“Un po' la Franzoni la capisco”. Una frase da black humor impressa su una tazza di ceramica bianca. Parole scritte in nero come la cronaca che ha visto nel lontano 2002 il manifestarsi di una tragedia che ha scioccato e sconvolto l’Italia. Il delitto di Cogne è stato un caso di infanticidio commesso il 30 gennaio di quell’anno in una villetta ai piedi delle montagne di Montroz, nella frazione di Cogne, in Valle d’Aosta. La vittima, un bambino di tre anni, è il piccolo Samuele Lorenzi e nel 2008 la Corte Suprema di Cassazione ha riconosciuto colpevole del delitto la madre, che risponde al nome di Anna Maria Franzoni. Arriviamo al 2023. Su Instagram appare una nuova foto del profilo @piattinidavanguardia, ovvero una ragazza di Bari, Annagina Totaro che insieme al suo compagno, decora ceramiche nel suo laboratorio tra i vicoli della città pugliese. La foto in questione promuove appunto la tazza descritta sopra con una didascalia in riferimento alla prossima Festa della Mamma con tanto di dedica sintetizzata “Mamma tvukdb” che, in aiuto ai boomer, sta a significare “mamma ti voglio un casino di bene”. Costo 25 euro, spedibile in tutta Italia, isole comprese.
L’indignazione non è tardata ad arrivare. Profili che riportano il l’accaduto, giornalisti che condividono la notizia e centinaia di pensieri riempiono lo spazio sottostante la fotografia “della vergogna”. Come “Ma come si fa a fare dell’ironia su una tragedia? Dovreste vergognarvi, è morto un bambino. È stato massacrato con un mestolo. Vi seguivo con piacere, ma così non si scherza. Che schifo di battuta. Andreste defollowerizzati.”
Un susseguirsi di sdegno, ingiurie e perfino l’augurio d’infertilità. Da donne a una donna.
Annagina risponde a tutti così, cercando di spiegare il “significato” della tazza dello scandalo: “Qui nessuno sta scherzando su una tragedia, tanto meno sta facendo ironia. Si tratta di una riflessione, punto. Avere una crisi d’ira nei confronti di un figlio è lecito così come tante mamme si sono trovate nella situazione di aver pensato 'Io lo uccido'. Noi 'un po’' la Franzoni la capiamo, ma non giustifichiamo quel che ha fatto. Qui nessuno vuole incitare nessuno a uccidere esseri umani. Amen”.
Allora contattiamo mamme di varie età ed esperienze e chiediamo loro un parere, per capire come si sentano davanti a questa fotografia, per farci dire come percepiscano il messaggio di Piattini d’Avanguardia.
E loro rispondono.
“Sapessi quante volte l’ho pensato”.
“Prova tu a non dormire per notti intere, avere il pianto costante nelle orecchie e non sapere cosa fare”.
“Cattiva come frase, non si dice. Però…”
“Chi si indigna evidentemente non ha figli e non sa cosa sia la depressione post-parto”.
“Mi sono sentita sola tante volte, non c’era nessuno ad aiutarmi. Il mio compagno non mi capiva e non sapevo come farmi aiutare”.
“Cattivo gusto. Certe cose non si dicono in pubblico”.
“Tutti si preoccupano del bambino, ma alla mamma, chi ci pensa?”.
“Brutto da dire, ma certe volte ti portano allo sfinimento. Non si fanno cose così, se accade, vuol dire che non hanno capito un disagio”.
Potremmo aggiungerne tante altre, ma il senso di quello che emerge è ben più grave e preoccupante di una frase discutibile dipinta a mano su una ceramica.
Cosa c’è dietro quelle parole vergognose allora? C’è che se vengono dette tra amiche, tra le mura domestiche come sfogo e liberazione di notti insonni è lecito ed è permesso, ma farlo in pubblico, sbattendolo in faccia alla gente, sul candido di una tazza, sporca l’anima dei perbenisti che mai direbbero e mai farebbero a detta loro.
Dietro le risposte che sono arrivate c’è un messaggio potente, che non va sottovalutato, ma di cui serve più informazione e condivisione.
Nessuna delle donne che ha risposto ha mai pensato di far del male ai loro figli. Noi stessi esistiamo ancora, nonostante le minacce di nostra madre in età infantile.
La maternità è una benedizione, un lavoro e un impegno, ma nessuno fornisce un manuale d’istruzioni.
E neanche su come indignarsi.