sto assistendo, ma a Miami non ci vivrei mai. È incredibile, non hanno rispetto per nessuno, non ti danno precedenza. Vai in un bar e ti mettono il GHB, ti drogano". Noi siamo rimasti scioccati e abbiamo chiesto: "Come è possibile che mettano il GHB nei bar?". Lui ha risposto che è all'ordine del giorno. Il GHB è una dr*ga, conosciuta come la dr*ga del s*sso, che ha un'azione breve. Quando viene somministrata, causa un blackout totale per un breve periodo, da 2 a 4 ore massimo. Dopodiché, non è più rintracciabile perché è già presente nel nostro sistema nervoso in piccole quantità.
Non avete idea di chi possa essere stato, eventualmente, a mettere la droga nel cocktail?
Matteo ricorda che, mentre era lì, una ragazza si è avvicinata a lui chiedendogli se fosse italiano. Lui ha risposto di sì. La nostra ipotesi è che sia stato individuato come una potenziale vittima da derubare: giovane, solo, senza testimoni. Forse, quando è andato a pagare, è successo qualcosa e Matteo ha reagito. Da quel momento, Matteo ha un blackout e non ricorda nulla, neanche come è stato buttato fuori dal locale o come si è macchiata di sangue la sua camicia. Sospettiamo che ci sia stato un tentativo di estorcergli più soldi e che Matteo abbia reagito minacciando di denunciare. Questo potrebbe aver scatenato una reazione violenta contro di lui. Alla fine, è stato picchiato, ha perso i telefoni e buttato fuori dal locale. All'esterno, c'erano già due poliziotti che gli impedivano di rientrare. Da quel momento in poi, sappiamo solo ciò che è accaduto con i poliziotti. Matteo parlava in modo strano, non da ubriaco, ma comunque strano.
Non vi sembrava ubriaco?
Io stessa sono andata in quel bar con un giornalista, per capire cosa fosse accaduto. Abbiamo ordinato dei drink e abbiamo scoperto che erano tutti falsi, annacquati. Red Bull e vodka, ma con pochissima vodka. Anche il rum e Coca era in realtà un bicchiere pieno di ghiaccio, assolutamente imbevibile. Matteo aveva detto che il Cuba Libre era imbevibile, e posso confermarlo, così come il giornalista. Assolutamente, non era ubriaco. Non poteva esserlo, considerando quanto ha speso, al massimo 100 dollari, offrendo anche un drink a una ragazza. Lui stesso ha preso, mi pare, tre o quattro drink, uno dei quali non lo ha nemmeno bevuto. Insomma, nell'arco di 5 ore e 20 minuti non era assolutamente possibile che fosse ubriaco.
Quando era già in cella si vedono le sue testate contro la porta. Lui ricorda qualcosa di quel momento? Cioè, perché si comportava così?
E qui c'è un altro fatto importante che accade nel piazzale. Praticamente, lui non riesce a capire cosa stia succedendo, e noi stiamo cercando di fare il collegamento. Si riprende quando gli sbattono la testa sull'asfalto e non riesce a respirare perché gli mettono il ginocchio sul collo. Risponde solo dicendo "Non sto resistendo". Loro gli dicono di non resistere e lui continua a ripetere "I'm not doing anything, I'm not resisting, I'm not resisting". Quindi, nonostante fosse steso come una candela, gli viene contestata la resistenza senza violenza. Gli danno questa accusa perché dovevano dargli qualcosa, sostenendo che avrebbe teso un braccio. Poi si vede che quando il poliziotto, con il ginocchio sul collo, si alza, arrivano altre sette pattuglie. Matteo è già ammanettato e in posizione di sottomissione. Non riesce a respirare e ricorda di essersi urinato addosso, dato che dopo l'incidente aveva perso il controllo del sistema urinario e stava sotto controllo medico.
Invoca i suoi diritti, no?
Sì,Matteo dice: "Ma voi dovete essere poliziotti, dovete aiutare i cittadini."
In teoria.
Dice: "Ho il mio diritto, primo emendamento, secondo emendamento. Ho il diritto alla mia proprietà e ho bisogno di quei telefoni." Insomma, a quel punto poi contrattacca: "Se non mi aiutate, faccio un rapporto anche su di voi." La solita cosa di Matteo: "Denuncio perché non mi state aiutando." E lì i poliziotti si fermano.
Poi?
Chiede il telefono a un poliziotto e gli domanda: "Come ti chiami?" Lui risponde, però Matteo non capisce bene, quindi guarda il nome ricamato sulla divisa e chiede: "Questo è il tuo nome?"
Il poliziotto cosa fa?
Gli dice di non toccare. Se tocchi, vai in prigione. Matteo si allontana, poi chiede a un altro poliziotto: "E tu come ti chiami?" Lui risponde: "Ruiz." Evidentemente Matteo capisce bene e chiede: "Per quale dipartimento lavorate? Farò un rapporto perché non mi volete aiutare a recuperare i telefoni." Matteo gesticola con le mani e indica il badge. In quel momento tocca leggermente il badge, ma non è chiaro se sia un contatto volontario o perché il poliziotto fa un passo in avanti.
Non si può toccare un poliziotto americano.
Questa è la grave violenza di cui è stato accusato, violenza sui pubblici ufficiali. A quel punto viene scaraventato contro la macchina della polizia. Si vede chiaramente che non ha mai spinto nessuno. Lo scaraventano contro la macchina, lo buttano a terra e lo mettono in posizione sottomessa con le mani dietro e un ginocchio sul collo. Matteo bestemmiava perfino, per il dolore.
Cosa succede dopo?
Quando il poliziotto con il ginocchio sul collo si rialza, arriva un buttafuori con i due telefoni in mano. Il poliziotto non fa nessuna domanda, non chiede di chi sono i telefoni, né a Matteo che giace a terra: "Erano questi i telefoni che cercavi?" Sarebbe finita lì. Ma i poliziotti si rendono conto di averlo già massacrato e arrestato, e che lui aveva ragione, i telefoni erano lì.
Quindi cosa fanno?
Evitano di scrivere che si trattava dei telefoni e scrivono che si trattava di 500 dollari. Noi abbiamo scoperto la verità solo dalle bodycam, perché Matteo non ricordava nulla. Scopriamo che Matteo chiedeva i telefoni, non 500 dollari, e che non ha mai spinto nessuno, anzi sono loro che lo spingono più volte. Poi lo trascinano per il braccio. Quando il poliziotto gli dice di non toccare, Matteo risponde: "Mi avete toccato, quindi andate voi in prigione?"
E che succede?
Quando lo rialzano, lo appoggiano sulla macchina della polizia. Lo stesso poliziotto si abbassa, prende i telefoni di Matteo senza chiedere nulla, apre lo sportello della macchina e li appoggia sul sedile del guidatore. Poi chiude lo sportello e Matteo, appoggiato sullo sportello posteriore, viene perquisito: gli svuotano le tasche tirando fuori tutto ciò che aveva, cioè chiavi, documenti e portafoglio. A quel punto i telefoni fanno il terzo giro. Lo stesso poliziotto apre lo sportello, appoggia i telefoni sul cofano anteriore, pronti per essere mescolati agli effetti personali di Matteo, che erano stati tirati fuori dalle sue tasche. È strano: lo stesso poliziotto prende tutto quello che hanno recuperato, mette il telefono sotto, poi sopra il portafoglio, poi un altro telefono in mezzo e altre cose ancora. Infine, mette tutto dentro una bustina come cose rinvenute dall'arrestato e le ripone nella macchina della polizia. Molto strano. Nel report dell'inventario fatto alla stazione di polizia è scritto chiaramente "proprietà dell'arrestato, due telefoni". Su una bodycam si vede che i poliziotti osservano anche la marca dei telefoni. Non hanno mai chiesto a Matteo se quei telefoni fossero suoi. Non ne avevano bisogno, lo sapevano già.
Poi c'è il colloquio tra i poliziotti.
Esatto, mettono Matteo nella macchina, insanguinato, chiudono la porta e succede qualcosa di strano. Si vede una discussione tra le nove pattuglie presenti, come se fosse una rapina in banca. Matteo è dentro la macchina e loro si riuniscono in cerchio davanti al veicolo. Uno di loro fa cenno di spegnere l'audio. Tutti spengono l'audio tranne uno, che lo fa più tardi. Da quest'ultimo si sente una frase, e prima non si distinguono le voci. Le analisi successive risaliranno a una discussione del tipo "adesso cosa facciamo, di cosa lo accusiamo". Quel poliziotto, che io chiamo "il tatuato" perché aveva un braccio tatuato, spegne l'audio più tardi e si sente dire "he kept touching everybody, no?". È strano perché con quel 'no?' finale sembra proprio che stia cercando di costruire un'accusa. Poi spegne l'audio anche lui. A quel punto la macchina della polizia parte con Matteo.
E qui arriviamo alle immagini della caserma.
Arrivano alle 3:50 e Matteo piange per il dolore delle manette troppo strette che gli entrano nella carne. Non riesce a resistere al dolore perché non può muovere le mani e non respira bene. Le manette sono talmente strette che qualsiasi movimento gli procura un dolore atroce. Quando gli dicono di scendere davanti alla stazione di polizia, Matteo scoppia a piangere. Non riesce a muoversi e rimane immobile con la testa bassa. I poliziotti iniziano a minacciarlo psicologicamente: "Se non scendi, ti aggiungiamo un altro capo d'accusa". Alla fine, Matteo riesce a scendere a fatica, piangendo per il dolore. Lo portano dentro e si vedono quei due colpetti di testa che dà contro la schiena, parlando al muro. Gli ordinano di togliere le scarpe e gli svuotano le tasche. Matteo prova un dolore atroce ai polsi perché le manette gli bloccano la circolazione del sangue. Cerca di alleviare il dolore colpendo la testa per distrarsi, come quando ci conficchiamo le unghie nella pelle per sentire meno dolore.
Una tortura?
Un poliziotto entra e gli ordina di sedersi. Matteo non si siede perché, piegando le braccia dietro la schiena, prova ancora più dolore. Il poliziotto minaccia di legarlo se non si siede. Matteo si gira con le manette e dice: "Ma io sono già legato" e piange di nuovo. Poco dopo, alle 4:28, entrano quattro poliziotti. Matteo chiede i suoi diritti, ma loro non sono entrati per proteggerlo dall'autolesionismo, come poi dichiareranno. Sono entrati quando Matteo chiedeva di poter parlare con qualcuno e loro lo aggrediscono. Matteo, senza opporre resistenza, chiede: "Io chiedevo solo se avevo dei diritti". Lo buttano a terra e gli stringono ancora di più le manette. Matteo urla di dolore: quello è un urlo di tortura, non di semplice dolore. Continuano a legargli strettamente le caviglie, provocando un altro urlo di tortura. Matteo urla come durante le torture dei fascisti e nazisti. Le caviglie legate strette, le manette che gli bloccano la circolazione rendono le sue mani blu e viola, con le manette che penetrano nella carne. Matteo urla ancora di più e loro stringono ancora di più, incaprettandolo in posizione fetale, impedendogli di respirare. Matteo perde la voce e dice solo "please, please, please". Ricorda che è entrato quando chiedeva i suoi diritti, che l'hanno buttato a terra e che è svenuto. Ricorda di aver perso le urine e di essere svenuto di nuovo. Dopo circa due minuti, rientrano, lo mettono sul fianco, ma Matteo ricade con la pancia sotto e rimane lì per 13 minuti, in una posizione in cui non può respirare. È una situazione atroce. Oltre al danno la beffa, oltrettutto, perché quando escono gli dicono: "resta lì, non andare da nessuna parte. Ti vogliamo bene".
Terribile, davvero
Più tardi, lo mettono seduto e inizia un'altra tortura psicologica. Matteo piange, dicendo: "Io non ho fatto niente, non so perché sono qui". Pensa di poter pagare la cauzione e difendersi in tribunale, ma loro gli rispondono: "Vuoi fare corruzione, ti aggiungiamo un altro capo d'accusa". Matteo, con le poche forze rimaste, dice: "Io non ho mai detto che volevo corrompere qualcuno", riferendosi alla cauzione. Gli dicono che andrà in prigione, ma lui non capisce per cosa, dato che non ha fatto nulla. Un poliziotto, mentre fa l'inventario delle sue cose, ride e sventola la sua carta d'identità italiana dicendo: "You are not even a US citizen. Here you have no rights to anything. Shut the fuck up."
Quali sono state le conseguenze legali per Matteo?
Inizialmente, i capi d’accusa non erano stati formalizzati. Solo alla terza udienza, l’8 aprile, sono stati formalizzati. La pubblica accusa ha chiesto la condanna di Matteo, ma la giudice ha invitato la pubblica accusa a parlare meglio con i poliziotti. Il giorno dopo, il 9 aprile, in udienza, i poliziotti non erano rintracciabili e la giudice ha offerto a Matteo il programma PTI (Pre-Trial Intervention), che ha accettato.
Come funziona il programma PTI?
Il programma PTI prevede che cadano tutti i capi d’accusa contro di lui, senza dichiarazione di colpa. Matteo non deve seguire nessun corso, solo farsi sentire una volta al mese per sei mesi con il suo case manager.
Qual è stata la reazione quando avete scoperto il programma?
Siamo rimasti sorpresi quando, il 12 aprile, ci è arrivata una mail con le condizioni del PTI. Matteo doveva registrarsi entro 48 ore, ma i numeri di contatto non erano funzionanti durante il weekend. Abbiamo compilato i campi richiesti e immediatamente è arrivata la conferma con le condizioni del programma. Le condizioni erano talmente blande che sembrava quasi un pro forma.
Quali sono le implicazioni legali di questo programma?
Che noi tramite avvocati non possiamo più richiedere le registrazioni delle bodycam, ma come cittadini privati sì. Alla fine, il case manager ha confermato che Matteo non deve fare nulla, solo mantenere il contatto mensile.
Come viene percepita questa situazione dai media?
Molti giornali scrivono che Matteo sta scontando una pena, ma in realtà non c’è nessuna condanna. Il programma PTI è un intervento pre-processuale che devia il caso fuori dal binario criminale. Ci sono discordanze nel bilancio educativo. Nel suo caso, nulla di nulla.
Anche questo è strano. Comunque, cosa è successo quando siete tornati a casa?
Quando siamo tornati a casa, sono arrivate le bodycam subito dopo l'approvazione del programma PTI. Matteo, scioccato, ha detto: "Io chiedevo i telefoni, non 500 dollari come scritto. Non li ho mai spinti nel petto." Tutto falso ciò che è scritto nel report firmato sotto giuramento da due poliziotti. Dove sono questi 500 dollari che dicono di aver richiesto? Non c'è traccia. Allora abbiamo cercato altre bodycam per verificare.
E cosa avete scoperto?
Hanno scritto che non esistono altre bodycam. Abbiamo quindi richiesto le videocamere fisse della stazione di polizia, ma anche lì c'è discordanza. Una dice che c'è solo videoripresa, un'altra che c'è anche audio, ma solo nella holding room. Poi dicono che nella holding room non c'è audio perché deve esserci sempre un poliziotto presente, cosa che nel caso di Matteo non c'è stata. Ad oggi non abbiamo nulla.
E poi cosa è successo?
Quando ci hanno detto che sarebbero state pronte a metà della settimana successiva, nel frattempo la questione è esplosa sui giornali. L' Ansa ha chiesto al Dipartimento di Stato alla Casa Bianca di intervenire. Hanno risposto che comprendono le preoccupazioni dell'Italia e che si occuperanno del caso, ordinando un'investigazione.
E quando avete richiamato?
Quel giorno ci hanno detto che il caso è diventato troppo grande e che c'è stato l'ordine di raggruppare tutto ciò che riguarda Matteo Falcinelli in un unico file. Abbiamo solo la conferma che esistono le bodycam, ma il report dice una cosa diversa. Non abbiamo le registrazioni della polizia.