Il caso di Matteo Falcinelli ha fatto indignare l'Italia. Le immagini violente hanno creato in ognuno angoscia e apprensione, non trattandosi nemmeno del primo caso in cui le Forze dell'ordine compiono questo tipo di operazioni. Se la Polizia statunitense è famosa per i metodi brutali, anche in Italia abbiamo avuto diverse situazioni del genere. Ne abbiamo parlato con Fabio Anselmo, che nel corso della susa carriera di avvocato penalista ha seguito diverse cause di questo genere, di cui molte purtroppo sono diventate tristemente esemplari, come quelle di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Riccardo Rasman, Giuseppe Uva, Michele Ferulli, Dino Budroni, Aldo Bianzino, Riccardo Magherini, Davide Bifolco e tanti altri.
Matteo Falcinelli, al netto di accuse e controaccuse di questi giorni, cosa possiamo dire delle immagini che abbiamo visto? Le ricordano alcuni dei casi che ha seguito?
Assolutamente sì, mi ricordano i casi di Riccardo Magherini, Vincenzo Sapia, Riccardo Rasman, Federico Aldovrandi. Stefano Cucchi è morto a seguito delle mancate cure che gli sono state poi negate, una volta ricoverato al distretto di medicina protetta.
Sempre per stare in America da George Floyd a Falcinelli, passando anche per Chico Forti, la polizia e la giustizia americana sono in qualche modo prevenute, razziste nei confronti degli italiani?
Ecco, su questo sarei più cauto, e devo dire che in America questa brutalità la vedo più frequentemente compiuta in danno agli afroamericani. Quel tipo di brutalità però appartiene anche ad altre forze dell'ordine. Quel tipo di manovra cruenta e violenta è prevista anche nei codici di comportamento della nostra polizia, così come in quelli di tutte le polizie europee. Il tema vero è che una manovra del genere deve essere giustificata dall'eccezionale pericolosità del soggetto, nonché dall'eccezionale violenza che il soggetto può commettere, a rischio di sé stesso o degli operanti.
Non sembra il caso di Falcinelli.
In realtà dovrebbe essere un'extrema ratio, ma purtroppo è una manovra che diventa spesso una regola. Si tratta di una manovra prevista nei manuali operativi di Polizia, descritta con immagini, con foto e anche con disegni, il cui utilizzo però viene raccomandato come circoscritto ai casi più estremi. Soprattutto, la prima raccomandazione che viene fatta all'operatore di polizia che la mette in opera è che deve immediatamente sospenderla nel momento in cui il soggetto venga ammanettato. Questo perché? Perché è una manovra che mette fisiologicamente il soggetto in posizione prona, con una pressione sul torace, sulla schiena o sul collo, in condizioni di difficoltà respiratoria oggettiva. Questo ha l’effetto di uno sforzo fisico prolungato da parte di chi lo subisce. Stiamo parlando di una manovra, quella in posizione prona, con un peso che deve essere il ginocchio, messo sopra la schiena o alla base del collo, e che impedisce al diaframma di estendersi e di compensare lo sforzo con una maggiore quantità di ossigeno, di aria, di cui in quel momento quel corpo ha bisogno. Questo è il fatto, ma questo viene descritto molto bene nelle manovre di polizia dicendo: attenzione, questa manovra mette a rischio l'incolumità della persona che viene immobilizzata. Appena termina l’immobilizzazione il soggetto deve essere sospeso dal subire quella manovra.
Cosa che purtroppo non sempre accade.
Nella mia esperienza professionale, quando vedo Matteo Falcinelli penso a Riccardo Magherini, che è morto così. Riccardo Magherini, oltre all’asfissia, è stato anche preso a calci, mentre lui chiedeva aiuto e diceva a tutti, urlando con voce strozzata, “sto morendo, sto morendo, ho un figliolo”, fino a che non ha cessato di vivere. E la questione non è terminata nemmeno quando ha perso conoscenza. La stessa cosa è successa a Vincenzo Sapia, in Calabria, La stessa cosa è successa a Riccardo Rasman a Trieste, la stessa cosa è successa a Federico Aldrovandi a Ferrara. Sono tutte, purtroppo, situazioni che si ripetono e che hanno messo in stato d'accusa lo Stato italiano per due vicende giudiziarie che ho seguito, che sono quella di Vincenzo Sapia e di Riccardo Magherini, da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la quale chiesto conto all’Italia con 9 quesiti che sono praticamente dei capi d'accusa, delle richieste di spiegazioni allo Stato sul comportamento delle forze dell'ordine, sulle modalità con cui è stata fatta giustizia.
Ma i responsabili poi sono stati condannati in qualche caso? C'è sempre un po' di impunità.
Allora sono stati condannati. Nei casi di Federico Aldrovandi e Riccardo Rasman non sono stati condannati. Per quanto riguarda Riccardo Magherini sono stati condannati in primo grado dal tribunale di Firenze, in secondo grado è stata confermata la sentenza in appello, poi ribaltata clamorosamente in Cassazione, dove c’è stata una sentenza di assoluzione che ha fatto scalpore. Gli imputati sono stati assolti sulla considerazione del fatto che non erano tenuti ad accorgersi che Riccardo Magherini stesse morendo asfissiato in quel momento. E' una sentenza che chiaramente ha reso necessario il ricorso alla CEDU. Ma i nuovi quesiti di cui parlavo sono proprio relativi a Vincenzo Sapia, per cui è stato archiviato il procedimento dalla procura di Castrovillari, ma anche lì la Corte Europea ha chiesto spiegazioni, su nostra richiesta, e soprattutto ha portato il ricorso alla CEDU. Questo ha permesso di riaprire il caso. Quindi sono due vicende per le quali siamo in attesa della sentenza da parte della Corte dei Diritti dell'Uomo. Diciamo che lo Stato tendenzialmente non processa volentieri se stesso. Forse più in Italia che in America.
Da questo punto di vista siamo messi peggio?
Il tema purtroppo è questo, che i trattamenti disumani degradanti, costituiscono un reato di difficile individuazione. Esiste un problema anche di scarsa formazione da parte delle forze dell'ordine, perché quelle norme di comportamento sono ben scritte. Il problema è che la formazione spesso è carente, e quindi io non dico che vi sia una brutalità sempre e comunque voluta. Spesso è una brutalità all'inizio voluta, poi inconsapevolmente diventa letale in funzione proprio della mancanza di formazione degli operatori, che non si rendono conto che continuando in quella manovra, essa diventa letale. Questo è il tema vero, è una manovra descritta, non è una manovra illecita, ma è pur sempre una manovra estremamente pericolosa. Il fatto è estremamente pericoloso, non è solo una questione americana.
Potrebbe diventare un nuovo caso Ilaria Salis? Ci sono delle differenze?
Ci sono delle differenze, io adesso non conosco le modalità con cui l'Aria Salis è stata arrestata. La brutalità che lei subisce, i trattamenti degradanti, sono avvenuti, da quello che io vedo, per l'umiliazione che lei subisce attraverso la presentazione in udienza con le manette, con il collare, con le catene ai piedi, ai polsi, al collo: è una scenografia di violenza. Sì, è una forma di violenza anche quella.
Abbiamo accenato il nome di Chico Forti, e qualcuno ha scritto che il governo sapesse del caso Falcinelli ma che non abbia detto niente per non rovinare l'annuncio del rientro di Forti.
Io questo non lo so, ma a tale proposito vi posso citare un altro caso estremamente drammatico, quello di Luca Ventre, ucciso nell’ambasciata italiana in Urugay nel 2021. Le immagini documentano l'uccisione di una persona che improvvisamente, senza motivo alcuno, dai filmati che si apprezzano, subisce in maniera particolarmente violenta e prolungata questa manovra di contenimento fino a quando veramente non si muove più. So che ci hanno fatto un servizio di recente, a Chi l'ha visto?, molto bello, in cui si vede tutto il filmato. Diciamo che è un caso per il quale la Procura di Roma ha richiesto l’archiviazione, in quanto riteneva di non poter esercitare la giurisdizione all'estero. Noi abbiamo fatto opposizione, non condividendo quell'impostazione giuridica, ma il gip ha accolto il ricorso e ha dato disposizione di reperire nuove immagini e i tabulati telefonici. Questo anche a carico dell'ambasciata, perché l'ambasciata italiana non ha assolutamente collaborato rispetto alle richieste di giustizia da parte della famiglia. L'ambasciatore non ha collaborato per nulla.
Come mai?
Bisogna chiederglielo. C'era una telefonata chiaramente registrata tra un giornalista e l'ambasciatore, dove quest’ultimo alla fine sminuisce il valore della vita di Luca Ventre, dicendo che era un tossico, uno spacciatore. Era una telefonata terribile. Quell'operazione di vittimizzazione secondaria attribuì ai familiari della vittima quello che avevo visto fare in Cuchi, in Aldovrandi. Diciamo che Cucchi, come Aldovrandi, è diventato il simbolo di questo modo di procedere, di colpevolizzare la vittima o i familiari della vittima, come l'ha fatto adesso, è stato ucciso all'opera delle forze dell’ordine. La cosa surreale nel caso Ventre è che l'ambasciata non era in grado di identificare nemmeno uno dei due autori di questo omicidio che lavorava all'interno dell'ambasciata stessa.