Oggi andiamo da Edi Rama, a Tirana. Con quel nome così anni settanta come non essere incuriositi da un premier che prende gaffes sui social, dichiara il suo amore per Giorgia Meloni e al tempo stesso sa bene che è dal turismo italiano che può trovare la via per mettere davvero l’Albania in Europa. Del resto, non scherziamo, mica sarà mai possibile che ogni santo giorno si parli solo di Albania nei nostri giornali, spalando merda, più o meno palesemente, sul turismo di casa nostra, no? Qui ci deve essere stato un bel patto economico, e il fatto che proprio per il Ferragosto Giorgia Meloni abbia deciso di accettare l’invito di Rama e arrivare a Valona non può essere un caso. Ecco, faccio le stesse vacanze del premier, forse ho sbagliato qualcosa. Comunque, oggi andiamo nella capitale.
Giorno due, Tirana. Da qui a Tirana ci vuole quasi un’ora, e anche prendendo una specie di autostrada, gratuita, scopriamo che il traffico è onnipresente. Lungo la strada vediamo il solito florilegio di gommisti, onnipresenti, e un grande edificio con una statua epica sul tetto, edificio che non siamo riusciti a decodificare. Arrivati in città, finalmente, la troviamo con le parvenze di una città. Incasinata, certo, con sbocchi di povertà a fianco a lacerti di ricchezza, ma pur sempre una città. Troviamo parcheggio proprio vicino alla nostra prima tappa, piazza Skanderbeg. Il parcheggio è centralissimo, ma dentro sembra ci abbiamo tirato una bomba, e usciamo da una scala scalcinata su un cantiere che affaccia su un vicolo dove dei tipi vendono cinte e borse contraffatte, a due metri dalla piazza più centrale della capitale. La piazza è assai bella. Da dove arriviamo noi troviamo alla nostra sinistra l’imminente Museo di storia nazionale, con sulla facciata un dipinto tipo "Il quarto stato" che mostra, immagino, celebrità della storia locale. Una donna eroica, tipo Stamira di Ancona, campeggia proprio al centro. Di fronte, dalla parte opposta della gigantesca piazza, la statua a cavallo del titolare della piazza, eroe nazionale e massimo rappresentato dello spirito albanese, dicono su Wikipedia.
Al suo fianco la moschea, che potremo però visitare solo dopo le 14.30, essendo venerdì prima ci sono le preghiere, e la torre dell’orologio, che saliamo dopo aver pagato duecento Leki a testa. La torre è bella, e da sopra, coi suoi trentacinque metri per novanta scalini, si ha una bella visuale della piazza. Solo che i novanta scalini sono pieni di merda di piccione, come lo scorrimano, il che non è piacevolissimo. Scesi, nonostante i trentacinque gradi dichiarati dalla questura, almeno il doppio per i manifestanti, decidiamo di farci un giro, e devo dire che Tirana è proprio molto bella. Non mostra, come magari Bucarest, i fasti del passato comunista, che anzi sono occultati ovunque, ma quelli della contemporaneità, o forse, visto che ancora l’Albania è un paese povero, del futuro, ben rappresentato da tutta una serie di bellissimi grattacieli. Uno è di fianco alla cattedrale della Resurrezione, degli ortodossi, molto bella, con un bel contrasto tra grattacielo e campanile. A neanche dieci minuti da lì si trova anche la cattedrale cattolica, dedicata a San Paolo e come quasi tutte le chiese dedicate a San Paolo che ho visitato circolare. All’ingesso campeggia una statua di Madre Teresa di Calcutta, che io ricordavo albanese mentre in realtà è della vicinissima Macedonia del nord. Dentro ci avvicina il prete, tale don Corrado, che ci racconta di stare in città da trent’anni dopo altri trenta passati in Germania, lui che è belga. Nel 1992, caduto il comunismo a Roma si sono accorti che i preti albanesi erano stati tutti uccisi dalla dittatura, e ha fatto una sorta di chiamata alle armi, cui lui ha risposto con gioia. Ci dice che in Albania i cattolici sono il 10%, gli ortodossi, quasi tutti a sud, sono il 20% e i musulmami il 70%. Ma, ha sottolineato,qui vivono tutti in comunione, vedi cosa vuol dire scampare a una dittatura. Dice anche che ci è andata bene, perché la temperatura è ideale, sottolineando come dieci giorni fa facessero oltre quarantacinque gradi. Lui ha un giubbetto. Fuori è l’inferno, ma lui non lo sa.
Proseguiamo nel nostro giro, dopo aver un po’ faticato a organizzare i giri da fare. Optiamo prima per le rovine del castello, trasformate in una sorta di zona ristorazione alla Camden. A pochi passi c’è però il mercato cittadino, Pazari I Ri, e noi vogliamo assolutamente andare a mangiare lì. Cosa che facciamo, dopo aver gettato uno sguardo sudato alle bancarelle che vendono tabacco e manufatti locali, tipo vasetti, cappelli e tappeti. Mangiamo un involtino di pollo alla brace, che qui chiamano kebap qualcosa, con al nostro fianco due nostri connazionali che hanno appena fatto un trapianto di capelli. Lo capiamo perché hanno stranissimi lentiggini, chiamiamole così, sulla cute della testa, è uno dei due, completamente calvo, indossa una fascia in testa con scritto Trapianto di capelli. Il tempo di pagare e andiamo alla moschea, davvero bellissima. Ne stanno per finire anche una molto più grande, bianca, ma ancora è impraticabile ci dice un tipo che fa la guida. Bella Tirana, ma è tempo di andare a farsi un bagno, direzione Gjeneralit, a un’ora e mezza da qui, spiaggia stupenda, immersa in un bosco è raggiungibile scendendo per una strada sterrata non semplicissima, visto che ogni due per tre incontriamo auto che rientrano a casa, costringendoci a farci a lato. La spiaggia è davvero paradisiaca. Ci accoglie un tipo bislacco, che vuole una sigaretta, e che di fronte al nostro “non fumiamo” reagisce rimanendo li piantato mentre ci mettiamo i costumi da bagno. Siamo in una calletta isolata, davvero incredibile, sopra di noi dei bungalow del vicino piccolo villaggio, diviso da noi da un pontile che, ovviamente, tramette musica discutibile, a dieci mentre da noi un ex bunker abbandonato. Facciamo il bagno, nonostante l’acqua sia assai bassa, finché non tramonta il sole, a farci compagnia giusto una famigliola musulmana, lui obeso, lei a fare il bagno vestita e col velo, i due bambini che mi auguro diventino atei. Tramontato il sole riprendiamo la strada di casa, altro ristorante, dopo aver lasciato la macchina al solito parcheggio, sul cui bordo, scopriamo, scorrazzano pantegane di dimensioni umane, dopocena andiamo sul lungomare, oggi è venerdì la musica è ancora più tamarra di ieri. Per la cronaca, solo ora scopriamo che dove siamo noi non è Durazzo, ma Golem, vecchio comune ora assorbito da Kavajes, ecco perché Google maps non mi trovava l’indirizzo a Durazzo. Airbnb funziona del resto come Immobiliare.ti, che gli dici vorrei casa di tot metri, in questa zona e ho tot budget, e lui ti propone altre metrature a altri budget in altre zone. Cercavamo casa a Durazzo, siamo in una gran bella zona, che però è a Kavajes, Golem per la precisione. Golem, questo nome mi dice qualcosa.