“Tutti devono poter fare le vacanze”: la frase conclusiva del messaggio di auguri di Ferragosto del Ministro del Turismo Daniela Santanchè pubblicato dalla politica di Fratelli d’Italia su Instagram ha impegnato apertamente l’esecutivo a quegli ancora non specificati piani di “offerte turistiche” che la senatrice milanese ha detto essere allo studio del governo. Ma l’elogio dell’accessibilità sembra andare in controtendenza con una realtà che, soprattutto nei luoghi marittimi, va in direzione opposta alla sostenibilità economica – e sociale – delle offerte. L’annoso tema della rendita di fatto costituita dalle concessioni balneari a canone agevolato e dagli alti margini, in tal senso, è un esempio di quanto l’auspicio della Santanchè debba scontrarsi con una realtà fatta di privilegi corporativistici con cui il governo di centrodestra non può e non vuole scontrarsi, perché importante bacino politico-elettorale. Di cui un esempio sembra essere dato dal club maggiormente associato alla “Santa”, il Twiga di Forte dei Marmi.
Fabrizio Roncone ha di recente realizzato un interessante “reportage” di una giornata al Twiga, club a lungo gestito da Flavio Briatore insieme proprio a Daniela Santanchè, che in vista della nomina al Turismo nel governo Meloni ha poi ceduto le quote al compagno Dmitri Kuntz. Il viaggio di Roncone nello stabilimento dei Vip per antonomasia presenta una curiosa sequela di tipi umani propri del posto, tra sfilate di borse Hermes e Gucci e “arricchiti” di varia indole e specie che vivono, totalmente fuori luogo l’esperienza del Twiga. Ma porta anche dei dati interessanti che mostrano dove si annida il vero ostacolo per il proposito espresso da Santanchè su Instagram: Roncone afferma di aver pagato 600 euro per una tenda al Twiga per una giornata. Calcolando dunque che, con un abbonamento di trenta giorni di 18mila euro, le entrate del Twiga sono più che sufficienti a pagare la concessione annua dovuta allo Stato, pari a 17.619 euro. Il Twiga, dalle entrate da servizio di accesso alla spiaggia, ristorante e servizi di consumo vari, dai bilanci ufficiali nel 2022 ha fatturato 8,285 milioni di euro e conseguito 636mila euro di utile.
A colpi di linguine a 38 euro al piatto e tonno a 42 euro, la ristorazione gonfia i valori già notevoli della stagione turistica. E il Twiga da solo fattura circa un settimo delle entrate totali dello Stato legate alle concessioni balneari italiane, che sono pari a 55 milioni di euro l’anno per l’intero patrimonio nazionale di spiagge dato in gestione ai privati. Una cifra che tra imposte sul reddito, altre spese e oneri tributari locali arriva a 115 milioni su un fatturato totale del settore di 31 miliardi di euro, in larga parte associati agli aumenti di prezzo che la fine dell’era-Covid e la “fame” di partenze degli italiani e dei turisti stranieri hanno permesso di trasformare in guadagni. Difficile parlare di libero mercato in un contesto in cui le asimmetrie tra valore del giro d’affari dei locali e spese vive dovute per garantirsi la gestione di rendite di fatto legate in primo luogo al posizionamento geografico degli stabilimenti. Nel Paese in cui, per citare quanto ci ha detto Alberto Forchielli, “i balneari sono una lobby più potente dei banchieri” le vacanze sono sempre meno accessibili e l’accesso alle spiagge è demandato a un settore chiuso a una vera concorrenza e fondato su rendite di posizione difese da nicchie elettorali. Da cui nasce, per protezione politica, il mito del “petrolio dell’Italia” associato a un settore turistico che, come ricordato dalla rivista economica Gli Asini è molto rigido a un vero sviluppo: “la persistente refrattarietà agli investimenti di natura tecnologica e organizzativa e la scarsa incidenza degli investimenti per addetto, fanno del turismo uno dei settori a più bassa produttività e a più basso valore aggiunto nel panorama produttivo italiano”. E il Twiga appare l’esempio classico di un mercato in cui l’estrazione di valore prevale sulla sua creazione nel mercato e in cui le difficoltà d’accesso e la trasformazione in monopoli di fatto di ogni singola concessione riducono gli spazi per una sana dinamica di mercato. Con buona pace dell’accessibilità delle vacanze di cui il Ministro Santanché, “madrina” e storica azionista del Twiga negli anni scorsi, vuole farsi paladina.